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Duce a tal schiera, che migrar m’è forza
Da questa vita, e tu sei re novello.
     Ampia una schiera di Perì alate
170Egli adunò, di tigri e di sbrananti
Lupi e leoni e leopardi. Allora
Del re del mondo eran sommesse al cenno
Le umane stirpi e le fiere e gli augelli
E gli armenti pur anco, e fu composta
175Quell’oste sua di paventose belve,
D’augelli e di Perì. Ne andava il duce
Con la sua veste militar; ma dietro,
Dietro all’oste venìa l’antico sire,
Principe Gayumèrs; iva dinanzi
180Quel suo nipote con le squadre. A un tratto,
Lo spavento menando e la paura,
Levossi il Nero Devo e al ciel la polve
Sollevò in denso turbo. Oppresso agli occhi
Dell’antico signor parve il nemico,
185Stordito e vinto alle grida furenti
Di tante belve. Ma del campo a mezzo
L’una sull’altra si gittàr le schiere,
E da quel d’animanti immenso stuolo
Vinti i Devi restar. Come leone
190Distese allor la poderosa mano
Hoshèng sul Devo e questa gli fé’ angusta
Terrena stanza. Con un cuoio attorto
Tutto l’avvinse dalla testa ai piedi
E l’orribile capo gli divelse;
195Indi, qual cosa vil, sotto gittossi
L’estinto Devo e il calpestò. Cadea
La pelle a brani da quel corpo informe,
Esanime sul suolo abbandonato.
     Com’ei venne esattor di sua vendetta,
200Giunse di Gayumèrs l’estremo giorno,
Ed ei pago morì; quest’ampia terra
Di lui rimase qual retaggio. — Oh vedi!