Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/126: differenze tra le versioni
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Intanto dai nostri criminali noi altri si parlava facilmente pei finestrini che erano sopra le porte, e si parlava nella nostra lingua e nessuno c’intendeva, e il corridoio era stretto e breve. Onde sia che videro che il nostro isolamento era senza scopo, sia che ebbero bisogno di quei criminali per altri carcerati, dopo una quarantina di giorni ci unirono tutti nelle |
Intanto dai nostri criminali noi altri si parlava facilmente pei finestrini che erano sopra le porte, e si parlava nella nostra lingua e nessuno c’intendeva, e il corridoio era stretto e breve. Onde sia che videro che il nostro isolamento era senza scopo, sia che ebbero bisogno di quei criminali per altri carcerati, dopo una quarantina di giorni ci unirono tutti nelle |
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{{Spaziato|Camerelle}} che eran due camere con una porta. Ci messero anche l’Escalonne, ridotto mezzo nudo che faceva pietá, e pure parlava sempre di duelli, di battaglie, e di gran braverie fatte in Francia. Senza moto, senza aria, senza luce, e avvelenati dal puzzo, noi eravamo ingialliti come vecchi carcerati; ed io ebbi una malattia, ed un tumore su la mascella destra. Veniva il medico dei carcere a nome don Serapione Sacchi, mi osservava, e si stringeva nelle spalle. «Dovreste andare |
{{Spaziato|Camerelle}} che eran due camere con una porta. Ci messero anche l’Escalonne, ridotto mezzo nudo che faceva pietá, e pure parlava sempre di duelli, di battaglie, e di gran braverie fatte in Francia. Senza moto, senza aria, senza luce, e avvelenati dal puzzo, noi eravamo ingialliti come vecchi carcerati; ed io ebbi una malattia, ed un tumore su la mascella destra. Veniva il medico dei carcere a nome don Serapione Sacchi, mi osservava, e si stringeva nelle spalle. «Dovreste andare all’ospedale, ma non posso mandarvi. E qui ci vuole un taglio». «Ebbene fatelo». «Non posso, ci vuole il permesso». «Se non potete far nulla perché venite a visitarmi?» «Sono comandato». «Dunque fatevi dare il permesso da’ vostri superiori». Attesi alcuni giorni, e il permesso non veniva. «Dottore», gli diss’io, «o tagliate voi, o taglierò io senza permesso con un temperino o un coltello qualunque.» Sí, no; infine tagliò, e almeno mi liberai dal dolore. E senza permesso volli liberarmi ancora dalla tenia, a consiglio dell’Anastasio, e bevvi un decotto di radice di granato selvaggio che mi fu preparato e portato da mia moglie. Cosí mi preparava a la battaglia della causa che si avvicinava, e ci volevano buone forze a sostenerla, ed io era spossato e sofferente. |