Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/724: differenze tra le versioni

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ATTO 363 Beg. Possa la fine di questo bel giorno, o gran re, essere felice, come grande è la nostra gioia per vedervi, e ammirare quel terribile occhio che tante morti diffuse in Francia. La dolce speranza nutriamo che i vostri sguardi abbiano perduto le loro punte omicide, e che questo giorno, spegnendo tutti i risentimenti e le contese, muti Podio in amore.


Be. Applaudisco a questo voto che consuona coll’intento che qui ci raduna.


''Reg''. Possa la fine di questo bel giorno, o gran re, essere felice, come grande è la nostra gioia per vedervi, e ammirare quel terribile occhio che tante morti diffuse in Francia. La dolce speranza nutriamo che i vostri sguardi abbiano perduto le loro punte omicide, e che questo giorno, spegnendo tutti i risentimenti e le contese, muti Podio in amore.
Beg. Principi d’Inghilterra, vi saluto tutti.


''Re''. Applaudisco a questo voto che consuona coll’intento che qui ci raduna.
Bor. Voi che mi siete ugualmente cari, potenti re di Francia e d’Inghilterra, ricevete i miei rispettosi omaggi. — Ch’io abbia spiegate tutte le potenze del mio intelletto, prodigati tutti i miei sforzi per indurvi a questo convegno, è ciò che ognuno di voi può appurare; e poiché la mia mediazione è valsa a ravvicinarvi l’uno all’altro in guisa da vedervi volto a volto, non mi si faccia un delitto di chiedere quale è dunque l’ostacolo che ritarda la pace; cosa è che impedisce che quest’amabile nutrice delle arti, dell’abbondanza e di tutte le produzioni, ora indigente e nuda col seno squarciato, non possa mostrar di nuovo le sue vezzose sembianze in questo bel giardino del mondo, in questa fertile Francia?


''Reg''. Principi d’Inghilterra, vi saluto tutti.
Oimè! da troppo lungo tempo essa è sbandita da questo regno, tutte le cui ricchezze languono e si corrompono. I nostri generosi vigneti, che allegrano lo spirito e consolano il cuore, inaridiscono e muoiono per mancanza di coltivazione. I nostri orti, come prigionieri la cui capigliatura è cresciuta in disordine fra le tenebre del carcere, non producono più che piante infruttose.


Le nostre terre si vestono di zizzania e di cicuta, e l’aratro che estirpare le dovrebbe, arrugginisce nell’ozio. Queste vaste praterie coronate un tempo di gradite messi di verbasco, di trifoglio e di primavere, prive oggi dell’utile soccorso della falce, degenerano e non dan più vita che ad erbe parassite. Nulla prospera tranne il cardo spinoso, o lo stelo inutile: tutto diviene secco e languido. Simili ai nostri vigneti, ai campi e ai prati, che venuti meno nelle loro qualità native nonrecan più che selvaggi aborti; così noi, le nostre mogli e i nostri figli, obbliato o cessato abbiamo d’apprendere, per mancanza di tempo o d’agio, le scienze e le arti che decoravano la nostra patria. Noi diveniamo come barbari, come soldati feroci che non pensano più che ad opre di sangue; prorompiamo in basse imprecazioni, adottiamo costumi tristi ed ogni sorta d’abiti strani e indegni dell’uomo. È per ristabilire le cose nel loro antico stato di splendore, che voi siete qui presenti, e questo discorso è una preghiera che io v’indirizzo per sapere da voi quale ostacolo potrebbe impedire che la pace non ritornasse a dissipare tutti questi mali, e a renderci i suoi primi doni che facevano la nostra felicità.
''Bor''. Voi che mi siete ugualmente cari, potenti re di Francia e d’Inghilterra, ricevete i miei rispettosi omaggi. — Ch’io abbia spiegate tutte le potenze del mio intelletto, prodigati tutti i miei sforzi per indurvi a questo convegno, è ciò che ognuno di voi può appurare; e poichè la mia mediazione è valsa a ravvicinarvi l’uno all’altro in guisa da vedervi volto a volto, non mi si faccia un delitto di chiedere quale è dunque l’ostacolo che ritarda la pace; cosa è che impedisce che quest’amabile nutrice delle arti, dell’abbondanza e di tutte le produzioni, ora indigente e nuda col seno squarciato, non possa mostrar di nuovo le sue vezzose sembianze in questo bel giardino del mondo, in questa fertile Francia? Oimè! da troppo lungo tempo essa è sbandita da questo regno, tutte le cui ricchezze languono e si corrompono. I nostri generosi vigneti, che allegrano lo spirito e consolano il cuore, inaridiscono e muoiono per mancanza di coltivazione. I nostri orti, come prigionieri la cui capigliatura è cresciuta in disordine fra le tenebre del carcere, non producono più che piante infruttose. Le nostre terre si vestono di zizzania e di cicuta, e l’aratro che estirpare le dovrebbe, arrugginisce nell’ozio. Queste vaste praterie coronate un tempo di gradite messi di verbasco, di trifoglio e di primavere, prive oggi dell’utile soccorso della falce, degenerano e non dan più vita che ad erbe parassite. Nulla prospera tranne il cardo spinoso, o lo stelo inutile: tutto diviene secco e languido. Simili ai nostri vigneti, ai campi e ai prati, che venuti meno nelle loro qualità native nonrecan più che selvaggi aborti; così noi, le nostre mogli e i nostri figli, obbliato o cessato abbiamo d’apprendere, per mancanza di tempo o d’agio, le scienze e le arti che decoravano la nostra patria. Noi diveniamo come barbari, come soldati feroci che non pensano più che ad opre di sangue; prorompiamo in basse imprecazioni, adottiamo costumi tristi ed ogni sorta d’abiti strani e indegni dell’uomo. È per ristabilire le cose nel loro antico stato di splendore, che voi siete qui presenti, e questo discorso è una preghiera che io v’indirizzo per sapere da voi quale ostacolo potrebbe impedire che la pace non ritornasse a dissipare tutti questi mali, e a renderci i suoi primi doni che facevano la nostra felicità.


''Enr''. Duca di Borgogna, se volete acquistar la pace, la cui Digitized by Google
''Enr''. Duca di Borgogna, se volete acquistar la pace, la cui
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