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IL ROCCOLO Nello llcmìuitcenze della propriu vita di Lo* dovico Salili d’Igliano, il piemontese e subulpulissimo diplomatico di Carlo Alberto, si può leggero a pag. 263 del 1° volume, edizione Albrighi, un gentile aneddoto, relativo al tempo in cui il Salili era impiegato alla Prefettura, — Prefettura allora napoleonica, — di Torino.

Nelle ''Reminescenze della propria vita'' di {{AutoreCitato|Lodovico Sauli d'Igliano|Lodovico Sauli d’Igliano}}, il piemontese e subalpinissimo diplomatico di Carlo Alberto, si può leggero a pag. 263 del 1° volume, edizione Albrighi, un gentile aneddoto, relativo al tempo in cui il Sauli era impiegato alla Prefettura, — Prefettura allora napoleonica, — di Torino.


Ecco l’aneddoto:
Ecco l’aneddoto:


«In quei tompi capitò nella nastra camera il signor Grassi, il /quale lavorava in un’altra divisione, e veniva chiedendo corno il verbo «filare si potesse tradurre in latino. Gli altri ammutolirono; ed io dissi: «neo, nes, nere*.
«In quei tempi capitò nella nostra camera il signor Grassi, il quale lavorava in un’altra divisione, e veniva chiedendo come il verbo filare si potesse tradurre in latino. Gli altri ammutolirono; ed io dissi: «''neo'', ''nes'', ''nere''». Questo lo so, disse il Grassi; ma la voce ''nere'' «non è di buona latinità. Pure è usata da {{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}}, ripigliai, là dove nei ''Fausti'' descrive Lucrezia che dispensa il lavoro alle ancelle. Ovidio, replicò il Grassi, Ovidio non fa autorità. Era peraltro, diss’io, scrittore del secol d’oro d’Augusto. Ma se l’autorità di Ovidio non vale valga quella di {{AutoreCitato|Albio Tibullo|Tibullo}}: ''Di tibi {{??|talia}} nento'' Il Grassi fini col dire: «All’autorità di Tibullo piego lo mio bandiere, e non ho cosa alcuna da opporre. Bravo, soggiunse; si vede che Ella non ha gettato il tempo durante la prima sua gioventù».

■ Questo lo so, disse il Grassi; ma la voce nere «non è di buona latinità. ■ Puro è usata da • Ovidio, ripigliai, là dove nei /■’//*// descrive ■ Lucri zia elio dwponsa il lavoro olle ancelle.

• Ovidio, replicò il Grassi. Ovidio non fa auto■ rità. Era peraltro,, diss’io, scrittore del secol «d’oro d’Augusto. Ma se l’autorità di Ovidio • non vale valga quella di Tibullo: Di libi intuì ncnio*. Il Grassi fini col dire: ■ All’au• Unità di Tibullo piego lo mio bandiero, o non • ho cosa alcuna da opporre. Bravo, soggiunse; ■ si vede che Ella non ha gettato il tempo du■ rauto la prima sua gioventù».

Porohc non ci siano dubbi, conviene ripetere che quosto dialogo si svolgeva fra duo impiegateci di prefettura, n Torino, nell’anno 1807 c che Torino passava allora per la Beozia italiana, e cho. effettivamente, nel 1807, essa era un po’ intontita del continuo rullo di tamburi delle caserme imperiali.

Per constatare il progresso delle umane lettere, desidererei sapere chi, oggi, potrebbe soatoncro sulla classicità della voce urrr, un dialogo simile, a Imita e risposta, come quello tra i! Salili © il Grassi. Non dico nelle prefetture:

dico nello università.

* # # Riletto qualche pagina del purissimo, amenissimo e pio Giambattista Giuliani: Delizie il ri parlare, tonano.

Che precisione, che informazione, cho serietà, in questo tenue Lemonnier! E gli stenti di quecto povero prete, andare qui o li per lo campagne o per le officine, a raccattare termini propri c modi di dire efficaci! Tutta una vita.


Perchè non ci siano dubbi, conviene ripetere che questo dialogo si svolgeva fra due impiegatucci di prefettura, a Torino, nell’anno 1807 e che Torino passava allora per la Beozia italiana, e che, effettivamente, nel 1807, essa era un po’ intontita del continuo rullo di tamburi delle caserme imperiali.
E la semplicità, la modestia con cui il risultato di tanto lavoro è presentato: «Spero di non in«gannarmi nella fiducia d’aver fatto un lavoro «utile o fore’anco durevole non per la parte mia «dimenticabile facibnonto, ma sì per la parte «che vi occupa il potente linguaggio, signore «delle gentilezze e naturale nmestro del parlare italiano». Non protendeva di eesere un artista.


Per constatare il progresso delle umane lettere, desidererei sapere chi, oggi, potrebbe sostenere sulla classicità della voce ''nere'', un dialogo simile, a botta e risposta, come quello tra il Sauli e il Grassi. Non dico nelle prefetture: dico nelle università.
Si contentava di essere un lessicografo, un gramatico, un chiosatore di qualche verso di Danto.


{{centrato|★★★}}
Oggi ci sono dei toscani che del loro parlare conoscono le delizie meuo bene, assai meno bene di quunto non le. conoscesse il Giuliani: e hanno uno stok di modi di diro o di riboboli fiorentini e prntesi infinitamente meno ricco c abboudante di quanto non lo avesso lui. Eppure, credono che questo basti per scrivere dei romanzi:


Riletto qualche pagina del purissimo, amenissimo e pio {{AutoreCitato|Giambattista Giuliani|Giambattista Giuliani}}: ''Delizie del parlare toscano''.
che riescono, si capisoe, froddini freddini, tutti pezzi di bravura, tirati e appuntati cogli spilli:


Che precisione, che informazione, che serietà, in questo tenue Lemonnier! E gli stenti di questo povero prete, andare qui o li per lo campagne o per le officine, a raccattare termini propri e modi di dire efficaci! Tutta una vita. E la semplicità, la modestia con cui il risultato di tanto lavoro è presentato: «Spero di non ingannarmi nella fiducia d’aver fatto un lavoro utile o fors’anco durevole non per la parte mia dimenticabile facilmente, ma sì per la parte che vi occupa il potente linguaggio, signore delle gentilezze e naturale maestro del parlare italiano». Non protendeva di essere un artista. Si contentava di essere un lessicografo, un gramatico, un chiosatore di qualche verso di Dante.
noiosi Si leggono, solo per seguirò colla matita bleu i termini dialettali, messi lì in mostra, per far vedere come in Toscana si parla bene.


Oggi ci sono dei toscani che del loro parlare conoscono le delizie meno bene, assai meno bene di quanto non le conoscesse il Giuliani: e hanno uno stok di modi di dire o di riboboli fiorentini e pratesi infinitamente meno ricco e abbondante di quanto non lo avesse lui. Eppure, credono che questo basti per scrivere dei romanzi: che riescono, si capisce, freddini freddini, tutti pezzi di bravura, tirati e appuntati cogli spilli: noiosi. Si leggono, solo per seguire colla matita bleu i termini dialettali, messi lì in mostra, per far vedere come in Toscana si parla bene.
Vedi caso Cicognani.


Vedi caso {{wl|Q3645694|Cicognani}}.
«• * Tra gli scrittori italiani modorni, credo che ce ne sia uno solo cho abbia le Delizie del parlare tonano sempre sul tavolo di lavoro, a portata di mano. E* Ugo Ojctti.


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Iti questo, Ugo Ojetti ò una persona ammodo.


Tra gli scrittori italiani moderni, credo che ce ne sia uno solo cho abbia le ''Delizie del parlare toscano'' sempre sul tavolo di lavoro, a portata di mano. È {{AutoreCitato|Ugo Ojetti|Ugo Ojetti}}.
* * • E piace tanto poi, nel Giuliani, quel suo grande amore, quella sua venerazione, non solo per il parlare toscano, ma per la gente che ha un così bel parlare. La rivendugliola di Pisa, il villanello dolla montagna di Pistoia, il barrocciaio di Certaldo, il fornaciaio di Pescia, il lognaiolo del Casentino, tutta la gente che egli incontra su por valli o colliuo di Toscana, o ch’egli sta ad udirò incantato, vorrebbe metterla sopra un altaro. Non fa che lodarsene.


In questo, Ugo Ojetti è una persona ammodo.
Alla fin© di ogni lettera, leva lo braccia al cielo.


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«Oh ’beatissimo il popolo cho ha sortito di natura così ingegnosa© spedita favella I» (pag. 44) ■ Beato u ino, se mi si concedesse di scrivere come c,»i parlano!» (pag. 36). «Oh, ss io aveuai salute! Vorrei davvero studiare quest’attioo linguaggio!»


(pag. 33). «Nè mai potrà perdersi questa gentile progenie del popolo toscano, ma tengo anzi per corto, che sia destinata a rifiorirò l’Italia, e con essa tutta j’iimana civiltà», (pag. 95). «Oh, come, presso questo pojiolo si mantiene squisito il senso della bontà! V’appar ingenita la cortesia, sinceri gli affetti © prosperevoli lo virtù della religione: talora vi animivai l’aspetto di una santità contenta nello tribolazioni»
E piace tanto poi, nel Giuliani, quel suo grande amore, quella sua venerazione, non solo per il parlare toscano, ma per la gente che ha un così bel parlare. La rivendugliola di Pisa, il villanello della montagna di Pistoia, il barrocciaio di Certaldo, il fornaciaio di Pescia, il legnaiolo del Casentino, tutta la gente che egli incontra su per valli o colline di Toscana, o ch’egli sta ad udire incantato, vorrebbe metterla sopra un altare. Non fa che lodarsene. Alla fine di ogni lettera, leva lo braccia al cielo. «Oh beatissimo il popolo che ha sortito di natura così ingegnosa e spedita favella!» (pag. 44) «Beato a mo, se mi si concedesse di scrivere come essi parlano!» (pag. 36). «Oh, se io avessi salute! Vorrei davvero studiare quest’attico linguaggio!» (pag. 33). «Nè mai potrà perdersi questa gentile progenie del popolo toscano, ma tengo anzi per corto, che sia destinata a rifiorire l’Italia, e con essa tutta l’umana civiltà», (pag. 95). «Oh, come, presso questo popolo si mantiene squisito il senso della bontà! V’appar ingenita la cortesia, sinceri gli affetti e prosperevoli la virtù della religione: talora vi ammirai l’aspetto di una santità contenta nello tribolazioni» (pag. 190). E tutto il libro è pieno, di questi ''oh!'' e di questi ''ah!''; oh, le gentilezze toscane, ah, l’animo squisito come la favella!


Oh, il buon padre Giuliani! Ah, il candidissimo maestro di tutte le delizio del parlare toscano!
(pag. 190). E lutto il libro è picuo, di questi ohi © di questi ahi; oh, le gentilezze toscane, ah, l’animo squisito come la favella!


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Oh, il buon pndro Giuliani! Ah, il caniliìissimo maestro di tutte le delizio del parlare: escano!


* # a Upton Sinclair, in un articolo pubblicato nulla Frankfurthr/ Zfìtnng, rivela il rei i nscena della vita famigliare di Mark Twain.
Upton Sinclair, in un articolo pubblicato nulla Frankfurthr/ Zfìtnng, rivela il rei i nscena della vita famigliare di Mark Twain.


Por venti uniti Mark Twain fu lo scrittore più [wigato. più acclamato e più trionfante di America.
Por venti uniti Mark Twain fu lo scrittore più [wigato. più acclamato e più trionfante di America.