Il Bardo/Il Bardo: differenze tra le versioni

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</div></onlyinclude><!-- a qui -->{{Qualità|avz=75%|data=8 agosto 2008|arg=poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Il Bardo|prec=../Giovanni Berchet al lettore|succ=}}
 
==[[Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/292]]==
<poem>
Lo sterminio ti colga, o re crudele!<ref>Odoardo I, che soggiogò il paese di Galles, infino allora indipendente. Indotto da fina ma perfida politica, fece trucidare tutti i Bardi di quella terra, i quali, non avendo altra professione, che quella di mantener vivo col canto l’onore insieme e l’ardor nazionale, erano da lui creduti sommamente nocivi alle sue mire di regno e di oppressione. Un Bardo superstite è il personaggio introdotto dal poeta a predire la vendetta di questo fatto.</ref>
Confusione accompagni i tuoi vessilli;
Anco agitati dai sanguigni vanni
Della conquista, in ozïosa pompa
{{R|5}}Stanno l’aere schernendo ei nondimeno.
Non il cimiero no, nè la ritorta
Maglia del busto, nè le tue medesime
Virtù, o tiranno, a ti salvar fian atte
L’alma segreta dai timor notturni,
{{R|10}}Dal maledir, dal lagrimar di Cambria! - <ref>Nome latino del paese di Galles.</ref>
Tali spargeva sul crestato orgoglio
D’Odoardo il primier suoni di rabbia
L’atterrito selvaggio, allora quando
Giù pei dirupi dell’irsuto fianco
{{R|15}}Di Snodòno<ref>La montagna di Snowdon, la più alta di tutta l’Inghilterra, posta nel mezzo di quella parte del paese di Galles, chiamata Caernarvonshire o Contea di Caernarvon, ultimo asilo della libertà dei Gallesi.</ref> spingendo egli venia
Le sue molte falangi a faticosi,
Malagevoli passi. Sbalordito,
Muto rimase Glocestèro<ref>Gilberto di Chiarenza sopranominato il Rosso, conte di Gloucester, genero di Odoardo.</ref> il prode;
All’armi all’armi Mortimèr<ref>Edmondo Mortimer signore di Wigmore: entrambi avevano terre sulle frontiere del Gallese, e presero parte alla guerra.</ref> gridando
{{R|20}}La tremula sua lancia in resta mise.
Sovra una rupe, il cui superbo capo
L’onda fumante disdegnoso guarda
Dell’antico Conveggio<ref>Conway, fiume che scorre non lontano sulle falde dello Snowdon.</ref>, in bruno avvolto
Vestimento di doglia, e fiero il guardo
{{R|25}}Stavasi il vate. Libera dal mento
Gli scorreva la barba; e la canuta,
Similmente a meteora, al ciel turbato
Chioma ondeggiava. Con maestre dita
E da fuoco profetico investito,
 
<pages index="Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu" from=292 to=296 />
</poem>
==[[Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/293]]==
<poem>
{{R|30}}Le profonde toccava di sua lira
Corde d’affanno. - Alla terribil voce
Del sopposto torrente odi siccome
Ogni quercia gigante, ogni diserto
Antro sospira! Su di te lor cento
{{R|35}}Braccia scuotono, o re; su ’l capo tuo
Spirano in cupo mormorio vendetta;
Nè all’arpa omai rispondon più dal giorno
Fatal di Cambria, all’arpa dell’illustre
Oello: o al dolce di Levèllin<ref>Principi gallesi, e bardi.</ref> canto.
{{R|40}}Fredda è la lingua di Cadval che mute
Fea del mar le procelle: il valoroso
Dorme sul letto della rupe Urieno:
Invan piangete voi Modredo<ref>Bardi, vittime della proscrizione di Odoardo.</ref>, o monti,
Il cui magico carme la nebbiosa
{{R|45}}All’alto Plinlimnon<ref>Montagna dove a lungo pugnarono i Gallesi.</ref> fronte curvava.
Lordi di tabe, e come spettri pallidi
Giaccion d’Arvone su l’orribil spiaggia<ref>Spiagge delle contee di Caernarvon rimpetto all’isola di Anglesey.</ref>.
Via via lontani impauriti i corvi
Il remigare affrettano, affamata
{{R|50}}L’aquila stride, li disdegna, e passa.
Cari dell’arte armoniosa mia
Ahi! perduti compagni, a me sì cari
Quanto la luce che le mie se ’n viene
Pupille afflitte a visitar, sì cari
{{R|55}}Quanto le belle rubiconde stille
Che mi scaldano il core, in mezzo ai gridi
Della patria morente, ah voi moriste!
Non piango io più - Non dormon no: li veggio
Su quelle balze, orrenda schiera, assisi
{{R|60}}Languido spirto ritener di vita
A vendicare la natía lor terra.
Meco in terribil consonanza unirsi
Eccoli tutti, e della tua progenie
Tesser con mani sanguinose il drappo.
{{R|65}}Presto, i fili si tessano, la trama
Presto tessiamo, lo funereo pallio
Ai discendenti d’Odoardo. Oh! largo
Date lo spazio, e a tratteggiar d’inferno
I caratteri tutti una gran verga.
 
</poem>
==[[Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/294]]==
<poem>
{{R|70}}Segnate l’anno, la precisa notte,
Quando Severno<ref>Fiume nel paese di Galles: poco lungi vi è il castello di Berkley, ove Odoardo II fu fatto assassinare da sua moglie Isabella di Franca, che per i suoi vizj è chiamata dal Gray lupa. Ella è una curiosa osservazione da farsi nella storia inglese, che quasi tutte le donne che dalla corte di Francia passarono al talamo del re d’Inghilterra trassero in rovina i loro sposi, perchè impastate di tutti i vizj.</ref> spaventosamente
Per entro ai tetti di Bercleo sonanti
Grida di morte eccheggierà. Fian grida
D’un re che spira! Oh dai tenaci artigli
{{R|75}}Lupa di Francia, che del tuo medesmo
Orribilmente strazïato sposo
Ahi! le viscere squarci a brano a brano,
Nasca da te<ref>Odoardo III, allegando pretensioni (perchè figlio d’Isabella) alla corona di Francia ne assunse il titolo di re, e mosse guerra a Filippo di Valois.</ref> chi sulla tua contrada
Il flagello del cielo alto brandisca.
{{R|80}}Quai terror gli fan cerchio! A lui Stupore
Precede e Fuga. È Solitudin dietro
Colla sparuta dell’Affanno immago.
Possente vincitor, signor possente
Ecco di morte entro la bara ei giace!
{{R|85}}Pietoso un cor non v’ha, non ciglio alcuno
Che alla funerea pompa il sol tributo
D’una lagrima dia per adornarla.
Ah! fuggito egli è dunque il Guerrier negro? -
Ito è tuo figlio; cogli estinti ei dorme<ref>È notissima la vittoria di Crecy nel 1346, in cui restarono sul campo bel trentamila francesi. Il principe di Galles primogenito di Odoardo III, sopranominato il Principe Nero, decise a vantaggio degli inglesi la battaglia; ma premorì poi al padre.</ref>. -
{{R|90}}E i mille surti allor che il tuo splendore
Era pur nel meriggio? - Iti son tutti
A salutare la nascente aurora.
Bella ride l’aurora, e lieve lieve
Zefiro spira, intanto che l’azzurro
{{R|95}}Regno solcando maestosamente
Splendida corre la dorata nave<ref>Allegoria bellissima del regno di Riccardo II, successore ad Odoardo: vizioso e spensierato, fu detronizzato dal duca di Lancaster, avendo in carcere sottoscritto forzatamente una rinunzia alla corona. Da ciò incominciarono le famose contese tra le case d’York e di Lancaster, che per tanti anni innondarono di sangue l’Inghilterra.</ref>.
Gioventù su la prora, ed a governo
Siede il Piacer, cui nulla cal del turbo
Che tutto strugge, e in minacciosa calma
{{R|100}}Muto la preda della sera aspetta.
Su! fate colmo lo spumante nappo.
Ricca mensa s’appresti. Abbenchè spoglio
D’una corona, del convito a parte
Esser può nondimeno. Alla regale
{{R|105}}Sedia vicine, in bieco atto maligno
Sorridendo funeste il lor schernito
Convitato rimiran la proterva
Sete e la Fame. Di battaglia il suono
Stridere udiste, e lancia contro lancia,
 
</poem>
==[[Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/295]]==
<poem>
{{R|110}}Destrier contra destrieri? Anni di lunga
Strage affrettando il destinato corso
Vanno e per mezo alle serrate squadre
La via mietendo. O voi di Giulio torri<ref>La Torre di Londra, la cui parte più antica è volgarmente creduta opera di Giulio Cesare; molti furono i personaggi segretamente assassinati in quella prigione.</ref>,
Infamia eterna in Londra, da cotante
{{R|115}}Notturne inique uccisïon pasciute,
Di sua sposa la fede<ref>Margarita d’Anjou figlia di Renato re di Provenza e moglie di Arrigo VI, debole e superstizioso. Ella con intrepidezza sostenna la causa dei Lancaster.</ref>, e di suo padre
Rispettate la fama<ref>Il celebre Arrigo V, che conquistò molta parte della Francia.</ref>, e al sacro capo
Del mite usurpator<ref>Arrigo VI, sopracitato: fu per ordine di Edoardo IV d’York, scannato nella nella Torre di Londra. Il poeta lo chiama mite usurpatore, perchè debole, e della famiglia dei Lancaster.</ref> deh! perdonate.
Noi la rosa di neve<ref>La rosa bianca era l’emblema d’York, la rossa di Lancaster: quindi la lunga guerra fu detta delle due rose. Intrecciate le chiama il Gray, perchè Arrigo VII, salendo al trono, riunì i diritti delle due case sposando Elisabetta figlia di Odoardo IV.</ref> alla nimica
{{R|120}}Sua di rossor dipinta e sopra e sotto
Spargiam congiunta: di lor spine all’ombra
Ecco in suo sangue avvoltolarsi appena
Nato il cignal setoso<ref>Impresa di Riccardo III: appena nato, perchè dopo due anni di regno morì combattendo contro Arrigo VII.</ref>. Or via, fratelli,
Giù sul telajo maledetto curvi
{{R|125}}Nostra vendetta stampiam noi profonda,
E la sentenza confermiamo intera.
Vedi Odoardo!<ref>Torna il poeta a parlare di Odoardo I, e indica per sua pena la morte della sua virtuosa moglie Eleonora di Castiglia.</ref> A repentino fato
(Su! la trama tessiamo: è torto il filo)
Del tuo cuor la meta per noi dannata.
{{R|130}}Tessuto è il drappo e già compita è l’opra. -
Fermatevi, fermate! Ahi! non compianto,
Non benedetto a lagrimar me solo
Qui non lasciate. - In quel solco di luce
Che tutto il cielo d’occidente infoca,
{{R|135}}Sfumano già - spariti sono. - Oh quali
Quali mai di Snodòno in su la vetta
Lenti scendendo i radïanti lembi
Delle lor vesti, sviluppar vegg’io
Scene solenni! Oh! perdonate all’egro
{{R|140}}Ciglio, di gloria visïoni. E voi
Non nate etadi, intorno all’alma mia
Non v’affollate. Ecco finito il pianto
Sovra perduto, è già gran tempo, Arturo<ref>Antico re Bretone, combattè contro i Sassoni all’epoca della loro invasione. Fu tanta la benevolenza e il rispetto che si meritò fra i suoi, che per molti secoli fu credenza comune fra i Gallesi che egli non fosse già morto, ma vivo tuttora nel paese delle Fate, d’onde dovesse tornare di nuovo a regnare sulla Bretagna.</ref>.
Tutti tutti salvete, o veri nostri
{{R|145}}Regi, o progenie di Bretagna, salve!
Da molti e molti coronati i fianchi
Prodi Baroni, le stellate fronti
Ergon essi sublimi, e fan lor mostra
Splendide donne e in maestà barbuta
 
</poem>
==[[Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/296]]==
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{{R|150}}Gli antiquissimi Savj dello Stato.
Un divino sembiante<ref>La famosa Elisabetta regina d’Inghilterra.</ref> evvi nel mezzo!
Del britanno lignaggio la proclama
Altamente il suo ciglio, il portamento
Qual da lïone, e il volto che temprato
{{R|155}}Soavemente alla virginea grazia,
Riverenza comanda. Oh quali all’aura
Tremano corde armoniose! Oh quali
D’estro vocal concenti a lei d’intorno
Van festeggiando! Oh dalla tomba ascolta
{{R|160}}Gran Taliessino!<ref>Capo dei Bardi: fiorì nel sesto secolo.</ref> Ad animar tua polve
Soffian essi uno spirto. Ecco ti chiama
L’estasi rilucente, e al ciel cantando
Monta veloce, e nelle sue pupille
Batte l’ali dipinte a più colori.
{{R|165}}Ritorna il verso ad adornar la cruda,
La terribile guerra, e amor fedele
E la severa verità vestita
Di magica finzione. In coturnate
Muovon cadenze<ref>Con questi versi indicansi {{Ac|William Shakespeare|Shakespeare}}, {{Ac|John Milton|Milton}} ed altri poeti.</ref> squallido l’Affanno,
{{R|170}}La soave Tristezza, e Orror con essi,
Del palpitante petto Orror tiranno.
Qual del coro Cherubico una voce
Dell’Edeno fiorito arrecan dolci
L’aure su l’ali, e un modular lontano
{{R|175}}D’assai canti vien meno all’udir mio,
Che muor perduto nel futuro immenso.
Quella nube di sangue, uom pazzo ed empio<ref>Ultima invettiva del Bardo contro Odoardo I. Egli ha predetto la rovina dei suoi discendenti; ha saziate le sue brame di vendetta. Non gli resta più nulla che morire nel delirio della sua consolazione.</ref>,
Cui tuo fiato innalzò, pensi che spento
Abbia l’orbe del dì? Doman, domani
{{R|180}}L’aureo torrente ei riacquista, e doppio
A riscaldar le genti il raggio invia. -
Abbastanza per me: la differente
Sentenza nostra che il destin prescrive,
Io con tripudio io veggo già. Sia tua
{{R|185}}Disperazione, e la scettrata cura;
Il trionfare, ed il morir sia mio. -
Disse, e d’alto del monte in lo profondo
Precipitoso dell’onda mugghiante
Scagliossi in grembo dell’eterna notte.
</poem>
 
 
{{Sezione note}}
 
 
[[en:The Bard. A Pindaric Ode]]