Opere matematiche di Luigi Cremona/Prolusione ad un corso di geometria superiore letta nell'Università di Bologna. Novembre 1860: differenze tra le versioni

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Prolusione ad un corso di geometria superiore letta nell’Università di Bologna. Novembre 1860

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Prolusione ad un corso di geometria superiore letta nell’Università di Bologna. Novembre 1860
Sur quelques propriétés des lignes gauches de troisième ordre et classe Trattato di prospettiva-rilievo

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25.

PROLUSIONE AD UN CORSO DI GEOMETRIA SUPERIORE,

letta nell’Università di Bologna. Novembre, 1860.



Il Politecnico, volume X (1861), pp. 22-42.



..... La nuova poesia della scienza, esposta in semplice prosa, senza favole, senza persone ideali, senza iperboli, senza canto, invaghisce l’animo e lo sublima ben più che la poesia dei popoli fanciulli... O giovani poeti, non eleggete la vostra dimora nei sepolcri; lasciate al passato le sue leggende; date una melodiosa parola alla semplice e pura verità; perocchè questa è la gloria del vostro secolo; e voi non dovreste mostrarvi ingrati, torcendo li occhi dal sole nuovo della scienza a voi concesso, per tenerli confitti nei sogni della notte che si dilegua.

C. Cattaneo, Il Politecnico, volume VIII, p. 599.


Le scienze esatte, per la prodigiosa attività di geometri stranieri ed italiani di altissimo ingegno, tale incremento s’ebbero ne’ dodici lustri di questo secolo, quale non s’era visto mai in sì breve giro di tempo. I giornali scientifici e gli atti delle più operose accademie attestano ad esuberanza quante nuove teorie siano state create, quante altre mirabilmente ampliate. Le memorie nelle quali quegli illustri pensatori deposero i loro nuovi concetti e le loro scoperte sparse qua e là in tante e diverse collezioni scientifiche, si moltiplicarono per guisa che divenne impossibile anco ai più diligenti cultori tener dietro al rapido e multiforme allargarsi della scienza. Fu allora che per opera di benemeriti scrittori si pubblicarono libri, accessibili alla studiosa gioventù, ne’ quali si rivelavano sotto forme compendiose gli ultimi progressi delle matematiche. Non è a dire di quanta utilità riescano sì fatti lavori che diffondono il sapere anche fra coloro che per condizione di luogo o per difetto di mezzi pecuniari sono costretti a rimanere lontani dal movimento scientifico che si traduce nelle [p. 238 modifica] pubblicazioni periodiche e nei rendiconti accademici. E fra noi pure sono valenti matematici1 che concorsero efficacemente alla benefica impresa, benchè pur troppo le male signorie non aiutassero qui alcun nobile conato, epperò togliessero che or l’Italia possa contare sì numerosi i sacerdoti della scienza, quanti li vantano le più civili nazioni d’Europa.

Ma non bastava pubblicare opere destinate a raccogliere in brevi volumi ciò che non era possibile rinvenire che con grave spreco di tempo e fatica ne’ polverosi scaffali delle biblioteche. La vastità o la recondita profondità di alcune fra le nuove dottrine richiedeva imperiosamente ch’esse venissero bandite da apposite cattedre create nelle università o in altri istituti superiori. Ed anche a questo bisogno della crescente civiltà si soddisfece in Francia, in Germania, in Inghilterra, non però in Italia. Le nostre scuole per verità ebbero sempre parecchi e valenti professori che partecipando all’odierno progresso scientifico perfezionarono i metodi di ricerca e di dimostrazione; ma i retrivi ordinamenti scolastici, la brevità del tempo concesso alle più importanti materie e il picciol numero di cattedre impedirono che si allargasse il campo dell’istruzione universitaria, che si atterrassero le colonne erculee de’ programmi ufficiali. Che se la scienza cammina pur sempre avanti senza curarsi di pastoie governative, non era consentito a que’ nostri docenti, i quali nel silenzio de’ domestici studi seppero tener dietro al maestoso procedere delle matematiche, di far penetrare la nuova luce nelle aule del publico insegnamento. Da molto tempo nelle università d’Italia non si poterono insegnare fuor che i primi rudimenti delle scienze esatte; ed i buoni ingegni ne uscivano questo solo sapendo, esistere vaste e meravigliose dottrine di cui era lor noto appena l’alfabeto. Se non che ove cessava la scuola, soccorreva talvolta l’opera generosa d’alcun professore; che con consigli, con libri, con eccitamenti, indirizzava i giovani a quegli studi che non si eran potuti fare nella pubblica scuola. Così chi apprese un po’ di scienza lo dovette meno all’università che ai famigliari colloquii nelle domestiche pareti del maestro. Questo so essere accaduto a molti ed accadde a me; e qui io colgo l’occasione per rendere publica testimonianza di gratitudine all’illustre Brioschi, al quale devo tutto quel poco che per avventura non ignoro. [p. 239 modifica]

Le nostre facoltà universitarie, insomma, non possedettero sin qui alcuna cattedra da cui si potessero annunciare alla gioventù italiana le novelle e brillanti scoperte della scienza. Ognun vede quanto fosse indecoroso che l’istruzione, data dallo Stato, non fosse che una piccola parte di quella reclamata dalle odierne condizioni di civiltà; ma a ciò non potevan provvedere nè un governo straniero, nè governi mancipii dello straniero, pei quali l’ignoranza publica era arte potentissima di regno. Quest’era un còmpito serbato al governo nazionale; ed il governo nazionale tolse a sdebitarsene instituendo cattedre d’insegnamento superiore; nè vuolsi muover dubbio che i buoni principii sian per riuscire a splendida meta, or che all’Italia sorride sì benigna la fortuna, e che alle cose della publica istruzione presiede Terenzio Mamiani.

I regolamenti scolastici erano per la scienza un vero letto di Procuste. Impossibile agli insegnanti anche di buona volontà andar oltre i primi elementi della teorica delle equazioni, della geometria analitica, del calcolo sublime, della meccanica razionale, della geometria descrittiva. La nostra gioventù non giungeva nelle publiche scuole a conoscere i principali risultati della teorica de’ determinanti, meraviglioso stromento di calcolo algebrico, che opera prodigi non mai sospettati; della teorica delle forme binarie che tanto promosse la risoluzione delle equazioni; della teorica delle forme ternarie e quaternarie, potentissimo ausilio per la geometria delle curve e delle superficie; dell’aritmetica trascendente, per cui s’acquistarono fama non peritura Gauss, Dirichlet, Hermite, Kummer, Eisenstein, Genocchi ...; della teorica delle funzioni ellittiche ed iperellittiche nella quale brillò il genio del norvego Abel e del prussiano Jacobi, ed or ora apparvero mirabili lavori di Weierstrass, di Hermite, di Brioschi, di Betti e di Casorati, teorica stupenda che si collega a un tempo colle parti più elevate del calcolo integrale, colla risoluzione delle equazioni, colla dottrina delle serie e con quella, sì ardua e sì attraente, de’ numeri. Ebbene, ciascuno di questi magnifici rami di scienza potrà in avvenire essere svolto con alternata successione dal professore di analisi superiore.

Nelle nostre scuole l’angustia del tempo dato allo insegnare e la non proporzionata coltura de’ giovani studenti non concedevano d’addentrarsi molto nelle applicazioni dell’analisi alia geometria delle superficie; epperò quante quistioni rimanevano intatte! La teorica delle coordinate curvilinee, iniziata da Bordoni e da Gauss e poi grandemente promosse da Lamé; la ricerca delle superficie che supposte flessibili e inestensibili riescano applicabili sopra una data; il problema di disegnare con certe condizioni sopra una superficie l’imagine di una figura data su di un’altra superficie, il problema insomma della costruzione delle carte geografiche; la trigonometria sferoidica; la teorica delle linee geodetiche: tutto ciò sarà quind’innanzi esposto nella scuola di alta geodesia insieme colla dottrina de’ minimi quadrati e con altri gravissimi argomenti. [p. 240 modifica]

Ma di queste scienze, vo’ dire dell’analisi superiore e dell’alta geodesia, i primi elementi potevano essere abbozzati nei corsi d’introduzione e di calcolo sublime, onde le nostre università furono sempre dotate; forse in quelle dottrine i nostri giovani ricevevano anche prima d’ora un avviamento ad erudirsi da sè. Ma in quale scuola si adombrava anche da lungi questa vastissima scienza che chiamasi geometria superiore? Oh diciamolo francamente: in nessuna. La moderna geometria, che sotto varie forme s’insegna da molti anni in Francia, in Germania, in Inghilterra, è per le nostre università un ospite affatto nuovo; nulla ha potuto preconizzarlo finora, nemmeno farne sentire il desiderio. Ed invero, quale insegnamento geometrico hanno i nostri istituti superiori? Dopo gli elementi insegnati ne’ licei, più non accade che si parli di geometria pura. Che se in alcune università si assegna pure un anno alla geometria descrittiva, essa è però una scienza affatto speciale, e benchè mirabile nelle sue applicazioni, non può per sè dare i metodi di ricerca che appartengono esclusivamente alla geometria razionale2. Quanto rimane dell’istruzione matematica è soltanto analitico, e a stento si riserbano alcune lezioni per le applicazioni del calcolo alla scienza dell’estensione3.

La necessità di rompere questo soverchio esclusivismo dell’insegnamento superiore e di rimettere in onore i metodi geometrici senza nulla detrarre all’algoritmo algebrico voleva adunque che si instituisse una cattedra di pura geometria. E ciò era voluto anche da un’altra causa cui ho già fatto allusione. Se il nostro secolo ha procacciato all’analisi straordinari aumenti, la geometria non è certamente rimasta immobile. Poncelet, Steiner, Möbius, Chasles co’ loro meravigliosi metodi di derivazione hanno rivelato mondi sconosciuti, hanno creato una nuova scienza. Si è questa giovane figlia del genio del secolo attuale, questa splendida geometria impropriamente detta superiore e che assai meglio appellerebbesi moderna, ch’io son chiamato a farvi conoscere primo in questa gloriosa sede degli studi, onorato da un’alta fiducia della quale io vorrei non riuscissero troppo minori le mie forze.

Giovani studenti! Io non vi so ben dire quanto tempo sarà mestieri impiegare per isvolgere un corso completo di geometria superiore. Sono le prime orme che stampiamo in questo campo non per anco tentato fra noi, nè vale ora il precorrere col pensiero i risultati dell’esperienza. Ben mi piace, in questo primo giorno, in cui mi è concesso l’onore di favellare a voi intorno a tale argomento, delinearvi brevemente il programma della prima parte del medesimo corso, il programma di una delle [p. 241 modifica] principali plaghe di cui si compone il vastissimo dominio della nostra scienza, e studiarmi di porgervi un’imagine dell’estensione, della ramificazione, della maestosa bellezza delle sue dottrine. In me non sento altra forza che l’amore alla scienza, ma quest’amore è vivissimo, e me beato se esso mi darà potenza d’infondere in voi, o giovani, quella sete di studii senza la quale nulla si fa di bello e di grande!

Oggetto de’ primi nostri studi saranno le proprietà projettive delle più semplici forme geometriche, quali sono: una serie di punti in linea retta o retta punteggiata; una stella ossia fascio di rette poste in un piano e passanti per uno stesso punto; un fascio di piani passanti per una stessa retta. Ciascuna di queste forme è il complesso di più elementi in numero indefinito, soggetti ad una determinata legge: nella prima forma gli elementi sono punti allineati sopra una retta; nella seconda sono rette in un piano incrociantisi in uno stesso punto (centro della stella); nella terza sono piani vincolati dalla condizione di tagliarsi fra loro lungo una stessa retta (asse del fascio).

Noi diremo che due forme sono projettive4 quando i loro elementi sono collegati da tal legge di corrispondenza, che a ciascun elemento dell’una corrisponda un solo elemento dell’altra ed a ciascun elemento di questa un solo di quella5. Da questa semplice definizione si deduce che, fissati ad arbitrio in due forme tre elementi dell’una e tre elementi dell’altra come corrispondenti, tutto il resto cessa d’essere arbitrario, cioè ad ogni quarto elemento di una forma corrisponderà un determinato elemento dell’altra. E a questo proposito vi saranno apprese facilissime regole grafiche per costruire, dati elementi sufficienti, una forma projettiva ad una data.

Trarremo dalla data definizione un altro corollario che è della più grande importanza. Supponiamo di avere una retta finita e in essa o sul suo prolungamento sia fissato un punto; le distanze di questo dai termini della retta data, prese con opportuni segni, rispondenti al senso di lor direzione, dirannosi i segmenti in cui la retta è divisa da quel punto. Imaginate ora quattro punti in linea retta, considerati in un certo ordine; il rapporto de’ segmenti che il terzo punto determina sulla retta avente gli estremi ne’ primi due, diviso pel rapporto de’ segmenti individuati nella stessa retta dal quarto punto, è quella espressione che Möbius chiamò dapprima rapporto di doppia sezione de’ quattro punti dati (ratio bissectionalis)6, poi Steiner più brevemente [p. 242 modifica]doppio-rapporto7 e Chasles rapporto anarmonico8: denominazione seguita ora dai più.

Se invece di quattro punti in linea retta assumete quattro rette in un piano incrociantisi in un punto, ovvero quattro piani passanti per una stessa retta, e se invece de’ segmenti compresi fra punti ponete i seni degli angoli compresi da rette o da piani, voi avrete ciò che si chiama rapporto anarmonico di quattro rette o di quattro piani.

Or bene: in due forme geometriche projettive il rapporto anarmonico di quattro elementi quali si vogliono dell’una è eguale al rapporto anarmonico de’ quattro elementi omologhi nell’altra. Questa interessante proprietà è suscettibile di mirabili conseguenze in tutto il campo della geometria e serve sopra tutto a dedurre le proprietà metriche delle figure dalle loro proprietà descrittive o viceversa. Noi daremo un’attenzione speciale al caso che il rapporto anarmonico di quattro elementi sia eguale all’unità negativa; allora essi costituiscono un sistema armonico. La divisione armonica era nota anche agli antichi; anzi in Pappo Alessandrino troviamo parecchie proposizioni differenti solo per l’enunciato da certi teoremi che oggidì si fanno dipendere dalla considerazione del rapporto anarmonico.

Lo studio delle forme projettive dà luogo a molte ed importanti proprietà, parecchie delle quali si connettono colla giacitura relativa delle forme. Di sommo interesse sono quelle che nascono dal considerare due forme dello stesso genere sovrapposte l’una all’altra, cioè due serie di punti sulla stessa retta, o due stelle concentriche9, o due fasci di piani collo stesso asse. Due forme projettive sovrapposte presentano due elementi doppi, cioè due elementi che coincidono coi rispettivi corrispondenti: elementi che ponno però anche essere imaginari, ovvero in casi particolari ridursi ad uno solo, appunto come avviene delle radici di un’equazione quadratica. Le forme projettive sovrapposte ci condurranno a quella mirabile teoria che è l’involuzione. Il celebre Desargues chiamò pel primo con questo vocabolo la proprietà segmentaria de’ sei punti in cui una sezione conica ed i lati di un quadrangolo inscritto sono segati da una trasversale qualunque. Chasles però, questo principe de’ moderni geometri francesi, al quale è dovuta tanta parte de’ recenti progressi della geometria, ha fondato la dottrina dell’involuzione sopra nozioni assai più semplici. Se voi imaginate sovrapposte l’una all’altra due forme geometriche dello stesso genere, un elemento qualunque potrà indifferentemente considerarsi come spettante all’una o all’altra forma, onde ad esso corrisponderanno in generale due elementi distinti, cioè l’uno o l’altro secondo [p. 243 modifica] che quel primo si attribuisca a questa o a quella forma. Ma la sovrapposizione può sempre essere fatta in modo che quei due elementi omologhi al primo imaginato coincidano fra loro, cioè a un dato elemento ne corrisponda un altro unico, qualunque sia la forma a cui quello si faccia appartenere. A questa speciale sovrapposizione di due forme projettive si dà appunto il nome d’involuzione.

Queste teorie, improntate di tanta generalità, riescono nell’esposizione sì semplici e facili che ad intenderle basta anco la sola conoscenza degli elementi di Euclide. Ma è ancor più mirabile l’estensione e l’importanza delle loro applicazioni. Quelle teorie costituiscono un vero stromento per risolvere problemi e ricercare proprietà: stromento non meno sorprendente per la sua semplicità che per la sua potente efficacia. E perchè l’utilità di queste dottrine sia da voi sentita in tutta la sua pienezza, io tenterò di svolgervele non nel solo aspetto delle proprietà descrittive, ma anche in quello non meno importante delle relazioni metriche: nel quale cammino mi servirà di stella polare il metodo di Chasles. Voi vedrete adunque, allato ai teoremi di posizione svilupparsi quelle serie di equazioni fra segmenti di rette, di cui il grande geometra francese ha fatto un uso veramente magico e che fecero dare alla sua geometria l’espressivo epiteto di segmentaria10.

Ho parlato di applicazioni e vo’ citarvene alcuna. Le proprietà armoniche e involutorie del quadrilatero e del quadrangolo complete, le relazioni fra i segmenti determinati da un poligono qualunque su di una trasversale, molti teoremi analoghi ai celebri porismi di Euclide e di Pappo e relativi ad un poligono che si deformi sotto condizioni date, il teorema di Desargues su due triangoli che abbiano i vertici a due a due per diritto con uno stesso punto dato, una serie di teoremi sui triangoli inscritti gli uni negli altri ed analoghe proposizioni per la geometria nello spazio: tutto ciò voi vedrete emergere come ovvie conseguenze, quasi senza bisogno di dimostrazioni apposite, dalle premesse teorie. Queste medesime offrono immediatamente le più semplici e generali soluzioni di tre problemi famosi appo gli antichi, per ciascun de’ quali Apollonio Pergeo aveva scritto un trattato ad hoc, cioè i problemi della sezione determinata, della sezion di ragione e della sezion di spazio. La soluzione di questi problemi riducesi alla costruzione de’ punti doppi di due punteggiate projettive sovrapposte, e rientra in un metodo che ha molta analogia colla regola di falsa posizione in aritmetica: metodo che è suscettibile d’essere applicato ad un gran numero di quistioni diversissime, e fra le altre alla seguente: dati due poligoni d’egual numero di lati, costruirne un terzo che sia inscritto nel primo e circoscritto al secondo11. [p. 244 modifica] Finalmente, quelle stesse teorie danno la chiave per isciogliere il famoso enimma de’ porismi d’Euclide, che per tanti secoli ha eccitato invano la curiosita de’ geometri: enimma che ora ha cessato di esser tale, mercè la stupenda divinazione fattane da Michele Chasles12.

Nè qui lo studio delle forme geometriche più semplici sara finito per noi; anzi ci resterà a svilupparne la parte più bella e più attraente. Concepite in un piano due punteggiate o due stelle projettive; subito vi balenerà al pensiero questo problema, quale è la curva inviluppata dalla retta che unisce due punti omologhi delle due punteggiate, e quale è il luogo del punto ove s’intersecano due raggi corrispondenti delle due stelle? In entrambi i quesiti la curva richiesta è una sezione conica che nel primo caso tocca le due rette punteggiate e nel secondo passa pei centri dei due fasci. Reciprocamente: prendete una conica qualunque e due sue tangenti fisse, scelte ad arbitrio; quindi una tangente mobile scorra intorno alla curva pigliando tutte le posizioni possibili di una retta toccante; ebbene, i punti di successiva intersezione della tangente mobile colle tangenti fisse formeranno, su di queste, due punteggiate projettive. Ovvero imaginate sulla conica due punti fissi ed un punto mobile che percorra la curva: le rette congiungenti i due punti fissi al punto mobile genereranno due fasci proiettivi.

Nulla v’ha di più fecondo, per la teoria delle coniche, di questi due meravigliosi teoremi, trovati, io credo, simultaneamente da Chasles e da Steiner. II segreto della grande fecondita de’ due teoremi sta in cio che il primo di essi esprime una proprieta di sei tangenti e l’altro una proprieta di sei punti di una eonica. Dico sei: perche fissate quattro posizioni dell’elemento mobile, e queste vi daranno insieme coi due elementi fissi due sistemi di quattro punti o di quattro rette; scrivete l’eguaglianza de’ rapporti anarmonici ed avrete espressa la proprieta di cui si tratta.

Immediate conseguenze delle suenunciate proposizioni sono i due famosi teoremi di Pascal e di Brianchon esprimenti quello che i punti d’incontro de’ lati opposti di un esagono inscritto in una conica sono in linea retta, e questo che le rette congiungenti i vertici opposti di un esagono circoscritto concorrono in uno stesso punto. Il secondo teorema si ricava dal primo in virtù del principio di dualità. Questo principio, in quanto si applichi alle sole proprietà descrittive, è un semplice assioma, cioè non ha bisogno di alcuna dimostrazione o preparazione, e consiste in ciò che ogni teorema di geometria piana dà luogo ad un altro che si ricava dal primo permutando le parole punto e retta; ed analogamente per la geometria nello spazio scambiando punto e piano. Fin dalle prime lezioni della scienza di cui qui v’intrattengo, voi vedrete sorgere spontaneo, naturale il concetto di questa dualità delle proprietà [p. 245 modifica]geometriche: dualità per la quale, di due teoremi correlativi basta provarne un solo, perchè anche l’altro ne risulti irresistibilmente dimostrato. Così le proprietà delle stelle e dei fasci di piani si deducono da quelle delle punteggiate e viceversa; i due teoremi di Steiner l’uno dall’altro; il teorema di Briancon da quello di Pascal o questo da quello. Nulla di più facile che effettuare questa deduzione di teoremi, la quale si riduce ad un mero meccanismo.

Il principio di dualità, invece d’essere assunto come verità intuitiva e primordiale, può fondarsi su di un’importante proprietà delle coniche e delle superficie di second’ordine. Supponiamo d’avere una conica e nel suo piano un punto fisso pel quale si conduca una trasversale a segare la curva in due punti; cerchiamo su questa retta il quarto punto coniugato armonico di quello fisso rispetto alle due intersezioni. Ora, se si fa ruotare la trasversale intorno al punto fisso, il quarto punto cambiando di posizione genererà una retta. Consideriamo poi questa retta e da ogni suo punto guidinsi due tangenti alla conica, indi trovisi la coniugata armonica della retta stessa rispetto alle due tangenti; or bene, questa coniugata armonica passerà costantemente per quel punto fisso, assunto da principio. Dunque ad ogni punto nel piano della conica corrisponde una certa retta individuata, e viceversa a questa retta corrisponde quel punto. Il punto chiamasi polo della retta e la retta polare del punto. Se il polo si muove generando una retta, la polare ruota intorno ad un punto che è il polo di questa. Se il polo varia descrivendo una conica, la polare si muove inviluppando un’altra conica, i punti della quale sono i poli delle tangenti della prima. In generale, se il polo percorre una curva dell’ordine n (cioè tale che una retta arbitraria la seghi in n punti), la polare invilupperà una curva della classe n (cioè tale che da un punto qualunque le possano esser condotte n tangenti). Così ogni figura dà luogo ad un’altra nella quale i punti sono i poli delle rette nella prima e le rette sono le polari dei punti nella stessa. A tali due figure si dà il nome di polari reciproche13. Noi le vedremo poi riapparire come caso particolare di una teoria più generale.

Voi vedete che le polari reciproche dipendono da una conica assunta come direttrice. Si può farne senza ove si tratti di proprietà meramente descrittive, poichè per queste il principio di dualità è primordiale e assoluto. Ma all’incontro le relazioni metriche e le angolari vogliono che si abbia a fissare la natura e la posizione della conica direttrice. Allora ciò che si perde in semplicità, si guadagna in fecondità; poichè per ogni conica direttrice si hanno speciali teoremi che servono alla trasformazione di tali relazioni; epperò, data una proposizione involgente lunghezze di rette o aree di figure o funzioni goniometriche, si potranno in generale derivare tante [p. 246 modifica]posizioni polari reciproche della data, più o meno diverse fra loro, quante sono le differenti coniche che si ponno assumere come direttrici.

La teoria delle polari reciproche si estende allo spazio, pigliando a considerare una superficie di second’ordine. Se per un punto fisso si conduce una trasversale arbitraria che incontri la superficie in due punti e si cerca il coniugato armonico di quello fisso, il luogo di questo quarto punto è un piano che chiamasi piano polare del punto dato (polo).

La superficie sferica poi presenta, nelle figure supplementari, un genere di dualità che non ha riscontro nella geometria piana. La dualità supplementare sferica è certamente la più perfetta, la più semplice e la più elegante che s’incontri nella scienza dell’estensione; la reciprocità vi è assoluta, senz’alcun bisogno di ricorrere a curve direttrici, e la trasformazione si applica colla stessa facilità alle proprietà descrittive, metriche ed angolari.

I due teoremi di Steiner e Chasles, che vi ho dianzi enunciati, hanno i loro analoghi nella geometria solida, benchè questi non presentino, sotto un certo aspetto, la stessa generalità di quelli. Siano date due punteggiate projettive non situate nello stesso piano: quale è la superficie luogo della retta che unisce due punti omologhi? Ovvero siano dati due fasci projettivi di piani: qual è la superficie luogo della retta intersezione di due piani corrispondenti? In entrambi i problemi la superficie richiesta è di second’ordine, cioè un iperboloide ad una falda in generale, ma in casi speciali un paraboloide iperbolico o un cono o un cilindro. Questi teoremi somministrano immediatamente i due sistemi di generatrici rettilinee delle superficie gobbe di second’ordine. Viceversa due generatrici, dello stesso sistema, di una superficie gobba di second’ordine sono divise projettivamente dalle generatrici dell’altro sistema, e con queste danno luogo anche a due fasci projettivi di piani.

L’illustre Chasles ha trovato inoltre che la linea luogo geometrico del punto intersezione di tre piani omologhi in tre fasci projettivi è del terz’ordine a doppia curvatura14, cioè è l’intersezione di due coni di second’ordine aventi una generatrice rettilinea comune. In virtù del principio di dualità, da questo teorema si conclude quest’altro che il piano determinato da tre punti omologhi in tre punteggiate projettive nello spazio inviluppa una superficie sviluppabile della terza classe (e del quart’ordine), epperò per un altro teorema dello stesso autore, è osculatore di una linea a doppia curvatura del terz’ordine.

Da questi teoremi fondamentali discende immediatamente tutta la teoria delle superficie rigate di second’ordine e delle curve gobbe del terzo. [p. 247 modifica]

Sin qui non abbiamo considerato che le più semplici forme geometriche: rette punteggiate, stelle e fasci di piani. Ora saliamo allo studio di forme più complesse.

Un piano può considerarsi come luogo di punti e rette, cioè come una forma geometrica, gli elementi della quale siano punti e rette. Due piani si diranno projettivi quando ad ogni punto e ad ogni retta in ciascun di essi corrisponda nell’altro un punto ed una retta, ovvero una retta ed un punto rispettivamente. Nel primo caso i piani projettivi diconsi omografici o collineari, nel secondo correlativi. In due piani projettivi, ad una curva dell’ordine n corrisponde un’altra curva che è dell’ordine n pur essa se le due forme sono omografiche, e invece è della classe n se le due forme sono correlative. Per quanto sia generale la definizione di due piani projettivi omografici, pure ha luogo questa interessante proprietà: i due piani si ponno sempre (in infiniti modi) talmente situare che le rette congiungenti a due a due i punti omologhi concorrano in uno stesso punto; nella qual giacitura le due forme sono l’una la prospettiva dell’altra.

Se due piani projettivi omografici non giacciono prospettivamente ma comunque, due rette omologhe non sono in generale nello stesso piano; pure vi sono infinite coppie di rette omologhe che hanno tale proprietà, e i piani da esse individuati sono tutti osculatori di una curva gobba del terz’ordine15.

Se si sovrappongono i piani di due figure omografiche, in modo affatto arbitrario, sempre avverrà che almeno uno e in generale al più tre punti coincidano coi rispettivi corrispondenti. Questi tre punti formano un triangolo i cui lati sono rette sovrapposte alle loro omologhe. È interessante il tener dietro alle successive variazioni che subisce questo triangolo quando si faccia scorrere l’un piano sull’altro. Ma la sovrapposizione de’ due piani può sempre essere fatta in modo che le rette congiungenti i punti omologhi concorrano in uno stesso punto; allora i punti d’intersezione delle rette omologhe cadono su di una stessa retta. Tale disposizione delle due figure o de’ due piani omografici, che ha la più perfetta analogia colla prospettiva, dicesi omologia; quel punto e quella retta appellansi centro e asse d’omologia. Se l’asse d’omologia è a distanza infinita, si ha l’omotetia. Se invece è il centro di omologia a distanza infinita, le due figure sono derivabili l’una dall’altra mediante una deformazione consistente in un aumento o decremento proporzionale delle ordinate relative ad un asse fisso.

Quando due piani omografici sono sovrapposti, ossia quando due forme omografiche sono in uno stesso piano, ad un punto qualunque di questo piano corrispondono due punti distinti, l’uno o l’altro cioè secondo che quello si risguardi come appartenente alla prima o alla seconda forma. Ma v’ha un caso speciale e interessantissimo, [p. 248 modifica]compreso nell’omologia, nel quale que’ due punti coincidono, cioè ad ogni punto del piano ne corrisponde un’altro unico, a qualunque forma venga quello attribuito. Questo caso dicesi omologia armonica (Bellavitis) od involuzione nel piano (Möbius).

Voi avrete frequenti occasioni d’incontrare quest’incontestabile verità, la quale a primo aspetto sembra un paradosso: che tutt’i punti dello spazio i quali siano a distanza infinita si ponno risguardare come appartenenti ad un unico piano, e per conseguenza i punti a distanza infinita di un dato piano giacciono in linea retta. In due forme omografiche, questa verità emerge confermata dal fatto che ad un sistema di rette parallele nell’una forma corrisponde nell’altra un sistema di rette concorrenti in un punto; il qual punto, ove si muti la direzione di quelle rette parallele, genera una linea retta, che corrisponde per conseguenza all’infinito della prima forma. Ciascuna forma ha dunque in generale una retta a distanza finita, i punti della quale corrispondono ai punti a distanza infinita nell’altra. Ma vi ha un caso particolare dell’omografia nel quale all’infinito dell’una forma corrisponde l’infinito nell’altra, cioè a rette parallele corrispondono rette parallele. Tale specie di omografia chiamasi affinità (Eulero), e per essa ha luogo la proprietà che il rapporto delle aree di due porzioni corrispondenti delle date forme è costante. Quando questo rapporto sia l’unità, si ha l’equivalenza.

Si considerino ora due piani projettivi correlativi e si suppongano sovrapposti l’uno all’altro in modo del tutto arbitrario. Allora, se si ricerca il luogo dei punti che vengono a cadere nelle rispettive rette omologhe, si trova che quei punti sono in una conica e che le rette ad essi corrispondenti inviluppano un’altra conica. Le due coniche hanno doppio contatto (reale o imaginario), e i due punti di contatto col punto di segamento delle tangenti comuni sono i soli che, considerati come appartenenti all’una o all’altra forma, abbiano in entrambi i casi la stessa retta corrispondente. Quei due punti poi che corrispondono alla retta all’infinito, attribuita questa or alla prima ed ora alla seconda forma, chiamansi centri delle due forme e danno luogo a importanti considerazioni. Noi avremo a studiare l’alterarsi di forma e di posizione delle due coniche fondamentali, quando i due piani correlativi si facciano scorrere l’uno sull’altro. Se la sovrapposizione è tale che i due centri coincidano in un punto solo, questo riesce il centro comune delle due coniche che sono in tal caso anche omotetiche. Messi i piani in tal posizione l’uno sull’altro, se mantenendo fisso il primo, si fa ruotare il secondo intorno al centro comune, le due coniche si vanno deformando pur mantenendosi sempre concentriche ed omotetiche; ma la rotazione può esser fatta di tale ampiezza che le due coniche vengano a ridursi ad una sola. Allora un punto qualunque avrà per corrispondente un’unica retta, sia esso aggiudicato all’uno o all’altro piano; e questa retta non sara altro che la polare del punto relativamente alla [p. 249 modifica]conica suaccennata. Dunque due sistemi piani correlativi ponno sempre essere sovrapposti in guisa da riuscire polari reciproci16.


Passeremo poi a studiare le forme geometriche più generali, composte di punti, rette e piani disposti nello spazio secondo leggi quali si vogliano. Due tali forme (o sistemi) diconsi projettive quando ad un punto, ad una retta, ad un piano in ciascuna d’esse corrispondano nell’altra rispettivamente un punto, una retta ed un piano (omografia o collineazione), ovvero un piano, una retta ed un punto (correlazione).

L’omografia comprende un caso interessantissimo ed è la così detta omologia o prospettiva in rilievo che ha luogo quando due punti corrispondenti sono costantemente in linea retta con un punto fisso (centro d’omologia), e due piani corrispondenti si segano in una retta posta in un piano invariabile (piano d’omologia). Nell’omologia, in generale, a ciascun punto dello spazio ne corrispondono due distinti, secondo il sistema a cui quel punto si riferisce. Ma, come caso particolare, se si suppongono coincidenti i due piani che corrispondono all’infinito, allora ad ogni punto e ad ogni piano non corrisponde che un punto od un piano, a qualunque sistema si faccia appartenere quel punto o quel piano. Questa omologia speciale dicesi armonica od involutoria. Dicesi armonica perchè la retta congiungente due punti coniugati è divisa armonicamente dal centro e dal piano di omologia, e l’angolo di due piani coniugati è diviso armonicamente dal piano d’omologia e dal piano condotto pel centro d’omologia e per la retta comune ai due piani anzidetti. La denominazione involutoria poi esprime il concetto che un punto qualunque, sia riferito all’uno o all’altro sistema, ha sempre lo stesso corrispondente.

V’ha un’altra specie di omografia involutoria nello spazio, che non è compresa nell’omologia, e che il signor Möbius17 denomina involuzione di seconda specie, per distinguerla dall’omologia armonica ch’ei chiama involuzione di prima specie. Mentre nell’involuzione di prima specie i punti doppi, cioè i punti che coincidono coi loro coniugati, sono, oltre il centro d’omologia, tutti quelli del piano d’omologia; invece nell’involuzione di seconda specie i punti doppi sono in due rette (reali o imaginarie) non situate in uno stesso piano. Ogni retta congiungente due punti coniugati è incontrata dalle due rette doppie, e da esse divisa armonicamente; e così pure ogni retta intersezione di due piani coniugati incontra le rette doppie e con esse determina due piani che dividono armonicamente l’angolo de’ due piani coniugati. [p. 250 modifica]

Dati nello spazio due sistemi correlativi, d’una costruzione affatto generale, ad un punto qualunque corrispondono due piani diversi, secondo che quello si risguardi appartenente al primo o al secondo sistema. Ricercando se ed ove siano i punti situati nei loro propri piani omologhi, si trova il luogo di tali punti essere una superficie di second’ordine, mentre i piani corrispondenti ai punti stessi inviluppano un’altra superficie dello stesso ordine. Le due superficie hanno in comune quattro rette, formanti un quadrilatero gobbo, le quali hanno sè stesse per rispettive rette corrispondenti. In un caso speciale di sistemi correlativi le due superficie menzionate ponno coincidere in una sola; allora i due sistemi sono polari reciproci: ad ogni punto dello spazio, a qualunque sistema si riferisca, corrisponde un solo piano, il quale è precisamente il piano polare del punto rispetto a quell’unica superficie di second’ordine.

Oltre le polari reciproche, v’ha un altro genere interessantissimo di sistemi correlativi reciproci, tali cioè che ogni punto abbia un solo piano corrispondente. Questi altri sistemi correlativi che primo Möbius18 fece scopo di sue ricerche, e che Cayley19 denominò reciproci gobbi, hanno questo carattere distintivo che ogni punto giace nel piano che gli corrisponde. La meccanica razionale e la geometria offrono parecchie e diverse costruzioni di tali sistemi.


Nel discorso che or qui vi tengo non ho fatto allusione che alle proprietà descrittive de’ sistemi projettivi nel piano e nello spazio come quelle che si lasciano enunciare assai facilmente, senza bisogno di ricorrere a simboli algebrici. Ma nelle lezioni a cui preludo avrò un riguardo ancor maggiore alle relazioni metriche, essendo io convinto della verità di queste parole del grande geometra di Francia: “in generale, le relazioni metriche delle figure sono ancora più importanti e più utili a conoscersi che le loro relazioni puramente descrittive, perchè quelle sono suscettibili di più estese applicazioni, e del resto esse bastano quasi sempre da sè sole per arrivare alla scoperta delle proprietà descrittive20„. E le relazioni metriche, mentre sono inesauribilmente feconde di importantissimi risultati, sono pur facilissime a trovarsi, e tutte, in sostanza, si deducono da quest’unico teorema:

Dati due sistemi projettivi, il rapporto anarmonico di quattro punti in linea retta o di quattro raggi di una stella o di quattro piani di un fascio in un sistema è eguale al rapporto anarmonico de’ quattro elementi corrispondenti nell’altro sistema. [p. 251 modifica]

Questo teorema, così semplice, eppure così universalmente fecondo, è la base, e il tipo di tutte le relazioni metriche trasformabili projettivamente ed è ad un tempo l’anello di congiunzione fra le proprietà metriche e le descrittive.

La teoria delle figure correlative contiene in sè un principio generale di trasformazione delle figure — il principio di dualità — principio che è un vero stromento di ricerche, potentemente efficace in tutta l’estensione dello scibile geometrico. Dato un teorema risguardante un certo sistema di enti geometrici, applicategli un metodo di trasformazione e voi n’avrete un altro teorema, in generale non meno importante. In questo modo dalle proprietà dei sistemi di punti voi potrete dedurre quelle de’ sistemi di rette o di piani; dalla teoria delle curve e delle superficie, considerate come luoghi di punti, si ricava la dottrina delle curve e delle superficie risguardate come inviluppi di rette o di piani; e i teoremi concernenti le linee a doppia curvatura somministrano teoremi relativi alle superficie sviluppabili; e reciprocamente.

L’omografia è lo sviluppo di un principio assai generale di deformazione delle figure, il quale è un altro potentissimo mezzo d’invenzioni geometriche. Mentre il principio di dualità serve a trovare proprietà affatto differenti da quelle che sono proposte, invece l’omografia è un metodo di generalizzazione delle proprietà dell’estensione. Sì fatta generalizzazione può esser fatta in due maniere distinte che danno luogo a questi due enunciati:

“Conoscendo le proprietà di una certa figura, concluderne le analoghe proprietà di un’altra figura dello stesso genere ma di una costruzione più generale.

“Conoscendo alcuni casi particolari di una certa proprietà generale incognita di una figura, concluderne questa proprietà generale21„.

La straordinaria potenza di questi due stromenti d’invenzione, la dualità e l’omografia, apparirà luminosamente dimostrata dalle applicazioni che ne faremo alla teoria delle coniche e delle superficie di second’ordine. Vedremo come i due principi di trasformazione e di deformazione servono a generalizzare le note proprietà de’ fuochi e dei diametri coniugati e conducano alla fecondissima teoria degli assi coniugati relativi ad un punto, teoria dovuta per intero all’illustre Chasles. Le proprietà delle coniche, che si connettono alle rette coniugate, ai triangoli coniugati, alle rette di sintosi, ai centri di omologia; la teoria delle coniche omofocali, e delle coniche circoscritte ad uno stesso quadrangolo o inscritte in uno stesso quadrilatero; la teoria degli archi di sezione conica a differenza rettificabile; le proprietà de’ poligoni inscritti o circoscritti; la teoria delle superficie di second’ordine omologiche; quella delle coniche focali od eccentriche nelle superficie di second’ordine; le proprietà de’ coni di second’ordine e [p. 252 modifica]delle coniche sferiche; la traslazione delle proprietà della sfera allo sferoide schiacciato; la costruzione de’ bassorilievi: eccovi una magnifica serie di studi che tutti si presentano non altrimenti che quali applicazioni de’ due grandi principii di dualità e d’omografia22.

Voi avete così un programma che abbraccia una grande divisione della geometria superiore. In ulteriori corsi di lezioni vi potranno essere svolte altre parti della scienza: quali sono la teoria generale delle trasformazioni geometriche, delle quali l’omografia e la correlazione sono due semplici esempi; la teoria generale delle curve piane ed in ispecie di quelle del terz’ordine; le proprietà delle linee a doppia curvatura e delle superficie di terz’ordine; ecc.

Io m’avviso che scopo della istituzione di questa cattedra sia quello non pur di sviluppare alcune serie di proprietà di curve e di superficie, ma sì anche d’ammaestrare l’italiana gioventù in que’ meravigliosi metodi puramente geometrici che sinora non si esposero mai nelle nostre università, eppure sono una delle più belle glorie della scienza odierna. I metodi algoritmici vennero coltivati sinora esclusivamente, ed è necessario che si continui ad insegnarli, perchè in quell’immenso campo di ricerche, per le quali è propria l’analisi algebrica, null’altro vale ad emularne la potenza e la rapidità. Ma, la Dio mercè, anche la geometria comincierà pur una volta ad essere studiata non solo per isbieco nelle applicazioni del calcolo, ma con metodi suoi proprî, coi metodi che costituiscono l’essenza delle grandiose scoperte del nostro secolo. Di questi metodi geometrici io farò uso nell’insegnamento giovandomi di quanto scrissero i grandi maestri Steiner, Chasles e Möbius, i quali ai nostri tempi hanno rinnovato i miracoli de’ più famosi antichi, Euclide, Archimede, Apollonio.


Giovani alunni, che v’accingete a seguirmi in questo corso di geometria moderna, non v’accostate che con saldo proposito di studi pertinaci. Senza un’incrollabile costanza nella fatica non si giunge a possedere una scienza. Se questo nobile proposito è in voi, io vi dico che la scienza vi apparirà bella e ammiranda, e voi l’amerete così fortemente che d’allora in poi gli studi intensi vi riusciranno una dolce necessità della vita. Me fortunato se potessi raggiungere lo splendido risultato d’invogliare questa generosa gioventù allo studio ed al culto di una grande scienza che ha già procacciato tanta gloria agli stranieri e che fra noi non ha che rarissimi e solitari cultori! [p. 253 modifica]

Respingete da voi, o giovani, le malevole parole di coloro che a conforto della propria ignoranza o a sfogo d’irosi pregiudizi vi chiederanno con ironico sorriso a che giovino questi ed altri studi, e vi parleranno dell’impotenza pratica di quegli uomini che si consacrano esclusivamente al progresso di una scienza prediletta. Quand’anche la geometria non rendesse, come rende, immediati servigi alle arti belle, all’industria, alla meccanica, all’astronomia, alla fisica; quand’anche un’esperienza secolare non ci ammonisse che le più astratte teorie matematiche sortono in un tempo più o meno vicino applicazioni prima neppur sospettate; quand’anche non ci stesse innanzi al pensiero la storia di tanti illustri che senza mai desistere dal coltivare la scienza pura, furono i più efficaci promotori della presente civiltà — ancora io vi direi: questa scienza è degna che voi l’amiate; tante sono e così sublimi le sue bellezze ch’essa non può non esercitare sulle generose e intatte anime dei giovani un’alta influenza educativa, elevandole alla serena e inimitabile poesia della verità! I sapientissimi antichi non vollero mai scompagnata la filosofia, che allora era la scienza della vita, dallo studio della geometria, e Platone scriveva sul portico della sua accademia: Nessuno entri qui se non è geometra. Lungi dunque da voi questi apostoli delle tenebre; amate la verita e la luce, abbiate fede ne’ servigi che la scienza rende presto o tardi alla causa della civiltà e della libertà. Credete all’avvenire! questa è la religione del nostro secolo.

O giovani felici, cui fortuna concesse di assistere ne’ più begli anni della vita alla risurrezione della patria vostra, svegliatevi e sorgete a contemplare il novello sole che fiammeggia sull’orizzonte! Se la doppia tirannide dello sgherro austriaco e del livido gesuita vi teneva oziosi e imbelli, la libertà invece vi vuole operosi e vigili. Nelle armi e ne’ militari esercizi rinvigorite il corpo; negli studî severi e costanti spogliate ogni ruggine di servitù e alla luce della scienza imparate ad esser degni di libertà. Se la voce della patria vi chiama al campo, e voi accorrete, pugnate, trionfate o cadete, certi sempre di vincere: le battaglie della nostra indipendenza non si perdono più. Ma se le armi posano, tornate agli studî perocchè anche con questi servite e glorificate l’Italia. L’avvenir suo è nelle vostre mani; il valore de’ suoi prodi la strapperà tutta dalle ugne dello straniero, ma ella non durerebbe felice e signora di sè ove non la rendesse onoranda e temuta il senno de’ suoi cittadini. Ancora una volta dunque, o giovani, io vi dico: non la turpe inerzia che sfibra anima e corpo, ma i militari e li scientifici studi vi faranno ajutatori alla grandezza di questa nostra Italia, che sta per rientrare, al cospetto dell’attonita Europa, nel consorzio delle potenti e libere nazioni, con una sola capitale, Roma, con un solo re, Vittorio Emanuele, con un solo e massimo eroe, Garibaldi.

Bologna, novembre 1860.

Note

  1. Servan d’esempio: Brioschi per l’aureo suo opuscoletto di statica, per la teorica de’ determinanti ch’ebbe traduttori in Francia ed in Germania, e per quella de’ covarianti in corso di publicazione; Bellavitis per molte importanti memorie in parte originali e in parte dirette a far conoscere ai nostri giovani i progressi della scienza fuor d’Italia; Faà Di Bruno per la sua teoria dell’eliminazione; Betti per una monografia sulle funzioni ellittiche, in parte pubblicata; ecc. ecc.
  2. Chasles, Discours d’inauguration du cours de géométrie supérieure, p. LXXV.
  3. Si eccettui però l’università di Pavia, ove il chiarissimo prof. A. Gabba, mio maestro, insegna la geometria superiore già da parecchi anni.
  4. Steiner, Systematische Entwicklung der Abhängigkeit geometrischer Gestalten von einander, Berlin 1832.
  5. [p. 495 modifica]Cfr. nota [42].
  6. Möbius, Der barycentrische Calcul, Leipzig 1827, p. 244.
  7. Steiner, Systematische Entwicklung u. s. w. p. 7.
  8. Chasles, Aperçu historique sur l’origine et le développement des méthodes en géométrie, Bruxelles 1837, p. 34.
  9. [p. 495 modifica]Aggiungasi: «e complanari».
  10. Terquem, Nouvelles Annales de Mathématiques, t. XVIII, p. 445.
  11. Chasles, Traité de Géométrie supérieure, Paris 1852, p. 212.
  12. Chasles, Les trois livres de porismes d’Euclide, Paris 1860.
  13. Poncelet, Mémoire sur la théorie générale des polaires réciproques; giornale di Crelle, t. IV.
  14. Compte Rendu, 10 agosto 1857.
  15. Seydewitz, Grunert’s Archiv, t. X. — Schröter, giornale di Crelle, t. 56.
  16. Plücker, System der analyt. Geometrie, Berlin, 1835; p. 78 e seg.
  17. Berichte über die Verhandlunen der K. Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig; Mathematisch-physische Classe. 1856, Heft 2.
  18. Giornale di Crelle, t. X, p. 317.
  19. Giornale di Crelle, t. XXXVIII.
  20. Chasles, Mémoire sur deux principes généraux de la science, la dualité et l’homographie (che fa seguito all’Aperçu historique), p. 775.
  21. Aperçu historique, p. 262.
  22. Veggansi le Note 4ª, 28ª, 31ª e 32ª dell’Aperçu e la Memoria che vi fa seguito, indi due Memorie del medesimo autore, sui coni e sulle coniche sferiche, nel tomo VI des Nouveaux Mémoires de l’Académie royale des sciences et belles-lettres, Bruxelles 1830. Inoltre si legga l’aureo libro del sig. Jonquières: Mélanges de Géométrie pure, Paris 1856.