Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/11: differenze tra le versioni
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Questo poema della ''Secchia rapita'' non ha bisogno d’esser lodato per accreditarsi, perciò che quale egli sia il giudicio |
Questo poema della ''Secchia rapita'' non ha bisogno d’esser lodato per accreditarsi, perciò che quale egli sia il giudicio commune il dimostra; benché non vi sieno mancati de’ cervelli stravolti, che l’hanno giudicato col giudicio dell’asino il quale sentenziò che cantava meglio il cucco del rusignolo. Ma non è maraviglia, poiché anche alla nostra etá abbiamo veduti ingegni che hanno anteposto il ''{{TestoCitato|Morgante}}'' del {{AutoreCitato|Luigi Pulci|Pulci}} alla ''{{TestoCitato|Gerusalemme liberata|Gierusalemme}}'' del {{AutoreCitato|Torquato Tasso|Tasso}}; e l’antica vide l’imperatore Adriano che anteponeva |
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{{AutoreCitato|Quinto Ennio|Ennio}} a {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} e {{AutoreCitato|Celio Secondo Curione|Celio}} a {{AutoreCitato|Gaio Sallustio Crispo|Salustio}}; ma bench’egli fosse imperatore il suo giudicio depravato il fe’ riputare un maligno. Io non so se i morti godano dell’applauso, che danno i vivi all’opere loro; ma stimo ben gran ventura che i vivi veggano date all’opere loro quelle lodi che cosí di rado e con tanta difficoltá a quelle de’ morti vengono concedute. L’invidia e la malignitá sono due vizi immascherati, che senza esser conosciuti danno ferite mortali, benché non sempre i colpi loro abbiano effetto, perciò che trovano anch’essi dell’armature incantate. |
{{AutoreCitato|Quinto Ennio|Ennio}} a {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} e {{AutoreCitato|Celio Secondo Curione|Celio}} a {{AutoreCitato|Gaio Sallustio Crispo|Salustio}}; ma bench’egli fosse imperatore il suo giudicio depravato il fe’ riputare un maligno. Io non so se i morti godano dell’applauso, che danno i vivi all’opere loro; ma stimo ben gran ventura che i vivi veggano date all’opere loro quelle lodi che cosí di rado e con tanta difficoltá a quelle de’ morti vengono concedute. L’invidia e la malignitá sono due vizi immascherati, che senza esser conosciuti danno ferite mortali, benché non sempre i colpi loro abbiano effetto, perciò che trovano anch’essi dell’armature incantate. |
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