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cettasse la corona, e si ebbe un repubblica effetttiva, benchè effettiva, benchè Ruggiero Settimo fosse presidente del Regno di Sicilia. Nel Parlamento avevano maggior seguito i più audaci e i maggiori idealisti: uomini coraggiosi e virtuosi di certo, ma ai quali mancava quasi completamente il senso della realtà. In un libro di piccola mole, ma denso di pensiero e di acume critico,1 sono rilevati tutti gli errori c le oontraddizioni del governo della rivoluzione in Sicilia, evi si dimostra come il solo uomo, che rivelasse criterio politico, fosse il marchese di Torrearsa, di cui esamina l’interessante libro: Ricordi sulla rivoluzione siciliana degli anni 1848 e 1849, pubblicato di poi a Palermo nel 1887.

I ministri della rivoluzione non seppero ordinare un esercito di resistenza, nè pensarono nemmeno a decretare la leva, invisa alle popolazioni dell’Isola. Misero insieme un esercito più turbolento che valoroso, e del quale erano parte essenziale le compagnie d’arma e le squadre. Negli ultimi tempi la rivoluzione degenerò in turbolenta anarchia, soprattutto nelle provincie, dove non erano più autorità, che si facessero obbedire, nè esattori i quali riuscissero a riscuotere le imposte. Se quel periodo non ebbe consistenza politica, fu moralmente glorioso, e Ruggiero Settimo, Mariano Stabile, Vincenzo Fardella di Torrearsa, Pietro Lanza di Butera, Giuseppe La Farina, Michele ed Emerico Amari, Casimiro Pisani, Filippo Cordova, Vincenzo Errante, Francesco Ferrara, Matteo Raeli e Pasquale Calvi — volendo ricordare tutti quelli che furono in prima linea — rivelarono un complesso d’intelligenze, di audacie e di alte idealità, ma soprattutto d’idealità. Questi uomini, i quali governarono la rivoluzione, stettero sulla breccia sino al giorno in cui fu creduta possibile la resistenza. Ministri o diplomatici, rinunziarono ad ogni assegno; e da esuli, tennero alto il decor loro e la buona fama della Sicilia. La decadenza dei Borboni fu decretata a unanimità, fra le acclamazioni, dalle due Camere; e in quella dei Pari sedevano i rappresentanti della più antica e doviziosa nobiltà, e della gerarchia ecclesiastica più alta. Vero è che si affrettarono a ritrattarsi, appena ristabilito il vecchio regime del quale non furono mai sinceri amici!

Occorreva molto tatto, e il principe di Satriano l’aveva mostrato da comandante la spedizione. Bisognava rassicurare gli

  1. Giovanni Siciliano, Il marchese di Torrearsa e la rivoluzione siciliana del 1848, Palermo, 1899.