Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu/280: differenze tra le versioni

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tardi quando scendemmo per coricarci, scorrendo il piroscafo senza scosse e senza scricchiolio, si sentivano tutti i più leggieri rumori da un camerino all’altro, come in quei pericolosi alberghi a tramezzi di legno di certe piccole città del Reno, nei quali le Guide raccomandano di “essere discreti„. Quando entrai nel mio camerino, sentii la voce soffocata della signora che parlava rapidamente, con un tuono aspro e monotono, come se facesse una lunga recriminazione, riandando il passato, ricordando fatti e persone; e la voce del marito rispondeva basso, a intervalli, con rassegnazione’. — Non è vero, non è vero, non è vero. — Ma incalzando sempre più e inasprendosi l’accusa, le denegazioni di lui pure s’andavano inasprendo e precipitando. L’infelice, impotente a lottare, e neppur più curante oramai di serbare nelle dispute la dignità d’uomo, era ridotto, alla misera difesa della femminetta che ripete per un’ora la stessa parola, per paura che il silenzio assoluto non le tiri addosso di peggio. Ma tutt’a un tratto si riscosse, e mise fuori un’onda di parole incomprensibili, furibonde, oltraggianti, disperate, troncate da un gemito di cane arrabbiato, che mi fece fremere... S’era addentato le mani. Essa rise. Stetti un momento in ascolto,
tardi quando scendemmo per coricarci, scorrendo il piroscafo senza scosse e senza scricchiolio, si sentivano tutti i più leggieri rumori da un camerino all’altro, come in quei pericolosi alberghi a tramezzi di legno di certe piccole città del Reno, nei quali le Guide raccomandano di “essere discreti„. Quando entrai nel mio camerino, sentii la voce soffocata della signora che parlava rapidamente, con un tuono aspro e monotono, come se facesse una lunga recriminazione, riandando il passato, ricordando fatti e persone; e la voce del marito rispondeva basso, a intervalli, con rassegnazione: — Non è vero, non è vero, non è vero. — Ma incalzando sempre più e inasprendosi l’accusa, le denegazioni di lui pure s’andavano inasprendo e precipitando. L’infelice, impotente a lottare, e neppur più curante oramai di serbare nelle dispute la dignità d’uomo, era ridotto, alla misera difesa della femminetta che ripete per un’ora la stessa parola, per paura che il silenzio assoluto non le tiri addosso di peggio. Ma tutt’a un tratto si riscosse, e mise fuori un’onda di parole incomprensibili, furibonde, oltraggianti, disperate, troncate da un gemito di cane arrabbiato, che mi fece fremere.... S’era addentato le mani. Essa rise. Stetti un momento in ascolto,