Pagina:Gli sposi promessi II.djvu/90: differenze tra le versioni

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{{Pt|grò|rallegrò}}: quindi, detestando ancora sinceramente <ref>[ciò ch’egli le avev] quello</ref> ciò che aveva veduto, se lo andava raffigurando e rimettendo nella immaginazione, per venire più chiaramente a comprendere come, perché ciò fosse avvenuto. Forse era equivoco? forse l’aveva egli presa in iscambio? Forse aveva voluto accennare qualche cosa d’indifferente? Ma più ella esaminava, più le pareva di non avere errato alla prima; e questo esame, aumentando la sua certezza, <ref>le aveva già scemato l’orrore famigliarizzandola con (''lacuna'')</ref> la andava <ref>troppo</ref> famigliarizzando con quella immagine, e diminuiva quel primo orrore e quella prima sorpresa. Cosa strana e trista! il sentimento stesso della sua innocenza le dava una certa sicurtà <ref>[di pen | a riposare il suo pen] a ripassare quelle immagini</ref> a tornare su quelle immagini: <ref>che poiché ella</ref>ella compiaceva liberamente ad una curiosità, di cui non conosceva ancora tutta l’estensione, e guardava senza rimorso e senza precauzione una colpa che non era la sua. Finalmente dopo lunga pezza, ella si levò come stanca di tanti pensieri che finivano in uno, e desiderò di trovarsi con le sue educande, con le suore, di non esser sola. Esitò alquanto su la strada che doveva fare: ripassando pel cortiletto, ella avrebbe potuto lanciare un guardo alla sfuggita dietro le spalle su quei tetti, per vedere se colui era tanto ardito da trattenervisi, <ref>[forse cosi si avreb] e per</ref> e cosi saper meglio come regolarsi... ma s’accorse tosto ella stessa che questo era un sofisma della curiosità, o di qualche cosa di peggio, e senza più esitare, <ref>per le stanze del piano superiore calò nel chiostro</ref> s’avviò pel dormitorio alla stanza dove erano le educande: qui, o fosse caso o un resto di quella esitazione, ella si affacciò ad una finestra, che aveva dirimpetto appunto quei tetti: vi guardò, vide il temerario che non si era mosso, partì tosto dalla finestra, la chiuse, e uscì <ref>di filato</ref> da quella stanza, dicendo in fretta alle educande con voce commossa: «lavorate da brave;» e se ne andò difilato a passeggiare nel giardino del chiostro. L’atto repentino e la commozione della voce non diedero nulla da pensare né alle educande né alle suore, avvezze le une e le altre agli sbalzi frequenti dell’umore della Signora. <ref>Infatti</ref> Ma ella stava peggio nel giardino che già non fosse nelle sue stanze. Le venne un pensiero che avrebbe dovuto
{{Pt|grò|rallegrò}}: quindi, detestando ancora sinceramente <ref>[ciò ch’egli le avev] quello</ref> ciò che aveva veduto, se lo andava raffigurando e rimettendo nella immaginazione, pervenire più chiaramente a comprendere come,
perché ciò fosse avvenuto. Forse era equivoco? forse l’aveva egli presa in iscambio? Forse aveva voluto accennare qualche cosa d’indifferente? Ma più ella esaminava, più le pareva di non avere errato alla prima; e questo esame, aumentando la sua certezza, <ref>le aveva già scemato l’orrore famigliarizzandola con (''lacuna'')</ref> la andava <ref>troppo</ref> famigliarizzando con quella immagine, e diminuiva quel primo orrore e quella, prima sorpresa. Cosa strana e trista! il sentimento stesso della sua innocenza le dava una certa sicurtà <ref>[di pen | a riposare il suo pen] a ripassare quelle immagini</ref> a tornare su quelle immagini: <ref>che poiché ella</ref>
ella compiaceva liberamente ad una curiosità, di cui non conosceva ancora tutta l’estensione, e guardava senza rimorso e senza precauzione una colpa che non era la sua. Finalmente dopo lunga pezza, ella si levò come stanca di tanti pensieri che finivano in uno, e desiderò di trovarsi con le sue educande, con le suore, di non esser sola. Esitò alquanto su la strada che doveva fare: ripassando pel cortiletto, ella avrebbe potuto lanciare un guardo alla sfuggita dietro le spalle su quei tetti, per vedere se colui era tanto ardito da
trattenervisi, <ref>[forse cosi si avreb] e per</ref> e cosi saper meglio come regolarsi... ma s’accorse tosto ella stessa che questo era un sofisma della curiosità, o di qualche cosa di peggio, e senza più esitare, <ref>per le stanze del piano superiore calo nel chiostro</ref> s’avviò pel dormitorio alla stanza dove erano le educande: qui, o fosse caso o un resto di quella esitazione, ella si affacciò ad una finestra, che aveva dirimpetto appunto quei tetti: vi guardò, vide il temerario che non si era mosso, parti tosto dalla finestra, la chiuse, e uscì <ref>di filato</ref> da quella stanza, dicendo in fretta alle educande con voce commossa : «lavorate da brave;» e se ne andò difilato a passeggiare nel giardino del chiostro. L’atto repentino e la commozione della voce non diedero nulla da pensare né alle educande né alle suore, avvezze le une e le altre agli sbalzi frequenti dell’umore della Signora. <ref>Infatti</ref> Ma ella stava peggio nel giardino che già non fosse nelle sue stanze. Le venne un pensiero che avrebbe dovuto