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Nelle sue voglie e senza tema in petto.
Ma la gente il chiamava Biveraspe
In pehlèvica lingua. Or, tra le cifre
Pehlèviche, bivèr val diecimila
760Nell’odierno sermone, e per che il prode
Giovinetto si avea ben diecimila
Arabi corridor con auree briglie
Entro a sue stalle, da bivèr gli venne
Inclito il nome. Di tre parti due
765Degli arabi destrieri, e notte e giorno,
Reggean le selle, e ciò si fea per fasto,
Non per battaglie o assalti. E avvenne un giorno,
Al primo albor che in orïente appare,
Che Iblìs ne venne a lui con le sembianze
770Di dolce amico, e il cor del giovin prence
A un tratto fuorvïò dal suo cammino
Giusto e leal, chè a’ detti suoi l’orecchio
Diè il giovinetto. Gli piacean le belle
Parole e il savio favellar di lui,
775Chè dell’opre sue triste ei nulla seppe.
Ond’ei, la mente gli donando e il core
E l’alma sua sì bella e pura, in danno
Aperto a cader venne. E quei, veggendo
Che il cor gli dava quell’incauto e gioia
780Infinita si avea per l’arti sue,
Molti detti fe’ acconci e fe’ lusinghe,
Chè vuota del garzon d’ogni scïenza
Era l’alma inesperta. Oh! molte cose,
Dissegli, figlio mio, conosco io solo,
785E son sì belle, e niun n’ha esperïenza!
     Parla, rispose il giovinetto, e tanto
Non t’indugiar, ma ciò che sai m’insegna,
Tu che hai nobil consiglio! — Iblìs rispose:
     Patto ti chieggo in pria; poi lealmente
790Ti svelerò le cose belle e vere.
     E semplice ed incauto era il fanciullo,

Firdusi, I. 10