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Dietro il paravento 115

senza finestra, senza cesso, senz’altro sfogo che una porta, talvolta angusta, che, d’inverno, deve star chiusa, che, di notte, non può stare aperta; e appena la primavera viene, chi lo abita, si trasporta nella via, sul marciapiede, vivendo sulla soglia, fuori della soglia, occupando il terreno pubblico, coi suoi figli, col suo fornello da stirare e da cucinare, con la sua macchina da cucire, quando non la occupa col suo banchetto da ciabattino, col suo banchetto di venditrice di castagne e di spighe allesse. Nel basso dormivano — dormono! — tre, quattro, sino a sette persone e nelle notti estive, due, tre di essi, soffocando di caldo, trascinano uno strapuntino fuori della porta, mettono una sedia, o addirittura si gittano sul lastrico, dormendo all’aria aperta. Non essendovi cessi, ognuna di queste, persone, grandi e piccole, va a scegliere un angolo remoto, vicino o lontano, di cui forma il proprio water closet e, talvolta, le madri accompagnano i piccini e le piccine, apposta, perchè non siano disturbate: cosi, molte strade di Napoli sono trasformate, appunto in water closet di padre in figlio, immancabilmente, senza che questa barbarie indecente, oscena, possa essere sradicata. Io citerò — e mi si perdoni l’in-