Racconti storici/Il bravo e la dama: differenze tra le versioni

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E fu così. Tre giorni dopo, al chiarore delle stelle, Milo bisbigliava leggiadre parolette estratte da tutta la sua rettorica, la quale, avuto riguardo al suo grado sociale, sarà stata non poca, poichè la galanteria de' concetti era pure una delle più formidabili manìe del secolo. Le due ninfe del giardino stavano a breve distanza dal cancello, ed alle inzuccherate frasi di Milo nulla rispondevano, se non che di tratto in tratto mandavano leggieri e soffocati scoppii di riso; ed egli continuava studiandosi di più in più di riuscire persuasivo, quando al rumore, che si udì dell'aprirsi d'una porta nel palazzo, entrambe scomparvero e sol'una rivolgendosi un istante, disse a mezza voce: ''A rivederci domani a sera''".
 
Milo giojoso e beato della conquista che teneva in pugno, s'avviò alla taverna dell'Olmo; giacchè, sebbene tenesse ogni cosa rigorosamente ai compagni, aveva piacere di lasciar loro intravedere alcun che sulla propria fisionomia, che indicasse il possesso d'un secreto, il quale altamente lo interessava.
 
Era piena quel giorno la città di un'avventura, accaduta nella notte ad insigne personaggio spagnuolo, che copriva la prima carica di Milano, il quale per fare, non si sa, se grata od ingrata sorpresa ad una bella dama, aveva voluto entrarle in casa mascherato, e gli era stata appoggiata una bastonatura delle più solenni, ad onta del ducato, del marchesato, del don e del y, che fregiavano il suo nome. I Bravi dell'Olmo non parlavano essi pure che di tal fatto.
 
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