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— 127 —

Venne in terra quaggiù dal cielo un messo.
     L’angiol beato salutò l’antico
Sire e gli disse: Ti rincora, al pianto
Pongasi fine omai. Torna al tuo senno,
135O re possente, e al voler mio cedendo,
Raduna di gagliardi eletta schiera,
De’ tuoi nemici l’empio stuol disperdi.
Franca la terra dal maligno Devo,
Franca il tuo cor da ogni cordoglio, e acqueta
140La fiera brama di vendetta. — Allora
La fronte al ciel levò l’inclito prence
Imprecando al nemico. Iddio Signore
Egli invocò del nome suo più augusto
E rasciugò le lagrime cadenti
145Dalle sue ciglia, sì ch’ei tosto corse
Il figlio a vendicar. La notte e il giorno
Pace non ebbe, non trovò riposo.
     Siyamèk fortunato ebbesi un giorno
Un figlio in terra. All’avo suo di fido
150E saggio consiglier quel giovinetto
Era in loco, ed avea quel valoroso
Hoshèng a nome. La prudenza istessa,
La stessa intelligenza era quel figlio
Di sì gran padre, all’avo suo ricordo
155Del morto genitor, sì che nel suo
Grembo ei l’avea con molto amor nutrito
E qual figlio l’amava e in lui soltanto
Godea gli sguardi soffermar. Ma quando
Alla vendetta ed alla guerra pose
160L’antico prence il cor, chiamossi al fianco
Hoshèng preclaro e valoroso e tutte
Gli raccontò le intravvenute cose
E ogni secreto gli svelò dall’alma.
Ampio, ei disse, un drappel di valorosi
165Adunerò, di guerra un alto grido
Farò udir per li campi. E tu sarai