Utente:Xavier121/Prove: differenze tra le versioni

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m Xavier121: match
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Il testo-base è tratto da Giovanni Boine, «Plausi e botte», in «la
Riviera ligure», Anno XXI, 4a Serie, N. 44, Onegl
=== no match ===
ia, Agosto 1915,
pp. 431 bis a-431 bis b, 438 bis a, vale a dire da cui ci si discosta
nei seguenti luoghi (evidenziati dal grassetto, non presente nel
testo originale):
Tragodie ] tragodie PB 431 bis a. 73 letzten ] letzen PB 431 bis a. 73
coscienzioso ] coscienzioso, PB 431 bis a. 78 Ravagli ] Ravaglia PB 431 bis
a. 79 cattedratiche ] cattedrattiche PB 431 bis a. 80 diosa virginea testa
reclina d’ancella mossa ] diosa virginea testa reclina d’ancella mossa PB 431
bis b. 2 confessato, ] confessato. PB 431 bis b. 3 aria». ] aria» PB 431 bis
b. 3 blood: ] blood: PB 431 bis b. 8 cosicché ] cosichè PB 431 bis b. 8 di ] dì
PB 431 bis b. 9 Mallarmé ] Mallarmé PB 431 bis b. 23 citare): ] citare) PB
431 bis b. 28 Bianca ] bianca PB 431 bis b. 30 Che ] che PB 431 bis b. 31
bianca ] bianca PB 431 bis b. 31 salì ] sali PB 431 bis b. 32 i ] ì 431 bis b.
32 altri ] altri PB 431 bis b. 38 infatti ] infatti PB 431 bis b. 41 che ] chè
PB 431 bis b. 41 Pampa, ] Pampa. PB 431 bis b. 47 porta ] po ta PB 431 bis
b. 47 venti ] vènti PB 431 bis b. 48 lì ] li PB 431 bis b. 52 Firenze ] Fiorenza
PB 431 bis b. 53 sensus — expulit ] sens PB 431 bis b. 57 abisso ]
abbisso PB 431 bis b. 60 di ] dì PB 431 bis b. 62 inesprimibile ]
inesprimibile PB 431 bis b. 65-66 I] i P431 bis b. 6 Svanire, ] svanire PB
431 bis b. 69 Dentro ] dentro PB 431 bis b. 70 Come ] come PB 431 bis b. 71
D’ignota ] di questa PB 431 bis b. 71 Come ] come PB 431 bis b. 71 Blu ] blu
PB 431 bis b. 72 tremare ] tremava PB 431 bis b. 72 viola ] viola... PB 431
bis b. 72 mare: ] mare; PB 431 bis b. 73 Pure ] pure PB 431 bis b. 73 silenzii ]
silenzi PB 431 bis b. 73 Varcaron ] varcaron PB 431 bis b. 74
azzurreggiare:.... ] azurreggiare. PB 431 bis b. 74-75 varii ] vari PB 431 bis b.
75 Dai ] dei PB 431 bis b. 75 silenzii ] silenzi. PB 431 bis b. 75 oro: ] oro; PB
431 bis b. 76 la nave ] nave PB 431 bis b. 76 Già ] già PB 431 bis b. 76 Coi ]
coi PB431 bisb. 77 Battendo ] battendo 431 b. 78 ale celeste ] ali
celesti PB 431 bis b. 78 ci ] ci PB 431 bis b. 79 ( e ] (Samain e PB 431
bis b. 80 usted mate?) ] usted hierba mate?) PB 431 bis b. 84 di ] con
Regolo: PB 438 bis a. 11 bevitore, ] bevitore PB 438 bis a. 12
scialacquatore, ] scialacquatore PB 438 bis a. 12 sul fenomeno, ] al
fenomeno PB 438 bis a. 16 piegati a sacrificare alla ] piegati alla PB 438
bis a. 17-18 rifiuti ] rifiuti, PB 438 bis a. 19 e ] è 438 bis a. 22
un’ansia ] un ansia PB 438 bis a. 25 fuori ] fuori PB 438 bis a. 29 di ] dì PB
438 bis a. 30 che ] ehè PB 438 bis a. 36 vuole, ] vuole PB 438 bis a. 37
[(67) Dino Campana. Canti Orfici. Tipografia F. Ravagli. Marradi 1914.]
di Giovanni Boine
(67) Dino Campana. Canti Orfici. Tipografia F. Ravagli. Marradi
1914.
Copertina su carta giallo droghiere. Sul retro fra parentesi
proprio in mezzo è stampato Die Tragodie des letzten Germanen in
Italien (ci hanno da ultimo incollata su una strisciolina rossa
come una pudica camicia, ma l’ho, da buon Gobinista, che
diamine! grattata via con cura). Il ringraziamento prefazionale ai
signori sottoscrittori è messo in ultimo al posto dell’indice, il
quale come inutile non è stato fatto; e lì è pur ricordato «il
coscienzioso coraggioso e paziente stampatore sig. Bruno
Ravagli» a cui dunque nemmeno noi lesineremo le nostre
cattedratiche lodi, sebbene parecchie lettere nel testo sian
capovolte ed a pag. 151 la riga che nientemeno dice «diosa
virginea testa reclina d’ancella mossa» sia, com’è confessato,
«andata all’aria». — La carta a piacer suo muta di qualità tre
volte in censettanta pagine, brache, giacca e gilet di tre diversi
vestiti. Inoltre è utile aggiungere che il libro è finito con queste
sacramentali parole messe fuori testo a mo’ d’epitaffio o di
chiusa: They were all tom and cover’d with the hoy’s blood: cosicché
blood rosso e pauroso come una stilla od una ditata, sta lì (traccia
d’assassinio o di liturgico sacrifizio?) come il tragico sigillo
dell’opera.
Per constatare, in conclusione, che l’autore è certo un
poverissimo e che i segni del suo squilibrio anche dall’esterno del
suo volume appaiono evidenti.
Che se a caso apriamo il Trattato psichiatria del prof. Leonardo
Bianchi (Napoli ed. Pasquale etc.) ai capitoli che così dottamente
dissertano, fra le malattie mentali, della paranoia, della demenza
precoce et similia, ci sarà facile provare come qualmente la
trasposizione illogica delle parole nel discorso, la sintassi a salti,
nonché il salto dei vocaboli ed eziandio di intere proposizioni, è
la diagnostica caratteristica delle scritture dei pazzi. La qual cosa
è confermata mi pare oltreché dal preterito Lombroso,
dall’autorevole Dott. Max Nordau nell’ormai celebre volume
della Degenerazione, dove se ricordo, che Mallarmé sia un
deficiente è a soddisfazione per analogia dimostrato allegando da
verificati freniatrici documenti questa memorabile frase di
ricoverato: «Mi sembri uno zuccherino dato a balia!» La quale
certo è, semmai, imagine più ragionevole di ciò che si legge ad es.
qui in Dino Campana a pagg. 169 e 70, dove infine si legge (e
bisogna citare):
Come nell’ali rosse dei fanali
Bianca e rossa nell’ombra del fanale
Che bianca e lieve e tremula salì.
E Vali e i salì, e il bianco e il rosso; e i vichi e ì fanali; e il sale
marino e l’ombra e la notte, fan per due pagine uno spettrale
intrico di così macabra sarabanda che non è possibile fuori
trarne un qualunque normale costrutto.
Ciò infine, di nuovo, per dire che se dall’esterno si passi
all’interno i sospetti di squilibrio son chiari e fondati, e questo
povero Campana, stabilito per pazzo. — In altri termini pare
cioè, come corollario, assodato, che la poesia non sia più ormai
che dei pazzi e dei poveri.
È qui infatti una poesia allucinata non sai di che fatta, che se ti ci
chiudi entri in un’atmosfera d’ansia, sei a balzi via trascinato di
là dai confini del tuo consueto andare, chissà dove, chissà dove
per disperazioni d’irrealtà. Non so che febbre si divori le imagini
e le accavalli; che cosa si dica, precisamente non vedi; i fantasmi
lampeggiano e fuggono, il luogo ove sei si tramuta: — sei nella
Pampa, sei fra le stelle, un diretto in corsa ti porta, la turbolenza
dei venti ti strappa. Ma insomma una strapotenza bizzarra di
lirica, via ti solleva fuori di te in dimenticanza del mondo per
morbosità fosforescenti.
Ci sono pagine limpide di osservate serenità; ci sono lirici idilli
dove Piazza Sarzano a Genova col ponte dei suicidi lì sopra, e gli
intrichi di vicoli bui; dove Faenza e Firenze e la Verna si
trasfigurano in tremiti di lievi colori quasi in musica stemperati:
pagine di prosa fresca tra l’impressionismo scorrivia e (sempre)
una sotterranea commozione come di scatenato respiro. — Ma
jam furor humanos nostro de pectore sensus — expulit... giungono
momenti che il respiro nella gola s’affanna e la vertigine vince.
Allora le parole ossessionano come gli incubi, si dilatano come
occhi di paura, si puntano come riluttanti vite all’abisso; finché
l’onda via le travolge, meravigliosi frantumi in un gorgo canoro.
La musica vince i discorsi, i vocaboli son fatti di voce; son simboli
di suono con un polline vago d’imagini. Nuotano spersi come
echi, si richiamano si ripetono sinfonizzano sciolti senza badare
alle logiche; si rincorrono, si frantumano in ansia d’espressione,
ti danno lo spasimo dell’inesprimibile, ti sfanno in una liquidità
di respiri; — finché t’accorgi che il respiro è respirato, e la cosa
da dire è l’allucinata febbre, la lirica frenesia di una cosa ormai
detta.
Io vidi dal ponte della nave — I colli di Spugna — , nel verde —
Dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando — Come una melodia:
— D’ignota scena fanciulla sola — Come una melodia — , su la riva
dei colli ancora tremare una viola — Illanguidiva la sera celeste sul
mare: — Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale — Varcaroti
lentamente in un azzurreggiare:.... — Lontani tinti dei varii colori —
Dai più lontani silenzii — Ne la celeste sera var car on gli uccelli d’oro:
la nave — Già cieca varcando battendo la tenebra — Coi nostri
naufraghi cuori — Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare. — Ma un
giorno...
— Poiché ci sono le fonti di tutto certo sarà facile assegnarle
anche a questa smarrita e decadente musicalità (Samain e
compagni). Dico se mai che questa sorta di decadenza mi piace
qui che di più non si può; e che la stessa rozzezza violenta, la
stessa primitività impetuosa con cui è come in assalto qui in più
luoghi realizzata (cfr. Quiere usted mate?) dimostra che non è
d’accatto, risponde ad un intimo bisogno e del vecchio
malfranzese non ha che l’apparenza.
S’attaglia cioè con spontaneità al mondo d’incubo e di libertà che
il poeta s’è foggiato, alla risolutezza vagabonda di anima senza
speranze, di là da ogni tradizione di là da ogni acquietamento,
nave ebbra e disancorata, gabbiano tra raffica e cavalloni.
Passano, qui di mezzo, i rombi delle lontananze; sei dove? Alle
Antille, sei in Argentina; il viaggio non è qui coi luoghi e le films
ma cogli abbandoni e gli acquisti, colle liberazioni : — è una
spirituale categoria di perdizione e di disradicamento. — A
Genova città di partenze, è avvenuto l’Incontro di
«Impestato a più riprese, sifilitico alla fine, bevitore,
scialacquatore, con in cuore il demone della novità che lo
gettava a colpi di fortuna che gli riuscivano sempre, quella
mattina i suoi nervi saturi l’avevano tradito ed era restato per un
quarto d’ora paralizzato dalla parte destra, l’occhio strabico fisso
sul fenomeno, toccando con mano irritata la parte immota. Si
era riavuto, era venuto da me e voleva partire... — Mai ci
eravamo piegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione. Il
paese natale: quattro giorni di sguattero, pasto di rifiuti tra i
miasmi della lavatura grassa. Andiamo!» — Ed pare il
motto di tutta questa ispirazione che procede a barbagli e in
folata, non ha altra formula oltre quella dell’inquietudine, nè
altra logica se non quella irreale e vagabonda del sogno.
C’è in giro per l’arte con temporanea (compresa l’italiana, parlo
dell’italiana) un fermento d’esaltazione come un’ansia di novità
e d’anarchia, un tumore di angoscia che cerca sfocio. Ma c’è
anche, ed assai più la preoccupazione di metterlo in mostra e di
affermare la propria modernità spregiudicata colla rettorica
dell’espressione. La ansiosa modernità di parecchia gente
comincia dal di fuori e resta sopratutto al di fuori come la
dignità ed il valore dei molti restan nel vestito e nei titoli. C’è
infine gente che finge la libertà essendone dall’intimo schiava
sprovvista; e poiché s’è persuasa dell’ovvia verità più sopra
enunciata che la poesia è dei pazzi più pazzi, si finge dunque per
pazza e lo fa con scioltezza.
Ma questo Campana, per lo stesso impaccio del suo parlare,
questo che di elementare ed ingenuo che la coltura ha lasciato in
lui e nel suo stile (non l’ha cancellato), è, se dio vuole, un pazzo
sul serio. Epperciò Te deum.
RINGRAZIAMENTI
dei curatori
Ci piace ringraziare in questa sede tutti coloro che, in un modo o
nell’altro, hanno contribuito in maniera determinante alla
realizzazione di questo nostro lavoro campaniano: Andrea Aveto,
Laura Barricalla, Maria Cornerei, Marco Ercolani, Loretta Marchi,
Maria Novaro, Cesare Oddera, Rossana Pavone, Veronica Pesce,
Marilena Vesco, Francesco Vico. Ringraziamo altresì i seguenti
enti: Biblioteca civica «R. Deaglio» di Alassio, Biblioteca del
Dipartimento di Italianista, Romanistica, Antichistica, Arti e
Spettacolo (DIRAAS) dell’Università degli Studi di Genova,
Biblioteca della «Fondazione M. Novaro» di Genova, Biblioteca di
Scienze della Formazione «M. Puppo» dell’Università degli Studi
di Genova, Biblioteca del polo universitario imperiese
dell’Università degli Studi di Genova, Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma, Biblioteca civica «F. Corradi» di Sanremo,
«Piccola Biblioteca della Pigna» di Sanremo.
INDICE
Sommario 5
Dedica dei curatori 7
Non voglio poesia 9
di Marco Ercolani
«Te deum» - Boine (Novaro) e Campana 12
di Veronica Pesce
Premessa all'edizione 19
dei curatori
CANTI ORFICI 22
Edizione anastatica a cura di Andrea Lanzola
Apparati 206
di Fabio Barricalla
Sigle e abbreviazioni bibliografiche 208
Sigle delle stampe 208
Sigle dei carteggi 208
Abbreviazioni bibliografiche 209
Nota bio-bibliografica 214
1885-1905: infanzia, adolescenza, e prima giovinezza 214
Il 1906, annus horribilis: il primo ricovero 218
1907-1911: viaggi e pellegrinaggi 224
Il 1914, annus mirabilis: la pubblicazione dei «Canti Orfici» 242
1915- 1916: altre pubblicazioni sulle riviste nazionali 248
1916- 1917: la relazione con Sibilla Aleramo 258
1918-1932: Campana a Castel Pulci 266
Un rapporto esclusivamente epistolare 248
«Sentori» 269
«È un pezzo che è in viaggio quella sciocchezza» 277
«Se io avessi allora conosciuto i Suoi Canti Orfici...» 281
Il «pazzo Campana»
«Cecchi ha l’esterno di un pizzicagnolo fiorentino» 372
«“Non ricordo chi possa essere M. N. ”» 387
Premessa al testo critico 401
L’edizione Ravagli dei «Canti Orfici» 401
L’‘esemplare ideale’ dei «Canti Orfici» 402
La descrizione di Giovanni Boine 403
Il frontespizio 406
Il titolo 407
Il sottotitolo 408
La dedica a Guglielmo imperatore’ 408
Il macrotesto 410
L’epigrafe finale 420
Il colophon 426
L’«Errata corrige» 427
L’indice 428
Il testo critico 443
Il testo critico 460
Un 'plauso' 569
di Giovanni Boine
Nota al testo 570
di Fabio Barricalla
[(67) DINO CAMPANA. Canti Orfici. Tipografia F. Ravagli. Marradi 1914.]
571
di Giovanni Boine
RINGRAZIAMENTI
dei curatori
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