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Dietro il paravento 109

lucido, dalla fragaglia fritta alla spiritosa di pastinache. E m’incoraggia ad andare verso il fondaco Tentella, l'ostessa, con la bonomia napoletana, m'incoraggia, poiché vede che io esito, innanzi a tutte quelle sporcizie, lungo quelle mura trasudanti umidità, con quegli odori nauseanti: mi incoraggia, mentre io esito, fissando gli occhi in quella oscurità — e siamo nel paese dell’azzurro, del sole! — mentre sul suo viso giallastro, sulle sue labbra violette, nei suoi denti neri, io leggo tutte le traccie di quella vita sprofondata nel lezzo e nei contatti costantemente malsani, tre o quattro persone, in una stanza, e che stanza, e le ore del giorno, in una cucina affumicata, a preparare le vivande male olenti, da vendere! Da quanti anni non viene, qui, un sindaco, un assessore? Da quanti anni non si lavano, queste vie? Da quanti mesi non si spazzano? Tutto il letame delle bestie e delle persone e delle case, tutto è qui e nessuno ce lo toglie, qui, sull’orlo della civiltà novella, dietro ai palazzi sontuosi! Se andate laggiù, cercate del vicolo Barre: esso dovrebbe corrispondere a una colmata che non si è fatta, a una traversa che non si è mai aperta. È un vicolo strettissimo, lunghissimo, con case altissime, disseminate