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Il maggiordomo spalancò gli occhi, aprì la bocca, e fece atto di parlare: ma non ci riuscì: la commozione era stata troppo forte. Si limitò a fare una lunga serie di versacci, e a ballettare per la stanza, come se avesse avuto il fuoco sotto i piedi. Ciuffettino lo guardava, ridendo.
— O coteste, che mosse sarebbero?
— E’ l’orrore... che hanno provocato in me... le tue forsennate parole - bisbigliò il maggiordomo, seguitando a ballettare.
— Ma che cosa ho detto?
— Non hai trovato... di tuo gusto... questa stanza magnifica...
— Senti, senti!
— Hai osato di chiamarla... canile!
— Sicuro, gua’! gli è un canile.
— La migliore stanza della reggia!
— Allora, mi dispiace per il tuo signore e padrone, ma si sta meglio nella casa del mi’ babbo, a Cocciapelata. Almeno, c’è più pulizia...
— Che dici? Che c’entra questa Cocciapelata? Che roba è, Cocciapelata?
— Roba da mangiare! - disse Ciuffettino, buttandosi a male dalle risa - Volevo dire che a casa mia non si cammina sul sudiciume...
— Oh! buon Dio!... che esagerazione... un po’ di polvere per terra...
— Si vede che qui non non ispazzano mai...
— Una volta il mese, caro Ciuffettino: più spesso sarebbe troppa fatica...
— E il letto, ogni quando lo rifanno?
— Oh! che c’è bisogno di rifarlo? Il letto si rifà da sè. Unap volta l’anno, naturalmente, si cambia la biancheria...