Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/235: differenze tra le versioni

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 D’Icilio il braccio, il cor, l’ardir vi è noto,
 non men che il nome. — A voi libera chieggo
 mia sposa, a voi. Costui non ve la chiede;
 schiava la dice, e piglia, e a forza tragge. —
 Tra Icilio, e Marco, il mentitor qual sia,
 danne sentenza tu, popol di Roma.
+Marco+ Leggi, che a voi, popolo re, voi feste,
-;Marco
-Leggi, che a voi, popolo re, voi feste,
 sagge, tremende, sacre, infranger primi
 or le ardireste voi? No; che di Roma
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 peso intero: ma infin che folli vanti,
 e atroci ingiurie, e orribili dispregj
-d’autorità legittima sovrana,
+d’autoritá legittima sovrana,
 son le ragion che a me si oppongon sole;
 al suo signor sottrar l’antica schiava,
 qual di voi l’ardirebbe?
+Icilio+10 Io primo; e avrommi
-;Icilio
+compagni a ciò quanti quí son Romani.
-Io primo; e avrommi
-compagni a ciò quanti qui son Romani.
 Certo, la iniqua tua richiesta asconde
 infame arcano: or, qual ragion ti muova,
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 sol che non segua abbominando effetto.
 Roma, da che dei Dieci è fatta preda,
-già sotto vel di legge assai sofferse
+giá sotto vel di legge assai sofferse
 forza, vergogna, e stragi. Uso ad oltraggio
 pur finor non son io: chi ’l soffre, il merta.
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 per la plebe non son; per noi, che mani
 abbiamo, e cor. — Ma servi a mille a mille,
-purché noil sia Virginia, abbia pur Roma. —
+purché nol sia Virginia, abbia pur Roma. —
+}}
-</poem>