Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/138: differenze tra le versioni

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cercando la limosina, ed io fanciullo ne sentivo una pietá grande e davo sempre quello che potevo. A la finestra dunque non si poteva stare per l’orribile puzzo e le voci che salivano da basso, e pel riflesso del sole che feriva di contro: né si poteva camminare pel carcere fra tanta gente diversa: però ce ne stavamo nella stanza a scrivere, leggere, o udire qualche carcerato che veniva a chiedere consiglio e ci raccontava i casi suoi. Povera gente! spesso era una pietá grande a udire quelle sventure e quei delitti.
cercando la limosina, ed io fanciullo ne sentivo una pietá grande e davo sempre quello che potevo. A la finestra dunque non si poteva stare per l’orribile puzzo e le voci che salivano da basso, e pel riflesso del sole che feriva di contro: né si poteva camminare pel carcere fra tanta gente diversa: però ce ne stavamo nella stanza a scrivere, leggere, o udire qualche carcerato che veniva a chiedere consiglio e ci raccontava i casi suoi. Povera gente! spesso era una pietá grande a udire quelle sventure e quei delitti.


La bottiglia portava le lettere e mia moglie mi scriveva puntualmente ogni giorno. «Sono stata dal ministro, e l’ho trovato come un istrice. Mi ha detto: ‘L’affare non dipende da me, ma dal re.’ ’Ed io andero dal re.’ ’Andateci pure’». Altre volte mi scriveva: «Ho chiesta l’udienza del re. L’usciere maggiore don Giovanni Lombardi ed altre persone di corte, tutti fedelissimi servitori, mi fanno cortesia e mi dicono di parlare forte al re. Tutti abborriscono Delcarretto, e vorrebbero vederlo distrutto». «Finalmente ho avuto l’udienza dal re. Sono entrati prima i preti, poi le signore. Quand’io gli ho fatto riverenza, egli mi ha risposto con un sorriso e un cenno di capo; ma come gli ho detto il tuo nome, s’è accigliato, ha posto il pugno su la tavola che aveva a fianco, e ha detto: ’Ah, questo e l’affare della {{Spaziato|giovine Italia}}: bene, bene, si provvederá’» E quando dopo molti mesi fu provveduto, ed io era ancora in carcere, la povera mia moglie andò un’altra volta dal re, e mi scriveva: «Afflitta come sono, e ammalata, ed irritata da tanti mali che mi pungono gli ho parlato proprio col sangue agli occhi: gli ho detto che dopo un giudizio e dopo tanto tempo tenerti ancora in carcere è un tormentare una madre e due creature. ’Ma ora quest’affare dipende dal ministro’. ’E il ministro mi ha detto che dipende da Vostra Maestá. Io m’aspetto che V. M. scriva su questa supplica la liberazione di mio marito’. ’Ci perdete il tempo ad aspettare’. ’Io non mi muovo di qui se V. M. non mi fa la grazia’. ’E bene sedetevi’. Allora ho capito, ho preso per mano Raffaele che voleva salire sopra un seggiolone,
La bottiglia portava le lettere e mia moglie mi scriveva puntualmente ogni giorno. «Sono stata dal ministro, e l’ho trovato come un istrice. Mi ha detto: ‘L’affare non dipende da me, ma dal re.’ ’Ed io anderò dal re.’ ’Andateci pure’». Altre volte mi scriveva: «Ho chiesta l’udienza del re. L’usciere maggiore don Giovanni Lombardi ed altre persone di corte, tutti fedelissimi servitori, mi fanno cortesia e mi dicono di parlare forte al re. Tutti abborriscono Delcarretto, e vorrebbero vederlo distrutto». «Finalmente ho avuto l’udienza dal re. Sono entrati prima i preti, poi le signore. Quand’io gli ho fatto riverenza, egli mi ha risposto con un sorriso e un cenno di capo; ma come gli ho detto il tuo nome, s’è accigliato, ha posto il pugno su la tavola che aveva a fianco, e ha detto: ’Ah, questo è l’affare della {{Spaziato|giovine Italia}}: bene, bene, si provvederá’» E quando dopo molti mesi fu provveduto, ed io era ancora in carcere, la povera mia moglie andò un’altra volta dal re, e mi scriveva: «Afflitta come sono, e ammalata, ed irritata da tanti mali che mi pungono gli ho parlato proprio col sangue agli occhi: gli ho detto che dopo un giudizio e dopo tanto tempo tenerti ancora in carcere è un tormentare una madre e due creature. ’Ma ora quest’affare dipende dal ministro’. ’E il ministro mi ha detto che dipende da Vostra Maestá. Io m’aspetto che V. M. scriva su questa supplica la liberazione di mio marito’. ’Ci perdete il tempo ad aspettare’. ’Io non mi muovo di qui se V. M. non mi fa la grazia’. ’E bene sedetevi’. Allora ho capito, ho preso per mano Raffaele che voleva salire sopra un seggiolone,