Della moneta/Libro IV/Capo I: differenze tra le versioni

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{{Intestazione
{{Opera
|NomeCognome Nome e cognome dell'autore = Ferdinando Galiani
|TitoloOpera Titolo = Della moneta
| Iniziale del titolo = D
|NomePaginaOpera=Della moneta
| Nome della pagina principale = Della moneta
|AnnoPubblicazione=1751
|TitoloSezione Eventuale titolo della sezione o del capitolo =[[Della moneta/Libro IV|Libro IV - Del corso della moneta]]<br><br>Capo I - Del corso della moneta
| Anno di pubblicazione = 1751
| Eventuale secondo anno di pubblicazione =
| Secolo di pubblicazione = XVIII secolo
| Il testo è una traduzione? = no
| Lingua originale del testo =
| Nome e cognome del traduttore =
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| Abbiamo la versione cartacea a fronte? = no
| URL della versione cartacea a fronte =
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{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Introduzione
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|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Della moneta/Libro IV/Capo II
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Io chiamo correre la moneta quel passare ch'ella fa d'una mano in un'altra, come prezzo d'opera o di fatiche; sicché produca in colui che la dà via, acquisto e consumazione di qualche comodità; perché quando si trasferisce diversamente, fa un rigiro inutile di cui non intendo qui favellare. Così se il principe destinasse mille ducati, i quali ogni mattina dovessero trasportarsi dalla casa d'un suo suddito a quella d'un altro, un tanto giro né gioverebbe allo stato, né accrescerebbe forze o felicità, ma solo molestia e trapazzo a' cittadini. È adunque il corso della moneta un effetto, non una causa delle ricchezze; e se non si suppongono preesistenti molte merci utili che possano trafficarsi, la moneta non può far altro che un giro vano ed infruttuoso. Perciò quegli ordini che conferiscono a moltiplicar le merci venali, sono buoni; gli altri sono tutti cattivi e dannosi. Stieno in una camera chiuse cento persone con una certa somma di denaro a giuocare. Dopo lungo giuoco avrà il denaro avute certamente innumerabili vicende, ed altrettante la ricchezza e la povertà de' giuocatori; ma il totale non è né cresciuto, né diminuito mai, e nel luogo non si può dire variata la ricchezza. Vero è che il mancare il corso impedisce il proseguimento delle industrie e perciò genera povertà, come per contrario il corso veloce le fomenta: ma chi ben riguarda osserverà che il corso della moneta può ingrandire e stabilire le ricchezze già cominciate ad essere in uno stato, non generarle ove non sieno. Sicché sempre è vero che s'abbia a pensare prima ad aver merci, e poi a dar loro il corso, acciocché vendute e consumate presto le une, si dia luogo alle altre di succedere. È vero ancora che un rapido giro fa apparire una non reale ricchezza, come è là dove la nobiltà vive con lusso e spese superiori alle rendite sue, e i debiti che fa non gli paga. I nobili non si persuadono essere impoveriti; ma il mercante che numera i suoi crediti come certa ricchezza, si stima ricco e sulla creduta rendita ingrandisce la spesa; fino a che tutti e due, il nobile e il mercatante, vanno giù poveri, e troppo tardi disingannati. È dunque tanto peggiore un tale rigiro pieno di fantasmi di ricchezze, quanto è peggiore della povertà il credersi ricco e non esserlo.