Pagina:Il probabile falsificatore della Quaestio de aqua et terra.djvu/8: differenze tra le versioni

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lo {{Ac|Apostolo Zeno|Zeno}} accenna alla ''Quaestio'' come ad opera non conosciuta e che «bisognerebbe rinvenire»<ref>''Lettere'', Venezia, 1785, III, 411.</ref>. Poco appresso il {{AutoreCitato|Girolamo Tiraboschi|Tiraboschi}}, con la sua critica guardinga, la menziona, dubitando che sia «un’impostura»<ref>''Storia'', ediz. Antonelli, V, 650.</ref>, e questo dubbio ripete l’{{AutoreCitato|Ferdinando Arrivabene|Arrivabene}} e rincalza il {{AutoreCitato|Ugo Foscolo|Foscolo}}, affermando che la ''Quaestio'' «va tenuta con molti per impostura indegna d’esame»<ref>Cfr. {{Sc|Arrivabene}}, ''{{TestoCitato|Il secolo di Dante|Il secolo di D.}}'', Firenze, 1830, II, 308, ov’è la nota del Foscolo. Il {{Sc|Giuliani}}, ''Op. lat.'', II, 423 non si perita a dare al Foscolo dell’avventato e poco manca dell’insensato.</ref>. A tali dubbî accenna il {{AutoreCitato|Carlo Troya|Troya}} e aggiunge dal canto suo schiettamente che per l’autenticità di quell’operetta non vuole stare «punto mallevadore»<ref>''Veltro allegorico'', Firenze, 1826, p. 175.</ref>. Il {{AutoreCitato|Cesare Balbo|Balbo}} non si pronuncia, perchè non ha veduto il libro e teme non «sia superstite»<ref>''{{TestoCitato|Vita di Dante}}'', Firenze, 1853, p. 409.</ref>. Altri propone l’ipotesi destituita di fondamento che autore della ''Quaestio'' non sia il poeta della ''Commedia'', ma un suo pronipote, assai reputato per dottrina, che abitò in Mantova, Dante III Alighieri<ref>{{AutoreCitato|Gregorio Ottoni|{{Sc|Gregorio Ottoni}}}}, in certa sua appendice parecchio sconclusionata su ''Dante in Mantova'', che si legge nella ''Gazzetta di Mantova'', anno II, 1864, n. 70 e 72, scrive: «Fuvvi alcuno che leggendo di un Dante Alighieri, morto a Mantova nel 1510, pensò che a costui si dovesse attribuire la ''Quistione''». Ignoriamo chi abbia avuto questa bizzarra idea; ma certo ei non vide l’opuscolo, a meno che non ritenesse Dante III un falsificatore, il quale volesse far passare l’opera propria come scritta dal suo grande antenato. Dante III fu, del resto, uomo dotto, poeta latino e volgare, sicchè {{AutoreCitato|Scipione Maffei|{{Sc|Scip. Maffei}}}} ne diede notizia nella ''{{TestoCitato|Verona illustrata}}''. Tenne cariche in Verona e Peschiera, e poi si ritirò in Mantova, ove il {{Sc|Valeriano}}, nel ''De infelicitate literatorum'', lo dice morto nel 1510. Lo combatte {{Sc|L. Passerini}} (''Della famiglia di D.'', in ''Dante e il suo secolo'', Firenze, 1865, pp. 74-75), il quale cita un documento d’onde risulta ancora vivo nel febbr. del 1514, mentre era trapassato senza dubbio nel novembre del 1515. Il {{Sc|Reumont}} (''Dante’s Familie'', in ''Jahrbuch der deutsch. Dante-Gesellshaft'', II, 345) fraintendendo una nota del Passerini, che del resto compendia, lo fa vivere sino al 1517.</ref>.
lo {{Ac|Apostolo Zeno|Zeno}} accenna alla ''Quaestio'' come ad opera non conosciuta e che «bisognerebbe rinvenire»<ref>''Lettere'', Venezia, 1785, III, 411.</ref>. Poco appresso il {{AutoreCitato|Girolamo Tiraboschi|Tiraboschi}}, con la sua critica guardinga, la menziona, dubitando che sia «un’impostura»<ref>''Storia'', ediz. Antonelli, V, 650.</ref>, e questo dubbio ripete l’{{AutoreCitato|Ferdinando Arrivabene|Arrivabene}} e rincalza il {{AutoreCitato|Ugo Foscolo|Foscolo}}, affermando che la ''Quaestio'' «va tenuta con molti per impostura indegna d’esame»<ref>Cfr. {{Sc|Arrivabene}}, ''{{TestoCitato|Il secolo di Dante|Il secolo di D.}}'', Firenze, 1830, II, 308, ov’è la nota del Foscolo. Il {{Sc|Giuliani}}, ''Op. lat.'', II, 423 non si perita a dare al Foscolo dell’avventato e poco manca dell’insensato.</ref>. A tali dubbî accenna il {{AutoreCitato|Carlo Troya|Troya}} e aggiunge dal canto suo schiettamente che per l’autenticità di quell’operetta non vuole stare «punto mallevadore»<ref>''Veltro allegorico'', Firenze, 1826, p. 175.</ref>. Il {{AutoreCitato|Cesare Balbo|Balbo}} non si pronuncia, perchè non ha veduto il libro e teme non «sia superstite»<ref>''{{TestoCitato|Vita di Dante}}'', Firenze, 1853, p. 409.</ref>. Altri propone l’ipotesi destituita di fondamento che autore della ''Quaestio'' non sia il poeta della ''Commedia'', ma un suo pronipote, assai reputato per dottrina, che abitò in Mantova, Dante III Alighieri<ref>{{AutoreCitato|Gregorio Ottoni|{{Sc|Gregorio Ottoni}}}}, in certa sua appendice parecchio sconclusionata su ''Dante in Mantova'', che si legge nella ''Gazzetta di Mantova'', anno II, 1864, n. 70 e 72, scrive: «Fuvvi alcuno che leggendo di un Dante Alighieri, morto a Mantova nel 1510, pensò che a costui si dovesse attribuire la ''Quistione''». Ignoriamo chi abbia avuto questa bizzarra idea; ma certo ei non vide l’opuscolo, a meno che non ritenesse Dante III un falsificatore, il quale volesse far passare l’opera propria come scritta dal suo grande antenato. Dante III fu, del resto, uomo dotto, poeta latino e volgare, sicchè {{AutoreCitato|Scipione Maffei|{{Sc|Scip. Maffei}}}} ne diede notizia nella ''{{TestoCitato|Verona illustrata}}''. Tenne cariche in Verona e Peschiera, e poi si ritirò in Mantova, ove il {{Sc|Valeriano}}, nel ''De infelicitate literatorum'', lo dice morto nel 1510. Lo combatte {{Sc|L. Passerini}} (''Della famiglia di D.'', in ''Dante e il suo secolo'', Firenze, 1865, pp. 74-75), il quale cita un documento d’onde risulta ancora vivo nel febbr. del 1514, mentre era trapassato senza dubbio nel novembre del 1515. Il {{Sc|Reumont}} (''Dante’s Familie'', in ''Jahrbuch der deutsch. Dante-Gesellshaft'', II, 345) fraintendendo una nota del Passerini, che del resto compendia, lo fa vivere sino al 1517.</ref>.


Di contro a questi scettici o dubitosi si levano, pieni d’ingiustificata baldanza, i credenti. Nel 1842 Alessandro Torri ristampa l’opuscolo sull’esemplare Trivulziano, corredandolo d’una cattiva versione di Francesco Longhena. Egli ne reputa indiscutibile la autenticità; cita in appoggio le autorità poco autorevoli del
Di contro a questi scettici o dubitosi si levano, pieni d’ingiustificata baldanza, i credenti. Nel 1842 Alessandro Torri ristampa l’opuscolo sull’esemplare Trivulziano, corredandolo d’una cattiva versione di Francesco Longhena. Egli ne reputa indiscutibile la autenticità; cita in appoggio le autorità così poco autorevoli del