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{{Pt|giori|maggiori}} idealisti: uomini coraggiosi e virtuosi di certo, ma ai quali mancava quasi completamente il senso della realtà.<ref>Avevo scritto queste pagine, quando mi pervenne da Palermo un libro di piccola mole, ma denso di pensiero e di acume critico, dal titolo: ''Il marchese di Torrearsa e la Rivoluzione siciliana del 1848''. (Palermo, 1899). Ne è autore il signor Giovanni Siciliano, che rileva tutti gli errori e le contradizioni del governo della rivoluzione in Sicilia, dimostrando come il solo uomo, che rivelasse criterio politico, fosse il {{Wl|Q4013258|marchese di Torrearsa}}, di cui esamina l’interessante libro: ''Ricordi sulla rivoluzione siciliana degli anni 1848 e 1849'', pubblicato a Palermo nel 1887.</ref> Non seppero ordinare un esercito di resistenza, nè pensarono nemmeno a decretare la leva, invisa alle popolazioni dell’Isola. Misero insieme un esercito più turbolento che valoroso, e del quale erano parte essenziale le compagnie d’arme e le squadre. Negli ultimi tempi la rivoluzione degenerò in turbolenta anarchia, soprattutto nelle provincie, dove non erano più autorità, che si facessero obbedire, esattori i quali riuscissero a riscuotere le imposte. Se quel periodo non ebbe consistenza politica, fu moralmente glorioso, e {{Wl|Q332756|Ruggiero Settimo}}, {{Wl|Q3847803|Mariano Stabile}}, {{Wl|Q4013258|Vincenzo Fardella di Torrearsa}}, {{Wl|Q16590439|Pietro Lanza di Butera}}, {{AutoreCitato|Giuseppe La Farina|Giuseppe La Farina}}, {{AutoreCitato|Michele Amari|Michele}} ed {{Wl|Q1749489|Emerico Amari}}, {{Wl|Q3661781|Casimiro Pisani}}, {{AutoreCitato|Filippo Cordova|Filippo Cordova}}, {{Wl|Q4013246|Vincenzo Errante}}, {{AutoreCitato|Francesco Ferrara|Francesco Ferrara}}, {{Wl|Q3852184|Matteo Raeli}} e {{Wl|Q3897011|Pasquale Calvi}} — volendo ricordare solo quelli che furono in prima linea — rivelarono un complesso d’intelligenze, di audacie e di alte idealità, ma soprattutto d’idealità. Questi uomini, i quali governarono la rivoluzione, stettero sulla breccia sino a ohe ebbero l’ultima speranza di una resistenza. Ministri o diplomatici, rinunziarono ad ogni assegno; e da esuli, tennero alto il decor loro e la buona fama della Sicilia. La decadenza dei Borboni fu decretata a unanimità, fra le acclamazioni, dalle due Camere; e in quella dei Pari sedevano i rappresentanti della più antica e doviziosa nobiltà, e della gerarchia ecclesiastica più alta.
{{Pt|giori|maggiori}} idealisti: uomini coraggiosi e virtuosi di certo, ma ai quali mancava quasi completamente il senso della realtà.<ref>Avevo scritto queste pagine, quando mi pervenne da Palermo un libro di piccola mole, ma denso di pensiero e di acume critico, dal titolo: ''Il marchese di Torrearsa e la Rivoluzione siciliana del 1848''. (Palermo, 1899). Ne è autore il signor Giovanni Siciliano, che rileva tutti gli errori e le contradizioni del governo della rivoluzione in Sicilia, dimostrando come il solo uomo, che rivelasse criterio politico, fosse il {{Wl|Q4013258|marchese di Torrearsa}}, di cui esamina l’interessante libro: ''Ricordi sulla rivoluzione siciliana degli anni 1848 e 1849'', pubblicato a Palermo nel 1887.</ref> Non seppero ordinare un esercito di resistenza, nè pensarono nemmeno a decretare la leva, invisa alle popolazioni dell’Isola. Misero insieme un esercito più turbolento che valoroso, e del quale erano parte essenziale le compagnie d’arme e le squadre. Negli ultimi tempi la rivoluzione degenerò in turbolenta anarchia, soprattutto nelle provincie, dove non erano più autorità, che si facessero obbedire, esattori i quali riuscissero a riscuotere le imposte. Se quel periodo non ebbe consistenza politica, fu moralmente glorioso, e {{Wl|Q332756|Ruggiero Settimo}}, {{Wl|Q3847803|Mariano Stabile}}, {{Wl|Q4013258|Vincenzo Fardella di Torrearsa}}, {{Wl|Q16590439|Pietro Lanza di Butera}}, {{AutoreCitato|Giuseppe La Farina|Giuseppe La Farina}}, {{AutoreCitato|Michele Amari|Michele}} ed {{Wl|Q1749489|Emerico Amari}}, {{Wl|Q3661781|Casimiro Pisani}}, {{AutoreCitato|Filippo Cordova|Filippo Cordova}}, {{Wl|Q4013246|Vincenzo Errante}}, {{AutoreCitato|Francesco Ferrara|Francesco Ferrara}}, {{Wl|Q3852184|Matteo Raeli}} e {{Wl|Q3897011|Pasquale Calvi}} — volendo ricordare solo quelli che furono in prima linea — rivelarono un complesso d’intelligenze, di audacie e di alte idealità, ma soprattutto d’idealità. Questi uomini, i quali governarono la rivoluzione, stettero sulla breccia sino a ohe ebbero l’ultima speranza di una resistenza. Ministri o diplomatici, rinunziarono ad ogni assegno; e da esuli, tennero alto il decor loro e la buona fama della Sicilia. La decadenza dei Borboni fu decretata a unanimità, fra le acclamazioni, dalle due Camere; e in quella dei Pari sedevano i rappresentanti della più antica e doviziosa nobiltà, e della gerarchia ecclesiastica più alta.


Occorreva molto tatto, e il principe di Satriano l’aveva mostrato da comandante la spedizione. Bisognava rassicurare gli animi innanzi tutto, e senza sentimentalismi, come senza eccessi, rimettere l’ordine, mostrandosi inesorabile verso tutti quelli che minacciassero di turbarlo, anzi senza pietà addirittura. La celebre ordinanza, ohe decretava la pena di morte ai detentori di
Occorreva molto tatto, e il principe di Satriano l’aveva mostrato da comandante la spedizione. Bisognava rassicurare gli animi innanzi tutto, e senza sentimentalismi, come senza eccessi, rimettere l’ordine, mostrandosi inesorabile verso tutti quelli che minacciassero di turbarlo, anzi senza pietà addirittura. La celebre ordinanza, che decretava la pena di morte ai detentori di