Il Baretti - Anno III, n. 1/Nota su A. G. Cagna: differenze tra le versioni

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Nota su A. G. Cagna

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Inchiesta sull'Idealismo - V Aleksjej Vassiljevic Koltsov
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Nota su A. G. Cagna.


Bisogna collocare il Cagna nella generazione piemontese che inalberava il De Amicis e il Giacosa, ma che poteva far manovrare nelle riserve tutto un gruppo di scrittori, tra i quali il più spigliato e vivace era certamente Giovanni Faldella. Questi scrittori piemontesi avevano in comune certe qualità della loro razza: che è tutto sommato una razza di gente seria, volitiva e laboriosa, poco amica del chiasso. Erano tutti diligenti osservatori, grandi amici della natura, appassionati alpinisti; e la lingua italiana se l’erano appropriata con quella forte tenacia della quale l’Alfieri potrebbe sembrare un esempio troppo feroce per essere ricordato con quelli più pacati del Balbo e del D’Azeglio. Certo non si contentavano di scrivere in una lingua qualunque; la volevano ricca di modi e di vocaboli pretti, pieghevole al movimento trasparente al colore. Questo innesto su la loro paesanità non riusciva sempre molto morbido e naturale; ne risultavano però non di rado contrasti singolari di scintillìo e di adombramento, di effervescenza e di pesantezza pedestre, che erano pure un carattere. Non erano temperamenti di novatori: ma avevano l’ambizione mentale di tenersi a giorno delle idee nuove, di non lasciarsi pietrificare in una cultura fossile: e il generoso stimolo che è in ogni novità vinceva la loro indole conservatrice. E questo si può dire pure del Cagna, il quale, ancorché si presenti oggi nel suo tutto come un autore di ieri, fu in verità un autore che non mancò di movimento, che non si contentò di un unico aspetto. Gli „Alpinisti Ciabattoni“, che egli mandava fuori nel 1887, mostrano intenzioni rappresentative e stilistiche abbastanza diverse da quelle che si veggono dieci anni dopo, nel romanzo «La rivincita dell’amore»; e l’autore appare ancora in qualche cosa mutato, quando nel 1903 licenzia i piacevoli quadretti di vita che intitola «Provinciali».

Silvio Benco.