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ATTO QUINTO 217

ATTO QUINTO 217 dove e di orfani, deploranti i figliuoli, le spose, i parenti afflitti di morti precoci, malediranno l’ora in coi tu nascesti.

gufo olulaya con funesto grido in quell’istante in cui tu fosti concepito; il corvo notturno gracchiò fra le tenebre, presagendo questi tempi di sventura; i cani latrarono, le cornacchie s’accovacciarono sui tetti, le gazzere strìderono con suoni discordi, e un’orrenda tempesta sradicò le piante neU’infausto momento nel quale eri generato. Tua madre provò dolori al disopra di quelli della natura, allorchè pose al mondo un essere che deluso le materne speranze, un volume informe e spaventoso, che esser non doveva il frutto di pianta sì bella. Tu nascesti colla bocca armata di denti, in segno che venivi per divorare gli uomini; e se il resto che mi fii detto è vero, uscisti dai fianchi della tua genitrice colle...Gloe.

Basta; muori, profeta, mezzo a’ tuoi vaniloquii» {{Ids|(la trafigge) a questo ancora io era destinato.

Enr. Sì, e a molti altri omicidii dopo il mio. Oh! Dio obli! I miei peccati e ti perdoni I {{Ids|(muore) Qìoc n sangue ambizioso di Lancastro cade alfine sulla terra; avrei creduto che volesse sempre innalzarsi. La mia spada versa lagrime di sangue sulla morte di questo povero re! Oh possano tali lagrime vermiglie esser sparse sempre da coloro che desiderano la rovina della nostra casal Se una scintilla di vita pur anche gli rimanesse, scenda, scenda in inferno; e dica ch’io là l’inTiai; {{Ids|(trafiggendolo di nuovo) io che mai non sentii nè amore, nè tema, nè pietà. — Vero è quello che Enrico mi disse; e spesso l’udii ripetere da mia madre. Io venni al mondo colle gambe all*imianzi:

or non avevo ragione di affrettarmi a rovinare color»

che usurparono i nostri diritti? La mammana stupì e le altro donne gridarono: Oh Gesù^ benediteci, egli è nato eoi dentil Ed era vero; e ciò significava ch’io avrei dovuto mordere e farla da cane! Dappoichè dunque il Cielo ha formato così il mio corpo, l’inferno modelli sopra di esso la mia anima, onde non ne dissuoni Io non ho fratelli, che ad alcun fratello non rassomiglio: e questa parola amore, che i vecchi chiamano dirina, vada a risiedere negli uomini che hanno sembianze affini, non in me che sono unico neDa mia conformazione. — Glarenza, sii cauto: tu mi togli la luce, ma io sdeglierò un giorno tenebroso, che ti sarà &tale:

perocchè spargerò profezie si terribili, che Eduardo tremerà per la sua vita, e per dissipare i suoi timori ti vorrà morto. Il r»

Enrico e il principe suo figlio sono iti. Glarenza, il tuo istante è vicino, e poscia quello d’altri, finchè con un bel cumulo di mal* Digitized by Google