Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/176: differenze tra le versioni

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stento negli Abruzzi, eppure la potenza francese signoreggiava in quel tempo l’Italia ed atterriva l’Europa.
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Il re Ferdinando aveva perduto il regno per le armi, armi che lo acquistarono a Carlo suo genitore; la sovranità non migra, non migrano le nazioni, perchè l’una e l’altre sono legate al suolo della patria comune ed a’ cittadini. Ferdinando III di Sicilia era re straniero a’ Napoletani, la difesa di Begani così legittima come quella di Philipstad; e Begani, benchè nemico, innocente. Se vi ha macchia in lui è il non avere atteso nel difendere la fortezza l’estremità di forza o di fame.
LIBRO


Di tre comandanti due spregiati benchè potenti, Begani esule, venerato, dimostrano quale fosse il voto del mondo, e quanto folle la speranza de’ re di assegnare a volontà loro la vergogna o l’onore.
172


VI. Cominciava il riordinamento del regno dalla finanza pubblica. Il re avea contratto molti obblighi nel congresso di Vienna: doveva all’Austria ventisei milioni di franchi, prezzo della conquista, al principe Eugenio cinque milioni per indiscreto dono, e nove milioni a’ ministri potenti del congresso per mance di allegrezza, o per comprato favore; e nutrire l’esercito tedesco, il siciliano e ’l molto che avanzava del murattiano; volevasi mercede agli usciti, pane a’ fedeli, premio a’ partigiani, abbondanza a sè stessi. Ma così ampia era la finanza decennale che bastava a tanti bisogni, ora viepiù che il credito ristorato per la pace europea prometteva facile ricchezza al gran libro, e che all’ingegno avido dell’Agar la sottile parsimonia del Medici succedeva. Furono perciò confermati i sistemi finanzieri dei decennio, la legge delle patenti abolita; la quale gravezza risguardando le industrie, i mestieri, le arti, una gran massa di ricchezze e rendite sfuggì dalla finanza pubblica, e ne fu cagione la ignoranza delle dottrine economiche ed i vecchi usi ed errori del ministro.
stento negli Abruzzi


Si restituirono agli usciti, poi rimpatriati con Ferdinando, i loro beni, ancorchè nel decennio venduti, e l’erario richiamò i doni di Giuseppe e Gioacchino; le quali forzate restituzioni produssero scontento a molti e talvolta vitupero al governo. Erano fra i donatarii gli orfani figli del marchese Palmieri, giustiziato nel 1807 qual cospiratore contro Giuseppe a pro di Ferdinando; le spese del giudizio furono grandi, i figliuoli miseramente eredi dovevano pagarle, ma Gioacchino le donò al pianto supplichevole della vedova. Ora la nuova finanza richiedeva quel dono; e colei, pregati senza frutto i ministri, si portò sicura di grazia alla reggia, non più abitata dai re traditi, ma dall’altro che fu cagione del tradimento. Pur le sue lacrime tornarono vane, e l’afflitta famiglia pagò il capestro del padre.
,


VII. Sopro rendite inscritte si vendevano i beni dello stato, si
eppure

1815.

potenza francese signoreggiava in

la

quel tempo V Italia ed atterriva l'Europa.
Il re

Ferdinando aveva perduto

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acquistarono a Carlo suo genitore

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la sovranità

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armi che lo
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non migra

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una e V altre sono legate al suolo
della patria comune ed a' cittadini. Ferdinando III di Sicilia era re
straniero a' Napoletani, la difesa di Begani cosi legittima come
quella di Philipstad e Begani benché nemico innocente. Se vi
ha macchia in lui è il non avere atteso nel difendere la fortezza
r estremità di forza o di fame.
Di tre comandanti due spregiati benché potenti, Begani esule,
nazioni

le

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perchè

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venerato

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dimostrano quale fosse

mondo

voto del

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YI. Cominciava

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riordinamento del regno dalla finanza pub-

blica. Il re

avea contratto molti obblighi nel congresso di Vienna

doveva

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principe Eugenio cinque milioni per indiscreto dono,

e nove milioni

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ministri

per mance di

allegrezza, o per comprato favore; e nutrire l'esercito tedesco,,

molto che avanzava del muratliano volevasi mercede
pane a' fedeli, premio a' partigiani , abbondanza a sé
stessi. Ma così ampia era la finanza decennale che bastava a tanti
bisogni
ora viepiù che il credilo ristorato per la pace europea
prometteva facile ricchezza al gran libro e che all' ingegno avido
dell'Agar la sottile parsimonia del Medici* succedeva. Furono peril

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agli usciti,

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cagione

la

ignoranza delle dottrine economiche

vecchi usi ed errori del ministro.

poi rimpatriati con Ferdinando, i loro
ancorché nel decennio venduti , e 1' erario richiamò i doni di
Giuseppe e Gioacchino ; le quali forzate restituzioni produssero
scontento a molti e talvolta vitupero al governo. Erano fra i donatarii gli orfani figli del marchese Palmieri, giustiziato nel 1807 qual
cospiratore contro Giuseppe a prò di Ferdinando; le spese del
giudizio furono grandi , i figliuoli miseramente eredi dovevano pagarle, ma Gioacchino le donò al pianto supplichevole della vedova.
Ora la nuova finanza richiedeva quel dono e colei pregati senza
frutto i ministri , si portò sicura di grazia alla reggia , non più abiSi restituirono agli usciti

beni

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tata dai re traditi

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ma

dall' altro

sue lacrime tornarono vane
del padre.
le

,

VII. Sopra rendite inscritte

che fu cagione del tradimento. Pur
e

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afflitta

famiglia pagò

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capestro

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