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ma
forza d'
uomo non
basta
Trentacapilli co' suoi molli
strappano in viso il
,
i
e con
momento
atti
mentre
e
,
,
1815.
affatica
si
accerchiano
lo
che portava
giojelli
—
OTTAVO
LIBRO
184
al
,
lo
sopraggiunge
,
trattengono
gli
,
cappello e sul petto, lo feriscono
ed ingiurie in mille modi V offendono
^
fu quello
dell'infima suaTortuna, perchè gli oltraggi di villana
plebaglia sono più duri che morte. Cosi sfregiato lo
menarono
in
carcere nel piccolo castello, insiertie ai compagni che avean presi e maltrattali.
Prima
la
fama
e poi lettere
annunziarono
alle autorità della
vincia que' fatti, né furono creduti.
Comandava
general Nunziante
il
,
che spedi
al
Pizzo
pro-
nelle Calabrie
il
capitano Stralli con alquanti
ed imprese a scrivere i nomi de' medesimo non credendo che vi stesse Gioacchino ; dimandò al terzo chi fosse e quegli « Gioacchino
soldati. Stratti si recò al castello,
prigioni
egli
,
dopo due Murai re ,
((
,
di Napoli. » A' quali detti
capitano compreso di mara-
il
vigha e rispetto , abbassò gli occhi lo pregò di passare a stanza migliore gli fu cortese di cure gli disse maestà , ultimi favori o ,
,
,
Nunziante, lo salutò sommessamente Quel generale nella prigionia di Gioacchino conciliò (diffìcile opera) la fede al re Borbone e la riverenza all'alta sventura del re Murai. XV. Per telegrafo e corriere seppe il governo i casi del Pizzo spavento del corso pericolo , allegrezza de' successi , ancora sospetti e dubbiezze , odio antico vendetta proponimento atroce , furono 1 sensi del ministero e del re. Si voleva porre in carcerò i murattisti più noli e più polenti, mancò l'animo a farlo ; si mossero soldati nelle province ; si mandò in Calabria con poteri supremi il principe di Canosa , sperimentalo strumento di tirannide e di enormità ; si ludibrii della fortuna. Arrivò
e provvide ai bisogni di cibo e vesti.
,
,
afforzò la reggia di guardie e di custodi.
Le
quali sollecitudini cessa-
vano colla morte di Murai e ne fu dato il comando per via di segni un tribunal militare dovea giudicarlo come nemico e di messi pubblico. E mentre il comando di morte volava sulle ale de' telegrafi , Gioacchino al Pizzo passava il tempo serenamente dormiva come i fortunali curava le mondizie della persona parlava al Nunziante qual re a generale straniero e nel giorno innanzi al morire gli disse «sser facile accordarsi col re Ferdinando questi cedendo a lui il reame di Napoli ed egli all' altro le sue ragioni sulla Sicilia. Ne' quali pensieri temerarii ed inopportuni traspariva di Gioacchino l'indole e l'ingegno. Ma il fatale comando della notte del 12 arriva. Si eleggono sette ,
,
,
,
,
,
,
giudici
,
tre de' quali
molti che
Murai
ed
il
procuralor della legge erano di que' tolti dal nulla , ed accumulati
nel suo regno avea
sovr' essi doni ed onori.
Se rifiutavano
il
crudele uffizio erano forse
puniti (come voleva rigor di legge) colla perdita
deHimpiego
e la