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Del dì giocondo!... Allor che da le soglie
Kàveh mostrassi e il grido suo gli orecchi
Acutamente mi ferì, nel mezzo
Di quest’aula regal, tra me, tra lui,
700Levossi un monte di solido ferro
Veracemente. E allor ch’ei si percosse
Il capo con la man, questo mio core
Parve spezzarsi per non so qual forza
Misterïosa... Ma qual mai sovrasti
705La sorte a noi, chiaro non è, chè sciorre
Del ciel gli arcani a niun fu dato in terra.
     Così proruppe da la reggia il fabbro,
E intorno a lui per le affollate piazze
Turba infinita si raccolse. Un grido
710Ei là in mezzo levò chiedendo aita,
Tutta del mondo a richiamar la gente
A più retto sentieri Ma quell’adusto
Cuoio onde i fabbri lor ginocchia e stinchi
Copronsi allor che a martellar si stanno
715Su l’incude sonante, egli d’un’asta
Legava a sommo, e sorse alto scompiglio
E negra polve da le vaste piazze.
Ed ei, quell’asta nella man serrata,
Venìa gridando: O glorïosi, o prodi,
720Fedeli a Dio, ciascun di voi che sente
Affetto in core per Fredùn, che i ceppi
Infranger brama di Dahàk, ne venga,
Venga con me sino a Fredùn, riposi
Di quella maestà con meco all’ombra.
725Venga ciascun di voi, che veramente
È Ahrimane costui, nemico a Dio
Nel profondo del cor. Per questo vile
Adusto cuoio si parrà ben chiara
Qual d’amico sia voce e qual d’avverso.
730     E tutti ei precedea, quell’uom gagliardo,

Firdusi, I. 12