Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/144: differenze tra le versioni

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XLII


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(Ferdinando II e la diplomazia europea).
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{{a destra|f=90%|Santo Stefano, 20 settembre 1856.}}
. . . Spero che tuo nipote torni subito, e ti rechi lettere di P(anizzi). Come l’avrai fa di mandarmele subito per quel tal Chiarino amico della persona di Ventotene. Io non so capire quale ha potuto essere la cagione di questo ritardo: forse qualche espressione della tua lettera, in cui parlavi delle speranze che ti dava la benedetta memoria del tuo buon zio. Che egli, P(anizzi), che è lí, e sa bene le cose, avesse avuto qualche speranza, io non lo credo: altra cagione ci dev’essere. Tu non farai piú premura per fare effettuire la cosa, giacché non dobbiamo renderci importuni. Se si vuole, io sono prontissimo, e volentissimo: se no, sarò sempre obbligato a tanta generosa cortesia quanta è stata mostrata, e rimarrò come sono, ed avrò quella pazienza che non mi è mancata mai.


Quali conforti io posso dare al tuo giusto dolore per la perdita dello zio?<ref>La morte di Sir William Temple. [''N. di R. S.'']</ref> Io comprendo tutto quello che vuoi dirmi, e ne sono addoloratissimo, e non vedo altro spiracolo di luce per noi. Ma, diletta mia, non iscoraggiarti: ricordati che abbiamo avute tempeste piú furiose assai, e siamo scampati. Che posso dirti? Io mi rodo e mi macero dentro, perché vedo che non posso aiutarti, e talvolta mi assaltano certe furie, che mi farebbero finire questa vita incresciosa e pesante, se non mi si presentasse alla mente un’immagine d’amore e di dolore che m’incatena alla vita. Tu vieni a calmare i miei dolori, la tua immagine mi calma.
Santo Stefano, 20 settembre 1856.


Voglio dirti una cosa, ma non parlarne con alcuno. Io ho avuto gran piacere che il re sia stato duro alle pretenzioni
. . . Spero che tuo nipote torni subito, e ti rechi lettere
di P(anizzi). Come l’avrai fa di mandarmele subito per quel
tal Chiarino amico della persona di Ventotene. Io non so
capire quale ha potuto essere la cagione di questo ritardo:
forse qualche espressione della tua lettera, in cui parlavi delle
speranze che ti dava la benedetta memoria del tuo buon zio.
Che egli, P(anizzi), che è li, e sa bene le cose, avesse avuto
qualche speranza, io non lo credo: altra cagione ci dev’essere.
Tu non farai piú premura per fare effettuire la cosa, giacché
non dobbiamo renderci importuni. Se si vuole, io sono prontissimo, e volentissimo: se no, sarò sempre obbligato a tanta
generosa cortesia quanta è stata mostrata, e rimarrò come
sono, ed avrò quella pazienza che non mi è mancata mai.

Quali conforti io posso dare al tuo giusto dolore per la
perdita dello zio?* 1 ) Io comprendo tutto quello che vuoi dirmi,
e ne sono addoloratissimo, e non vedo altro spiracolo di luce
per noi. Ma, diletta mia, non iscoraggiarti : ricordati che abbiamo avute tempeste piú furiose assai, e siamo scampati.
Che posso dirti? Io mi rodo e mi macero dentro, perché vedo
che non posso aiutarti, e talvolta mi assaltano certe furie, che
mi farebbero finire questa vita incresciosa e pesante, se non
mi si presentasse alla mente un’ immagine d’amore e di dolore che m’incatena alla vita. Tu vieni a calmare i miei dolori, la tua immagine mi calma.

Voglio dirti una cosa, ma non parlarne con alcuno. Io
ho avuto gran piacere che il re sia stato duro alle pretenzioni

(1) La morte di Sir William Tempie. (TV. di R. 5 .]