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Gayumèrs fortunato ebbe sul mondo
E regno e potestà. Sovra erto monte
25Locata avea la semplice sua stanza,
E sorse da quel monte la fortuna
De’ suoi tutta e di lui. Ferine pelli
Ei si vestì con la sua gente, e il primo
Cibo venne da lui, chè vesti e cibi
30Erano ignoti in pria. Tenne suo regno
Gayumèrs per trent’anni, ed era bello
Sì come sole, e in trono risplendea
Sì come luna al quindicesmo giorno
Sovra un alto cipresso. A piè del trono
35Venìan tranquille a riposarsi, appena
Il vedeano così, le fiere a torme,
Ed ogni belva ossequiosa innanzi
Al suo seggio venìa per quella sua
Inclita sorte e maestà di sire,
40E prestavangli omaggio, e di lor vita
Prendean norma dal loco alto e sovrano.
     Solo un figlio ei si avea, leggiadro e vago,
Ricco di pregi e, come il padre suo,
Disïoso di gloria. Era il suo nome
45Siyamèk, e felice era e gagliardo
Il giovinetto, e il cor del padre suo
Palpitava per lui, per lui soltanto
Godea la vita, chè fiorenti e carchi
Esser dovean di dolci frutti i rami
50Di quell’arbore eletto. Eppur, gemea
Per lui nell’alma sua piena d’amore
E si dolea per tema che un avverso
Destin rapisse il figlio suo, chè questa
È del mondo la legge e suo costume
55È questo. Il padre ne’ gagliardi figli
Ha possanza ed onor. — Tempo trascorse
Da quel giorno così, mentre splendea
Del nobile signor l’inclita gloria.