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A nessuno verrebbe oggi in mente di ridere e far ridere sugli abusi degli ordini cavallereschi, divenuti spicciola moneta elettorale, tanto questo abuso è degenerato in ignobile profanazione. Vittorio Emanuele diceva che una croce di cavaliere e un sigaro non si negano mai a nessuno, ma era ben lontano dall’immaginare che in pochi anni, lui morto, si sarebbe persa ogni misura, Ferdinando II era più logico e meno scettico, però con lui era più facile che una croce fosse data a qualunque ignoto, che non a uomini di vero merito; anzi qui si rivelava la sua indomata avversione per i ''pennaruli''. Negli elenchi dei cavalieri di Francesco I abbondano i funzionari civili, nè scarseggiano vescovi e parroci; ma è ben raro il caso di incontrarvi uomini di scienza e dì lettere, o artisti di fama. Durante il breve periodo costituzionale del 1848 ebbero la croce di Francesco I {{Wl|Q313980|Mercadante}} e {{Wl|Q3991857|Tito Angelini}}; l’ebbe nel 1853 il celebre incisore messinese {{Wl|Q2440822|Aloysio Iuvara}}, e se Michele Tenore, Vincenzo Flauti e pochi altri valorosi erano appena cavalieri, la loro nomina rimontava al 1829, cioè all’ultimo anno di regno di Francesco I, o a prima del 1848. Nelle ultime liste abbondano invece i nomi di ricchi proprietari di provincia, la cui devozione alla persona di Ferdinando II si credeva a tutta prova.1 Invano si cercherebbero nelle liste dei cinque Ordini nomi di
A nessuno verrebbe oggi in mente di ridere e far ridere sugli abusi degli ordini cavallereschi, divenuti spicciola moneta elettorale, tanto questo abuso è degenerato in ignobile profanazione. Vittorio Emanuele diceva che una croce di cavaliere e un sigaro non si negano mai a nessuno, ma era ben lontano dall’immaginare che in pochi anni, lui morto, si sarebbe persa ogni misura, Ferdinando II era più logico e meno scettico, però con lui era più facile che una croce fosse data a qualunque ignoto, che non a uomini di vero merito; anzi qui si rivelava la sua indomata avversione per i ''pennaruli''. Negli elenchi dei cavalieri di Francesco I abbondano i funzionari civili, nè scarseggiano vescovi e parroci; ma è ben raro il caso di incontrarvi uomini di scienza e dì lettere, o artisti di fama. Durante il breve periodo costituzionale del 1848 ebbero la croce di Francesco I {{Wl|Q313980|Mercadante}} e {{Wl|Q3991857|Tito Angelini}}; l’ebbe nel 1853 il celebre incisore messinese {{Wl|Q2440822|Aloysio Iuvara}}, e se Michele Tenore, Vincenzo Flauti e pochi altri valorosi erano appena cavalieri, la loro nomina rimontava al 1829, cioè all’ultimo anno di regno di Francesco I, o a prima del 1848. Nelle ultime liste abbondano invece i nomi di ricchi proprietari di provincia, la cui devozione alla persona di Ferdinando II si credeva a tutta prova.
<ref>Ricordo il marchese Gianoangelo Spaventa e il barone De Felice di Abruzzo; Aquìlecchia Rapolia e Materi di Basilicata; Camporota, Pancaro, Passalacqua e {{Wl|Q3897078|Loschiavo}} di Calabria; Balsamo, Perrone, De Martino e Lepore di Puglia, e don {{Wl|Q3695666|Costanzo Norante}} del Molise, morto senatore del regno d’Italia, come il Losahiavo.</ref> Invano si cercherebbero nelle liste dei cinque Ordini nomi di

<ref>Ricordo il marchese Gianoangelo Spaventa e il barone De Felice di Abruzzo; Aquìlecchia Rapolia e Materi di Basilicata; Camporota, Pancaro, Passalacqua e {{Wl|Q3897078|Loschiavo}} di Calabria; Balsamo, Perrone, De Martino e Lepore di Puglia, e don {{Wl|Q3695666|Costanzo Norante}} del Molise, morto senatore del regno d’Italia, come il Losahiavo.</ref>
Da Oxsxaa — La fi-nt d! un Ragno,
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<references />
DE CESARE - ''La fine di un Regno''