Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/290: differenze tra le versioni

 
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avevate data, lá dove io estimo che egli sia sommamente da commendare; e le ragioni son queste: l’una, perché egli ha fatto quello che amico dèe fare; l’altra, perché egli ha piú saviamente fatto che voi non avevate. Quello che le sante leggi dell’amicizia vogliono che l’uno amico per l’altro faccia, non è mia intenzione di spiegare al presente, essendo contento d’avervi tanto solamente ricordato di quelle, che il legame dell’amistá troppo piú stringa che quel del sangue o del parentado, con ciò sia cosa che gli amici noi abbiamo quali gli c’eleggiamo ed i parenti quali gli ci dá la fortuna. E per ciò, se Gisippo amò piú la mia vita che la vostra benivoienza, essendo io suo amico, come io mi tengo, niun se ne dèe maravigliare. Ma vegnamo alia seconda ragione, nella quale con piú istanza vi si convien dimostrare, lui piú essere stato savio che voi non siete, con ciò sia cosa che della provvedenza degl’iddii niente mi pare che voi sentiate, e molto men conosciate dell’amicizia gli effetti. Dico che il vostro avvedimento, il vostro consiglio e la vostra diliberazione aveva Sofronia data a Gisippo, giovane e filosofo, quel di Gisippo la diede a giovane e filosofo; il vostro consiglio la diede ad ateniese, quel di Gisippo a romano; il vostro ad un gentil giovane, quel di Gisippo ad un piú gentile; il vostro ad un ricco giovane, quel di Gisippo ad un ricchissimo; il vostro ad un giovane il quale non solamente non l’amava, ma appena la conosceva, quel di Gisippo ad un giovane il quale sopra ogni sua felicitá e piú che la propria vita l’amava. E che quello che io dico sia vero, e piú da commendare che quello che voi fatto avevate, riguardisi a parte a parte. Che io giovane e filosofo sia come Gisippo, il viso mio e gli studi, senza piú lungo sermon farne, il possono dichiarare. Una medesima etá è la sua e la mia, e con pari passo sempre proceduti siamo studiando. È il vero che egli è ateniese ed io romano. Se della gloria delle cittá si disputerá, io dirò che io sia di cittá libera, ed egli di tributaria; io dirò che io sia di cittá donna di tutto il mondo, ed egli di cittá obediente alla mia; io dirò che io sia di cittá fiorentissima d’armi, d’imperio e di studi, dove egli non potrá la sua se non di studi commendare.
avevate data, lá dove io estimo che egli sia sommamente da commendare; e le ragioni son queste: l’una, perché egli ha fatto quello che amico dèe fare; l’altra, perché egli ha piú saviamente fatto che voi non avevate. Quello che le sante leggi dell’amicizia vogliono che l’uno amico per l’altro faccia, non è mia intenzione di spiegare al presente, essendo contento d’avervi tanto solamente ricordato di quelle, che il legame dell’amistá troppo piú stringa che quel del sangue o del parentado, con ciò sia cosa che gli amici noi abbiamo quali gli c’eleggiamo ed i parenti quali gli ci dá la fortuna. E per ciò, se Gisippo amò piú la mia vita che la vostra benivolenza, essendo io suo amico, come io mi tengo, niun se ne dèe maravigliare. Ma vegnamo alla seconda ragione, nella quale con piú istanza vi si convien dimostrare, lui piú essere stato savio che voi non siete, con ciò sia cosa che della provvedenza degl’iddii niente mi pare che voi sentiate, e molto men conosciate dell’amicizia gli effetti. Dico che il vostro avvedimento, il vostro consiglio e la vostra diliberazione aveva Sofronia data a Gisippo, giovane e filosofo, quel di Gisippo la diede a giovane e filosofo; il vostro consiglio la diede ad ateniese, quel di Gisippo a romano; il vostro ad un gentil giovane, quel di Gisippo ad un piú gentile; il vostro ad un ricco giovane, quel di Gisippo ad un ricchissimo; il vostro ad un giovane il quale non solamente non l’amava, ma appena la conosceva, quel di Gisippo ad un giovane il quale sopra ogni sua felicitá e piú che la propria vita l’amava. E che quello che io dico sia vero, e piú da commendare che quello che voi fatto avevate, riguardisi a parte a parte. Che io giovane e filosofo sia come Gisippo, il viso mio e gli studi, senza piú lungo sermon farne, il possono dichiarare. Una medesima etá è la sua e la mia, e con pari passo sempre proceduti siamo studiando. È il vero che egli è ateniese ed io romano. Se della gloria delle cittá si disputerá, io dirò che io sia di cittá libera, ed egli di tributaria; io dirò che io sia di cittá donna di tutto il mondo, ed egli di cittá obediente alla mia; io dirò che io sia di cittá fiorentissima d’armi, d’imperio e di studi, dove egli non potrá la sua se non di studi commendare.