Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/383: differenze tra le versioni

 
(Nessuna differenza)

Versione attuale delle 16:43, 28 lug 2021


insorge bologna, ecc. 365

aiuti alla divisione, che formava a Firenze il generale Luigi Mezzacapo, e composta in gran parte di volontari romagnoli e di esuli e volontari romani, e con ufficiali scelti in gran parte tra quelli della difesa di Roma, di Venezia e di Sicilia del 1848. Questa divisione, formata in Toscana, era creazione del governo sardo, rappresentato, presso il comando di essa, dal marchese Gualterio, col titolo nominale d’intendente, e che aveva Cesare Mazzoni per segretario. Quella divisione, che contava fra i suoi ufficiali superiori il colonnello Carlo Mezzacapo, comandante lo stato maggiore, Federico Torre, Filippo Cerroti e Luigi Torelli, capo del servizio delle sussistenze, era destinata a prender parte alla guerra. Non apparteneva all’esercito toscano, nè aveva per comandante il principe Napoleone. Quando la divisione giunse a Bologna, seppe dell’armistizio di Villafranca, e non andò oltre. Restò nelle insorte provincie pontificie, per difenderle da ogni possibile attacco, sia da parte dell’Austria, sia da parte delle milizie papali. Fu formata un’altra divisione, al comando del generale Roselli; e l’una e l’altra, insieme alle milizie toscane, costituirono quell’esercito della Lega, di cui assunse provvidenzialmente il comando il generale Manfredo Fanti, che tanti servigi rese alla causa dell’ordine in quei mesi nei quali alle grandi speranze si succedevano i grandi sconforti, dall’indomani di Villafranca al gennaio, quando il conte di Cavour tornò al governo.

Dell’esercito della Lega ebbe, per breve tempo, il comando in seconda il generale Garibaldi, il quale, volendo nell’ottobre invadere le Marche e penetrare nel Napoletano, venne in urto col Fanti, e diresse, in data 23 novembre, da Genova, un infiammato proclama ai compagni d’arme dell’Italia centrale, che si chiudeva così: «Cittadini! Che non vi sia uno solo in Italia che non prepari un’arme per ottenere forse domani con la forza ciò, che si tentenna ora a concederci con la giustizia». Garibaldi e Fanti non si conciliarono più. Fanti fu il braccio destro di Cavour, il ministro e il duce supremo di quella maravigliosa spedizione nelle Marche, nell’Umbria e nel Napoletano, che compi l’unità della patria. Quando Garibaldi trovavasi nell’esercito dell’Emilia, i sentimenti monarchici di lui erano molto accentuati. Egli aveva acconsentito d’indossare la