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| caption = {{Sc|mausoleo di augusto — incisione di stefano du pérac — dall’opera: «i vestigi delle antichità di roma»- roma, 1575.}}
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}} chiudesse il tempio di Giano Quirino che dalla sua fondazione una volta sola era stato chiuso. Si capirà facilmente come il «buon Augusto» dovesse solennizzare questo avvenimento con un edificio che fosse al tempo stesso un ricordo del fatto e una manifestazione del suo spirito religioso. In processione i sacerdoti e i famigliari di Augusto seguiti da una gran turba di popolo partirono dal tempio della dea Pale, sul Palatino, e sostarono ai principali santuari della città fino al Campo Marzio, che allora era un luogo paludoso e scarsamente abitato. Qui era stata innalzata una intavolatura, dietro la quale si trovava un altare provvisorio su cui vennero consumati
}} chiudesse il tempio di Giano Quirino che dalla sua fondazione una volta sola era stato chiuso. Si capirà facilmente come il «buon Augusto» dovesse solennizzare questo avvenimento con un edificio che fosse al tempo stesso un ricordo del fatto e una manifestazione del suo spirito religioso. In processione i sacerdoti e i famigliari di Augusto seguiti da una gran turba di popolo partirono dal tempio della dea Pale, sul Palatino, e sostarono ai principali santuari della città fino al Campo Marzio, che allora era un luogo paludoso e scarsamente abitato. Qui era stata innalzata una intavolatura, dietro la quale si trovava un altare provvisorio su cui vennero consumati
i sacrifici. Tre anni dopo il luogo fu cinto di mura e i due architetti della Corte di Augusto — quel Sauros e quel Batrakhos che firmavano le loro opere con la rana e la lucertola, immagini dei propri nomi e che ritroviamo un poco in tutti i monumenti
i sacrifici. Tre anni dopo il luogo fu cinto di mura e i due architetti della Corte di Augusto — quel Sauros e quel Batrakhos che firmavano le loro opere con la rana e la lucertola, immagini dei propri nomi e che ritroviamo un poco in tutti i monumenti
augustiani — eressero l’edificio marmoreo che doveva custodire l’Ara della Pace. Oramai gli scavi intrapresi da Angelo Pasqui sulla scorta del Petersen e i frammenti già portati alla luce e le tracce trovate dieci metri sotto terra ci permettono in parte di ricostruire il singolare edificio. Era questo un quadrilatero con una fronte di undici metri sopra una profondità di dieci, che formava il recinto marmoreo adorno di fregi e coronato da un prezioso bassorilievo. Una porta alta tre metri si apriva sulla facciata, in corrispondenza dell’ara, e dietro questa una porticina minore serviva al passaggio delle vittime per il sacrificio. I marmi che rivestivano le pareti esterne erano tutti adorni di greche, di tralci e di viticci, fra i quali scherzavano piccoli mammiferi, uccelletti e rettili intagliati con quella finezza che non fu mai superata nè meno dagli artisti del rinascimento. E finalmente la parte superiore era coronata dal grande bassori
augustiani — eressero l’edificio marmoreo che doveva custodire l’Ara della Pace. Oramai gli scavi intrapresi da {{Wl|Q63386277|Angelo Pasqui}} sulla scorta del {{AutoreIgnoto|Petersen}} e i frammenti già portati alla luce e le tracce trovate dieci metri sotto terra ci permettono in parte di ricostruire il singolare edificio. Era questo un quadrilatero con una fronte di undici metri sopra una profondità di dieci, che formava il recinto marmoreo adorno di fregi e coronato da un prezioso bassorilievo. Una porta alta tre metri si apriva sulla facciata, in corrispondenza dell’ara, e dietro questa una porticina minore serviva al passaggio delle vittime per il sacrificio. I marmi che rivestivano le pareti esterne erano tutti adorni di greche, di tralci e di viticci, fra i quali scherzavano piccoli mammiferi, uccelletti e rettili intagliati con quella finezza che non fu mai superata nè meno dagli artisti del rinascimento. E finalmente la parte superiore era coronata dal grande bassori-