Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/116: differenze tra le versioni

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{{Pt|tar| portar}} la mia critica fin sotto all’inguine delle persone, mi turo il naso, e passo via di corsa ad Alfeno.
{{Pt|tar| portar}} la mia critica fin sotto all’inguine delle persone, mi turo il naso, e passo via di corsa ad Alfeno.


Crede il {{Ac|Antonio Partenio|Partenio}}, e dietro a lui il {{Ac|Marc-Antoine Muret|Mureto}}, il {{Ac|Isaac Vossius|Vossio}}, il {{AutoreIgnoto|Volpi}}, il {{Ac|Friedrich Wilhelm Döring|Doering}} ed altri, che questo Alfeno sia quel medesimo, che, lasciato a Cremona il trincetto e il lisciapiante, andò a Roma a studiar giurisprudenza; e fu tanta la bravura ch’egli ebbe in lisciar la pelle e tagliar la borsa ai clienti, che acquistò credito e celebrità siffatta da meritar pubblici funerali alla morte. Si piccò pure di poesia, e forse per questo il {{Ac|Quinto Orazio Flacco|salumaio di Venosa}} non gli risparmiò i suoi sali nella [[Satire (Orazio)/Libro I/Satira III|satira terza del primo libro]]; fu doppio e fallace quanto basta a esercitare l’avvocatura, e dopo d’aver persuaso il nostro Valerio a mettere il piè nella rete d’amore, promettendogli tutto il suo aiuto, gli voltò faccia alla prima e lo lasciò fra’ guai. Per cui il poeta, rimproverandolo, di tanta perfidia, e non sapendo più a chi si rivolgere, a chi prestar fede, esclama sconsolato:
Crede il {{Ac|Antonio Partenio|Partenio}}, e dietro a lui il {{Ac|Marc-Antoine Muret|Mureto}}, il {{Ac|Isaac Vossius|Vossio}}, il {{AutoreCitato|Giovanni Antonio Volpi|Volpi}}, il {{Ac|Friedrich Wilhelm Döring|Doering}} ed altri, che questo Alfeno sia quel medesimo, che, lasciato a Cremona il trincetto e il lisciapiante, andò a Roma a studiar giurisprudenza; e fu tanta la bravura ch’egli ebbe in lisciar la pelle e tagliar la borsa ai clienti, che acquistò credito e celebrità siffatta da meritar pubblici funerali alla morte. Si piccò pure di poesia, e forse per questo il {{Ac|Quinto Orazio Flacco|salumaio di Venosa}} non gli risparmiò i suoi sali nella [[Satire (Orazio)/Libro I/Satira III|satira terza del primo libro]]; fu doppio e fallace quanto basta a esercitare l’avvocatura, e dopo d’aver persuaso il nostro Valerio a mettere il piè nella rete d’amore, promettendogli tutto il suo aiuto, gli voltò faccia alla prima e lo lasciò fra’ guai. Per cui il poeta, rimproverandolo, di tanta perfidia, e non sapendo più a chi si rivolgere, a chi prestar fede, esclama sconsolato:
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Heu! quid faciant dehinc homines, quoive habeant fidem?<ref>[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte terza. Riconciliazione/22. Ad Alfeno - XXX Ad Alphenum|Carm. XXX]].</ref></poem></i>}}
Heu! quid faciant dehinc homines, quoive habeant fidem?<ref>[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte terza. Riconciliazione/22. Ad Alfeno - XXX Ad Alphenum|Carm. XXX]].</ref></poem></i>}}