Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/410: differenze tra le versioni

 
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ella fosse, quantunque talvolta sciagura ne cogliesse ad alcuna, e volentieri avrebbe con parole la donna d’Ercolano difesa: ma per ciò che col biasimare il fallo altrui le parve dovere a’ suoi far piú libera via, cominciò a dire: — Ecco belle cose! ecco buona e santa donna che costei dèe essere! ecco fede d’onesta donna, che mi sarei confessata da lei, sì spirital mi parea! e peggio, che, essendo ella oggimai vecchia, dá molto buono esemplo alle giovani! Che maladetta sia l’ora che ella nel mondo venne, ed ella altressi che viver si lascia, perfidissima e rea femina che ella dèe essere, universal vergogna e vitupèro di tutte le donne di questa terra; la quale, gittata via la sua onestá e la fede promessa al suo marito e l’onor di questo mondo, lui, che è cosí fatto uomo e cosí onorevole cittadino e che così ben la trattava, per uno altro uomo non s’è vergognata di vituperare, e se medesima insieme con lui. Se Iddio mi salvi, di così fatte femine non si vorrebbe avere misericordia: elle si vorrebbero uccidere, elle si vorrebbon vive vive mettere nel fuoco e farne cenere! — Poi, del suo amante ricordandosi il quale ella sotto la cesta assai presso di quivi aveva, cominciò a confortar Pietro che s’andasse a letto, perciò che tempo n’era. Pietro, che maggior voglia aveva di mangiare che di dormire, domandava pure se da cena cosa alcuna vi fosse; a cui la donna rispondeva: — Sì, da cena ci ha! Noi siamo molto usate di far da cena, quando tu non ci se’! Sì, che io sono la moglie d’Ercolano! Deh! ché non vai dormi per istasera? Quanto farai meglio! — Avvenne che, essendo la sera certi lavoratori di Pietro venuti con certe cose dalla villa, ed avendo messi gli asini loro, senza dar lor bere, in una stalletta la quale allato alla loggetta era, l’un degli asini, che grandissima sete avea, tratto il capo del capestro, era uscito della stalla ed ogni cosa andava fiutando se forse trovasse dell’acqua: e cosí andando, s’avvenne per mei la cesta sotto la quale era il giovanetto; il quale avendo, per ciò che carpone gli convenia stare, alquanto le dita dell’una mano stese in terra fuori della cesta, tanta fu la sua ventura, o sciagura che vogliam dire, che questo asino ve gli pose su piede, laonde egli, grandissimo dolor sentendo, mise un grande strido.
ella fosse, quantunque talvolta sciagura ne cogliesse ad alcuna, e volentieri avrebbe con parole la donna d’Ercolano difesa: ma per ciò che col biasimare il fallo altrui le parve dovere a’ suoi far piú libera via, cominciò a dire: — Ecco belle cose! ecco buona e santa donna che costei dèe essere! ecco fede d’onesta donna, che mi sarei confessata da lei, sì spirital mi parea! e peggio, che, essendo ella oggimai vecchia, dá molto buono esemplo alle giovani! Che maladetta sia l’ora che ella nel mondo venne, ed ella altressí che viver si lascia, perfidissima e rea femina che ella dèe essere, universal vergogna e vitupèro di tutte le donne di questa terra; la quale, gittata via la sua onestá e la fede promessa al suo marito e l’onor di questo mondo, lui, che è cosí fatto uomo e cosí onorevole cittadino e che così ben la trattava, per uno altro uomo non s’è vergognata di vituperare, e se medesima insieme con lui. Se Iddio mi salvi, di così fatte femine non si vorrebbe avere misericordia: elle si vorrebbero uccidere, elle si vorrebbon vive vive mettere nel fuoco e farne cenere! — Poi, del suo amante ricordandosi il quale ella sotto la cesta assai presso di quivi aveva, cominciò a confortar Pietro che s’andasse a letto, perciò che tempo n’era. Pietro, che maggior voglia aveva di mangiare che di dormire, domandava pure se da cena cosa alcuna vi fosse; a cui la donna rispondeva: — Sì, da cena ci ha! Noi siamo molto usate di far da cena, quando tu non ci se’! Sì, che io sono la moglie d’Ercolano! Deh! ché non vai dormi per istasera? Quanto farai meglio! — Avvenne che, essendo la sera certi lavoratori di Pietro venuti con certe cose dalla villa, ed avendo messi gli asini loro, senza dar lor bere, in una stalletta la quale allato alla loggetta era, l’un degli asini, che grandissima sete avea, tratto il capo del capestro, era uscito della stalla ed ogni cosa andava fiutando se forse trovasse dell’acqua: e cosí andando, s’avvenne per mei la cesta sotto la quale era il giovanetto; il quale avendo, per ciò che carpone gli convenia stare, alquanto le dita dell’una mano stese in terra fuori della cesta, tanta fu la sua ventura, o sciagura che vogliam dire, che questo asino ve gli pose su piede, laonde egli, grandissimo dolor sentendo, mise un grande strido.