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Né mi si potrà mai con evidenza di sane ragioni dimostrare, che essendo ben detto ''temi, temete'', e ''non temete'' possa essere mal detto, e nuocere alla retta intelligenza, ''non temi''; pure non essendo stato detto dai buoni scrittori, mi conformerò all’uso, togliendo tutti questi imperativi illegittimi. Quanto al vezzo dei ''se'', e ''me'', e ''te'' riempitivi, l’ho diradato moltissimo, ed ella ha bene osservato.
Né mi si potrà mai con evidenza di sane ragioni dimostrare, che

essendo ben detto temi, temete , e non temete possa essere mal detto,
E se io non m’inganno, eccomi al fine delle di lei dotte, e cortesi, ed amichevoli osservazioni; ed eccomi ad un tempo al fine delle mie lunghe, e forse non ben fondate risposte; a cui però troppe altre cose aggiunger potrei sulle proprietá dello stile tragico; ma per chi intende com’ella, bastano, mi pare, le dette: quante altre ne potrei dire, sarebbero per chi non intende pur sempre poche ed inutili.
e nuocere alla retta intelligenza, non temi', pure non essendo stato

detto dai buoni scrittori, mi conformerò alFuso, togliendo tutti
Si accerti, amico mio stimatissimo, che io sarò in eterno riconoscente a lei di una tal lettera, in cui con pochissimo amaro cotanto ella mi mesce di dolce; e dalla franca non meno che erudita maniera, con che ella mi scrive, posso arguire che il dolce non è adulazione, né sbaglio; come altresí dalla sottigliezza e acume, con cui ella mi porge l’amaro, ne induco che l’amore soltanto dell’arte, non fiele, né eco di volgo, le dettava tai sensi.
questi imperativi illegittimi. Quanto al vezzo dei se, e me, e te

riempitivi, l’ho diradato moltissimo, ed ella ha bene osservato.
Onde, col ringraziarla cordialissimamente dell’uno e dell’altro, e piú ancora del biasimo che della lode, credo io darle ben autentica prova della mia stima, e non perdere il dritto a conservarmi la sua.
E se io non m’inganno, eccomi al fine delle di lei dotte, e

cortesi, ed amichevoli osservazioni; ed eccomi ad un tempo al fine
Siena, a 6 Settembre 1783.
delle mie lunghe, e forse non ben fondate risposte; a cui però

troppe altre cose aggiunger potrei sulle proprietà dello stile tra¬
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gico; ma per chi intende com’ella, bastano, mi pare, le dette: quante
altre ne potrei dire, sarebbero per chi non intende pur sempre
poche ed inutili.
Si accerti, amico mio stimatissimo, che io sarò in eterno rico¬
noscente a lei di una tal lettera, in cui con pochissimo amaro co¬
tanto ella mi mesce di dolce; e dalla franca non meno che erudita
maniera, con che ella mi scrive, posso arguire che il dolce non è
adulazione, né sbaglio; come altresi dalla sottigliezza e acume, con
cui ella mi porge l’amaro, ne induco che l’amore soltanto dell’arte,
non fiele, né eco di volgo, le dettava tai sensi.
Onde, col ringraziarla cordialissimamente dell’uno e dell’altro,
e più ancora del biasimo che della lode, credo io darle ben auten¬
tica prova della mia stima, e non perdere il dritto a conservarmi
la sua.
Siena, a di 6 Settembre 1783.
Vittorio Alfieri.