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poteva mai essere un uomo pericoloso: e così lo si lasciava in pace. La mancanza di coraggio gli aveva assicurato l’impunità. Per un poeta satirico, i cui strali passavano il nemico da parte a parte, il mestiere si presentava proprio senza spine!

E il Giusti fu lasciato in pace, quantunque la sua frusta colpisse spalle di sovrani e spalle di ministri.

Benchè per comodo della Polizia si contestasse in certa maniera al Giusti la paternità delle poesie che allora, insieme a quelle del Berchet, formavano la lettura più ricercata della gioventù d’Italia, pure il Buon Governo non cessava di spiare la condotta del poeta di Monsummano. Il Vicario Regio di Pescia, il 27 febbraio 1844, scriveva al Bologna:

„Poichè fra i miei giurisdizionali il più che abbia nome d’ingerirsi in cose politiche è il noto poeta avv. Giusti, le significo che questi trovasi attualmente a Napoli. Partì da Pescia insieme alla madre signora Ester, circa venti giorni fa colla vettura di Pietro Papini che fissò per due mesi, a lire venti al giorno. Disse d’andare a Roma ed a Napoli per vaghezza di vedere queste due metropoli e per divagarsi, stante l’essere stato preso da malumore per la morte dello zio Gioacchino e pel morso di un gatto. Si sa che si trattenne a Roma soltanto tre giorni e che ora si trova a Napoli alloggiato in via Toledo, e pensa di essere nuovamente in Roma per la Settimana Santa e di ritornare a Pescia nell’aprile prossimo.

„Può darsi che questo viaggio abbia uno scopo seriamente innocente, ma la notorietà delle opinioni antimonarchiche del Giusti, l’estensione delle relazioni e corrispondenze per rapporti letterari, l’avere condotto seco la madre, tuttochè la medesima fosse tornata da pochi mesi da Roma e la coincidenza dei movimenti di agenti rivoluzionari col viaggio, potrebbe dall’insieme il superiore diparti-