Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/18: differenze tra le versioni

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- Sta’ buono, - gli dissi.
- Sta’ buono, - gli dissi.


Sotto le piante c’era un tavolo con un fiasco e dei bicchieri. Il padrone, un vecchiotto, versò anche per me. Era ima specie d’osteria, ma tutti più o meno parenti, e venivano da Torino in comitiva.
Sotto le piante c’era un tavolo con un fiasco e dei bicchieri. Il padrone, un vecchiotto, versò anche per me. Era una specie d’osteria, ma tutti più o meno parenti, e venivano da Torino in comitiva.


- Fin che dura, va bene, - diceva una vecchia, - ma col fango e la pioggia?
- Fin che dura, va bene, - diceva una vecchia, - ma col fango e la pioggia?
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Fonso e le ragazze cantavano, sempre a voce smorzata, sempre pronti a raccogliere un brusio, un rombo lontani. Anch’io, di minuto in minuto, tendevo l’orecchio sul coro dei grilli e, quando d’un tratto la vecchia riapri il battente della porta, anch’io esclamai che spegnesse.
Fonso e le ragazze cantavano, sempre a voce smorzata, sempre pronti a raccogliere un brusio, un rombo lontani. Anch’io, di minuto in minuto, tendevo l’orecchio sul coro dei grilli e, quando d’un tratto la vecchia riapri il battente della porta, anch’io esclamai che spegnesse.


Cera in quella gente, nei giovani, nel loro scherzare, nella stessa cordialità facile della compagnia e del vino, qualcosa che conoscevo, che mi ricordava la città d’altri tempi, altre sere, scampagnate sul Po, varietà d’osteria e di barriera, amicizie passate. E sul fresco della collina, in quel vuoto, in quell’ansia che manteneva all’erta, ritrovavo un sapore più antico, contadino, remoto. Seguivo d’istinto le voci delle ragazze, delle donne, e tacevo. Alle uscite di Fonso ridevo piano, di gusto. M’ero seduto a cielo aperto, con gli altri, sopra un trave.
C’era in quella gente, nei giovani, nel loro scherzare, nella stessa cordialità facile della compagnia e del vino, qualcosa che conoscevo, che mi ricordava la città d’altri tempi, altre sere, scampagnate sul Po, varietà d’osteria e di barriera, amicizie passate. E sul fresco della collina, in quel vuoto, in quell’ansia che manteneva all’erta, ritrovavo un sapore più antico, contadino, remoto. Seguivo d’istinto le voci delle ragazze, delle donne, e tacevo. Alle uscite di Fonso ridevo piano, di gusto. M’ero seduto a cielo aperto, con gli altri, sopra un trave.


Una voce mi disse: - E lei, che fa? è in villeggiatura?
Una voce mi disse: - E lei, che fa? è in villeggiatura?
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Risposi scherzando che andavo a tartufi col cane. Lei mi chiese se dove insegnavo si mangiavano i tartufi. - Chi le ha detto che insegno? - feci sorpreso. - Si capisce, - mi disse nel buio.
Risposi scherzando che andavo a tartufi col cane. Lei mi chiese se dove insegnavo si mangiavano i tartufi. - Chi le ha detto che insegno? - feci sorpreso. - Si capisce, - mi disse nel buio.


Cera qualcosa di canzonatorio nella voce. O era il gioco di parlarsi come in maschera? In un attimo feci passare i discorsi di prima; non trovai che mi fossi tradito, e conclusi che quelli che
C’era qualcosa di canzonatorio nella voce. O era il gioco di parlarsi come in maschera? In un attimo feci passare i discorsi di prima; non trovai che mi fossi tradito, e conclusi che quelli che