Del danno che avverrebbe allo Stato Pontificio: differenze tra le versioni

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Io non dovrei qui trattenermi a singolarmente enunciare tutti i vantaggi che deriveranno dalla tanto sospirata riunione dei due mari; essendoché quanti hanno scritto sulla utilità delle strade ferrate in Italia, non escluso voi sig. cavaliere, ne han ragionato. Ma perché quanto sarò per dire a sostegno del mio assunto intieramente parte dal fatto che utilissima sarà per risultare allo Stato Pontificio questa riunione dei due mari se a traverso delle sue provinole venga operata; mi è giuoco forza spendere su di ciò qualche parola. Nel che nulla porrò del mio, ma varrommi intieramente delle idee di chi mi ha preceduto, e specialmente del bellissimo discorso sulle strade ferrate negli stati della Chiesa, testé pubblicato con molta dottrina dall'esimio architetto CARLO PONTANI.
 
Dacché il commercio di oriente (il massimo dei commerci del mondo) fu rapito alla Italia dal passaggio del Capo di buona speranza e, abbandonato il Mediterraneo, si diediè a percorrere il vasto Oceano, noi non abbiamo avuti progressi commerciali di sorta alcuna: che anzi, limitati a scarso commercio interno, abbiamo totalmente perduto l'esterno. Ora però che il commercio asiatico-europeo viene ricondotto a traverso di quel Mediterraneo che ne fu già signore; ora in cui in seguito dei fortunati tentativi dell'inglese sig. Warghorn l'intero commercio fra l'Indie e l'Europa nella principalissima veduta di economizzare particolarmente il tempo, deviando dall'attuale via, prenderà quella dell'Istmo di Suez <ref>Galli, pag. 47.</ref>: l'Italia, mercé la sua mirabile posizione, entra in una novella età commerciale perché, centro del commercio stesso, dovrà riprendere gran parte nel suo gran movimento.
 
Il Mediterraneo (dice giustamente il sig. Pontani) <ref>Pag. 17.</ref> che non vasto lambisce le tre parti dell'antico continenti, Europa, Asia, Affrica, e superbo presiede ai progressi della civiltà Europea, all'Asia preconizza un'era novella di vita, all'Affrica una rigenerazione piena anch'essa di civiltà e coltura; e dall'oriente attende nuova una via di aprire al grande Oceano, onde mandare alle più lontane regioni dell'Asia quanti prodotti sappia raccogliere dalla culta ed industre Europa. È pel Mediterraneo adunque che le meridionali nazioni europee trasmetteranno all'Asia ed all'Affrica i loro prodotti; è per la via del Mediterraneo che trarranno quelli di queste due parti del mondo. Quanto traffico quindi, quanto movimento, quanta ricchezza ne' suoi scali
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e la compirà col tratto da Milano a Genova; e la Toscana, noi potendo altrimenti, fa suoi grandi sforzi per operarla sbucando nello Stato Pontificio. Ora non è egli giusto che una utilità si grande sia gelosamente custodita, e non se ne faccia sciupo partecipandola altrui?
 
E ciò con tanta ragione maggiore, in quanto che questo beneficio è privativo, esclusivo del nostro Stato; essendoché, tranne il Regno delle Due Sicilie, niun'altro Stato è bagnato dai due mari. Ma il Regno delle Due Sicilie è troppo all'estremità della penisola, e perciò troppo eccentrico, né potrebbe nel commercio estero nuocere allo Stato Pontificio, siccome con brevi ma '''afficaci''' parole il sig. Pontani dimostra <ref>Pontani pag. 25.</ref>. Lo Stato Pontificio è invece nel centro dell'Italia e dell'Europa, se per centro vuolsi intendere, non la posizione geografica e materiale rispetto alle altre nazioni, ma il sito più acconcio a comunicare per terra e per mare con esse in proporzione della loro importanza verso gli ordini attuali d'incivilimento. Ove pertanto lo Stato Pontificio operasse questa riunione, non solo non avrebbe a temere la concorrenza di Napoli col quale le altre nazioni non potrebbero commerciare senza più gravi spese; ma ne renderebbe l'utilità a se intieramente proficua.
 
Si dica lo stesso in riguardo di Genova la quale potrà comunicare coll'Adriatico per mezzo dell'alta Italia. Il passaggio dall'Adriatico a questo scalo del Mediterraneo non potrebbe convenire che per merci. E per uomini destinati alle parti occidentali di Europa. Ma se il traffico abbia a sostenersi coll'oriente, ciò che oggi torna a grandissimo momento per V l'Europa tutta, allora possiamo noi dimostrare '''die'''che la opportunità maggiore è di passare sull'Adriatico da Trieste o Venezia ad Ancona e quindi per terra sino a Civitavecchia da dove dirigersi fino alla punta della Sicilia onde girar quindi per Malta fino ad Alessandria <ref>Pontani pag. 25.</ref>.
 
Ecco pertanto quali sarebbero i vantaggiosi resultati che si avrebbero dalla strada ferrata dell'Adriatico al Mediterraneo.
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Ma è egli vero che il danno sarebbe della sola Civitavecchia? Nò per mia fede! Vi sarebbe danno dello Stato, ed eccone la dimostrazione.
 
Dal punto in cui la comunicazione stradale per la Toscana abbandonasse la linea dello Stato, tutte le provincie inferiori perderebbero il beneficio che potrebbero risentire dalla strada ferrata proveniente da Ancona, perché da questo punto le merci che la Toscana trarrebbe dell'Adriatico, e che (tolta la comunicazione) giungerebbero fino al mare, non darebbero oro utilità alcuna: la strada ferrata sarebbe, per rispetto a quelle merci e queste provincie, come e non esistesse. Né questo danno sarebbe di lieve momento; perché sarebbero tolte al transito di questo rimanente della strada non solo le merci che la Toscana consuma; ma quelle eziandio che smercia e somministra alle altre nazioni. Io lo dissi e non lo ripeterò giammai quanto basta: tolta la comunicazione ferrata dell'Adriatico colla Toscana, lo Stato PontifìcioPontificio provvederà a questa ed alle altre nazioni le merci del levante: in una parola il commercio del levante sarà privativo allo Stato Pontificio col mezzo di Ancona e Civitavecchia; altrimenti sarà comune allo Stato Pontificio ed alla Toscana col mezzo di Ancona e di Livorno; se pure Livorno non metterà fuori Ancona provvedendosi a Trieste e Venezia come purtroppo avverrebbe. Dicasi lo stesso delle merci di ponente. Livorno, la sola Livorno somministrerebbe direttamente queste all'Adriatico e senza il concorso di Ancona. Queste considerazioni mi sembrano di grandissimo peso.
 
In secondo luogo ne risentirebbe danno l'Erario. Se per le cose dette e dimostrate Civitavecchia diverrà (come diverrebbe colla strada di comunicazione con Ancona, escluso l'intervento della Toscana) lo scalo per le merci di ponente che dovranno passare a levante, e di quelle di levante che dovranno passare a ponente (vantaggio che avrebbe comune con Ancona) questi porti non basteranno a contenere le navi che ve le importeranno ed esporteranno. E l'Erario non risente forse una utilità diretta dall'approdo delle navi nei porti dello stato? Non vi percepisce forse la tassa di ancoraggio per ciascuna vela in ragione della sua portata? E l'utilità dell'Erario, non è forse utilità dello Stato? Non dirò cosa avverrebbe nel caso contrario perché sarebbe un ripetere le cose già dette.
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O io ho affatto perduto il bene dello intelletto, o la disputa è ridotta a tal punto di verità di evidenza. a non abbisognare di ulterior discussione. Tuttavia non è fuor di proposito il pesare le ragioni dei contrari perché dalla nullità di esse meglio si parrà da qual parte è la buona causa.
 
Ho sott'occhi una memoria diretta all'eccellentissima Commissione delle strade ferrate, nella quale null'altro è di reale, di vero, che gli elogi ben meritati ai membri distintissimi che la Commissione compongono. L'autore, che non si palesa, dicesi suddito pontifìciopontificio; ma o egli non ha amore di cittadino, o è in lui soffocato da qualche altro amore.
 
Incomincia dal declamare è bandir la crociata alle grette idee di provincia, di municipio, d'interessi, di località, di campanile; e vorrebbe, copiando l'autore delle strade ferrate italiane, che si badasse non alla prosperità di un solo stato o provincia ma della intiera Penisola. Nel che ben fece, poiché è questa l'unica ragione che poteva allegarsi dalla sua parte; ragione che dimostra il suo torto; perché chi si raccomanda all'altrui compassione, da prova di non avere diritti da mettere in campo. Ad udire questo signore, noi dobbiamo intieramente sacrificarci al ben'essere della Penisola, che per lui vuol significare Toscana. Egli ragiona come se fra la Toscana e lo Stato PontifìcioPontificio non esistesse demarcazione di condili, diversità di leggi politiche, civili, commerciali, finaziere, e perciò una grande diversità e differenza d'interessi. Poco mancò che non invocasse le massime di filantropia, di carità cristiana, quasi che questa comandasse ai poveri di dare ai ricchi tutto quello che hanno. E sì! Perché a fare in modo che non siavi