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de’ discepoli di Omero e Callimaco, sì onorato dai letterati dell’aurea latinità1, e degno spesso della imitazione di Virgilio2. Del poemetto a cui s’hanno a riferire questi principii appena abbiamo pochi avanzi rosi dagli anni: ma la traduzione di Catullo ci serba un alto monumento di quel poeta. Considerandolo si troverà pieno di quel mirabile richiesto alla poesia, perchè è fondato su la religione degli Egizi, e sull’autorità di un astronomo illustre. Questo mirabile non è, come gl’incantamenti de’ romanzieri, voto di effetto, ma fa più salde le fondamenta dello stato, convalidando l’opinione popolare che una delle madri de’ regnanti sia diva compagna di Venere. Dalla metamorfosi della Chioma trae campo per istituire un novello culto celebrato dalle vergini vereconde e dalle spose pudiche. Troppo ho

  1. Catullo, carm. lxiv, vers. 16. Orazio, lib. ii, ep. ii, vers. 31. Properz. lib. ii, eleg. xxiv, vers. 31. Id. ibid., eleg, vii, vers. 43. Ovid., Amorum. lib. i, eleg. xv, vers. 13, Remed. amor., vers. 759. Tristium, lib. ii, vers. 363. In Ibin. vers. 53, la quale poesia imprecativa Ovidio imitò da Callimaco.
  2. Paragona il principio dell’Inno ad Apollo col vers. 90 e seg. Eneid., lib. iii, e col vers. 253 e seg. lib. vi. Inno in Diana, vers. 56 e seg. con l’Eneide, lib. viii, vers. 419. Altre imitazioni vi saranno ch’io non so; e molte più forse ve n’era da’ tanti libri perduti di Callimaco.
Fosc. Op. scelt. 11