Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/56: differenze tra le versioni
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contrastato. Misera ed umile condizione di un comandante di fortezza vedere alcun altro degli assediati di sè più lento a desiderare gli accordi. Contrastanti le opinioni, e aggiunte al dechinare delle difese le discordie, sopravvenne la necessità di darsi prigionieri al nemico, e tutto cedere della fortezza. Pochi d’ambe le parti vi morirono; nulla si operò che fosse degno d’istoria. E dopo ciò, in tutto il reame, la sola fortezza di Capua strettamente bloccata alzava la bandiera di Cesare, stando su gli Alemanni il conte di Traun, su gli Spagnuoli il conte Marsillac, tra loro amici e in altre guerre compagni o contrarii, prigioniero l’uno dell’altro, sbattuti dalla fortuna in varii casi, ma sempre in petto benevoglienti. |
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XXVII. Le presenti felicità di Carlo crescevano per le vittorie de’ Gallo-Sardi nella Lombardia, e per la rara costanza de’ potentati europei agli accordi contro l’Austria. La battaglia di Parma quasi disfece l’esercito alemanno in Italia; il principe Eugenio non bastava con poche genti a fronteggiare sul Reno gli eserciti potenti di Bervik e d’Asfeld; l’Inghilterra e la Olanda duravano nella neutralità; il Corpo Germanico dava pochi e mal sicuri ajuti all’Impero; la Russia, benchè amica, terminava i pensieri e la guerra nella Polonia. Il re Carlo, vistosi potente e sicuro, preparando l’impresa i di Sicilia, si volse alle cure interne dello stato; prese giuramento dagli eletti della città; raffermò per editti e religioni i giuramenti della baronia, e compose il ministero, il consiglio e la corte de’ più grandi per nome, nobiltà e ricchezze. Provvide le magistrature: accolse benignamente que’ vicarii di Cesare spediti dal vicerè nelle province, mandò vicarii suoi, nobili anch’essi e venerati: rimise molte colpe; consultò i seggi circa le gravezze da togliere. Favoriva la nobiltà per naturale propensione d’animo regio, e perchè, non ancora surto il terzo stato, nobili e plebe componevano il popolo. Dal qual favore proveniva pubblico bene, perciocchè i baroni grati a que’ benefizi, o allettati dalle grandezze della reggia o lusingati dalle ambizioni venivano in città, alleggerendo di loro i vassalli ed imparando costumi e forme di miglior civiltà. Ma vennero a bruttare le beneficenze di Carlo il sospetto e la intemperanza. Erano nella città pochi partigiani di Cesare (come ne ingenera qualunque impero), deboli, spregevoli, desideranti le vittorie di quella parte, ed ingannando, più che altri, le speranze proprie con falsi racconti di guerra e di politica. Scherniti per lungo tempo dalla fortuna, scemando di numero e di audacia, perdevansi nelle disperazioni e nel nulla; ma dalle felicità reso più molle l’orecchio de’ governanti e più superbo il cuore, formarono parecchie giunte, una nella città, altre nelle province, chiamate d'''inconfidenza,'' destinate a punire per processi secreti e giudizii arbitrari i nemici del trono; disegnando con quell’alto nome alcuni miseri, e facendo di vuote {{Pt|spe-|}} |
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contrastato. Misera ed umile condizione di |
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sopravvenne la necessità di darsi prigionieri al |
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nemico, e tutto cedere della fortezza. Pochi d' ambe le parti vi morirono; nulla si operò che fosse degno d'istoria. E dopo ciò, in tutto |
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gli accordi. Contrastanti le |
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