La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo LXV: differenze tra le versioni

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Capitolo LXV

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Parte seconda - Capitolo LXIV Parte seconda - Capitolo LXVI

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Capitolo LXV.

De’ buoni Stabilimenti ch’e’ fece, e del pro ritrattone dal Reame.


Noi Luigi, per la grazia di Dio Re di Francia, stabiliamo che tutti i Balivi, Preposti, Maestri, Giudici, Ricevitori, ed altri in qualche officio essi sieno, non che ciascun d’essi, deggiano d’ora in [p. 255 modifica]avanti far giuramento che, domentre e’ saranno nei detti offici, faranno dritto e giustizia a chicchessia senza avere alcuna eccezione di persone, tanto a poveri quanto a ricchi, così agli strani come ai privati e dimestici, e guarderanno gli usi e’ costumi che sono buoni e approvati. E se per alcuno d’essi sarà fatto al contradio del loro giuramento, noi vogliamo ed espressamente ingiungiamo ch’essi ne sieno puniti nei beni e nel corpo secondo la richiesta dei casi. La punizione de’ quali nostri Balivi, Preposti, Giustizieri ed altri Officiali riserviamo a noi ed alla conoscenza nostra, e la attribuiamo a loro stessi quanto alle malefatte degli inferiori e soggetti ai medesimi. I nostri Tesorieri, Ricevitori, Preposti ed Uditori dei Conti e gli altri Officiali ed Intramettitori delle nostre finanze giureranno che bene e lealmente guarderanno le nostre rendite e dominii con tutti e ciascuno i nostri dritti, libertà e preminenze senza permettere e soffrire che ne sia niente sottratto, levato, o diminuito. Ed inoltre, non prenderanno essi, nè lascieranno prendere a loro genti e commessi, dono nè presente alcuno che si voglia far loro, od alle loro donne, o figliuoli, nè ad altri qualsivoglia pur che torni in loro favore: e se alcun dono ne fusse mai ricevuto, sì il faranno essi incontanente e senza detrazione rendere e restituire al donatore. E simigliantemente non faranno essi alcun dono o presente a nulla persona di cui sieno soggetti per qualsivoglia favore, abbuono o discarico. Ancora essi giureranno che, laddove essi sapessero o conoscessero alcun [p. 256 modifica]Officiale, sergente od altri che sia rapinatore od abusatore nel proprio officio, sicchè debba egli perdere e il detto officio e il servizio nostro, nol sosterranno essi nè celeranno per doni, favori, promesse o altrimenti, anzi li puniranno e correggeranno, secondo richiederà il caso, in buona fede ed equità, e senza alcun odio e rancore. Vogliamo inoltre, tuttochè i detti giuramenti siano presi davanti a noi, che ciò non ostante sieno essi pubblicati davanti i Cherci, Cavalieri, Signori, e Buoni Uomini tutti del Comune, affinchè meglio e più fermamente sieno tenuti e guardati, e che i giuratori abbino paura d’incorrere nel vizio di spergiurio, non già soltanto per lo timore della punizione di nostre mani, o della onta del mondo; ma ben anche per lo timore della punizione di Dio. In appresso noi difendiamo e proibiamo a tutti li detti nostri Balivi, Preposti, Maestri, Giudici ed altri nostri Officiali, ch’essi non giurino nè blasfemino il nome di Dio, della sua degna Madre, e dei benedetti Santi e Sante del Paradiso: ed a simigliante ch’ essi non sieno giucatori di dadi, nè frequentatori di taverne o bordelli, sotto pena di privazione del loro officio, e di quella tal punizione che apparterrà al caso. Noi vogliamo del pari che tutte le femmine folli di loro corpo e communi, sieno messe fuori delle magioni de’ privati e così separate dalle altre persone, e che non verrà loro allogata nè data a fitto qualsivoglia casa od abitazione per intertenervi il loro vizio e peccato di lussuria. Appresso ancora noi proibiamo e difendiamo che nullo de’ nostri Balivi, Preposti, Giudici ed [p. 257 modifica]altri Officiali amministratori della Giustizia non siano tanto arditi da acquistare o comperare per essi o per altri alcuna terra o possessione ne’ luoghi dov’essi avranno in mano la giustizia, senza nostro congedo, licenza e permissione, e prima che noi siamo bene certificati della cosa. Che se essi contrafacessero, noi vogliamo e intendiamo che le dette terre e possessioni siano e rimangano confiscate in nostre mani. Ed a simigliente non vogliamo punto che i suddetti nostri Officiali Superiori, tanto ch’essi saranno nel servigio nostro, maritino alcuni de’ loro figli, figlie od altri parenti ch’essi abbiano, a persone che sieno del loro baliaggio o giustizierato, senza il nostro congedo espresso ed ispeciale. E tutto ciò, dei detti acquisti e maritaggi proibiti, non intendiamo punto abbia luogo in tra gli altri Giudici ed Officiali inferiori, nè intra gli altri minori d’officio. Noi difendiamo altresì ch’e’ Balivi, Prevosti e simili tengano troppo gran numero di Sergenti, o di Bidelli in guisa che il comun popolo ne sia gravato. Difendiamo parimente che nullo de’ nostri soggetti sia preso al corpo od imprigionato per proprii debiti personali fuor per quelli che ci ragguardano, e che non sia levata ammenda sovra nullo de’ nostri soggetti per lo suo debito. Inoltre stabiliamo che coloro i quali terranno le Bailie, Preposture, Visconterie, od altri nostri Offici, non li possano vendere nè trasportare ad altra persona senza nostro congedo. E quando più saranno compartefici in un officio, noi vogliamo che uno lo eserciti per tutti. Difendiamo altresì ch’essi [p. 258 modifica]non ispossessino alcuno di possesso ch’e’ tenga senza conoscenza di causa, o senza nostro speciale comandamento. Ancora non vogliamo che sia levata alcuna esazione, balzello, tolta, o costume novello. Finalmente vogliamo che i nostri Balivi, Preposti, Maestri, Visconti ed altri nostri Officiali, i quali per alcun caso saranno messi fuori degli offici loro e del servizio nostro, siano, appresso ch’e’ saranno così deposti, per quaranta giorni residenti nel paese ove esercitavano gli offici stessi, o nelle persone loro o per procuratore speciale, affinchè essi rispondano ai nuovi entrati negli offici medesimi, intorno a ciò ch’essi vorranno domandar loro, relativamente a qualsivoglia malefatta o richiamo.»

Per li quali suddetti stabilimenti il Re ammendò grandemente suo Reame, e talmente che ciascuno viveva in pace e tranquillità. E sappiate che nel tempo passato l’Offizio della Prevosteria di Parigi si vendeva al più offerente. Donde egli avveniva che molte ruberie, e molti malefizii se ne facevano, e la giustizia ne era totalmente corrotta per favore d’amici, e per doni, e per promesse; sicchè l’uom comunale non osava abitare nelle terre del Reame, ma vi si teneva per entro quasi erratico e vagabondo. E soventi volte non ci aveva ai piati della detta Prevosteria, quando il Preposto tenea sue Assisie, che diece persone al più, tante erano le ingiustizie ed abusioni che vi si facevano. Pertanto non volle egli più che la Prepostura fusse venduta, anzi era Officio che Egli dava a qualche gran saggio uomo, e che di sua saggezza e bontà [p. 259 modifica]presentasse buoni e grandi gaggi. E fece abolire tutte le malvage costume donde il povero popolo era per lo innanzi gravato. E fece ricercare per tutto il paese laddove potesse trovare qualche savio, il quale fosse buon giustiziere e punisse strettamente i malfattori senza avere isguardo al ricco più che al povero; e gli fu ammenato uno, che si nomava Stefano Bevilacqua, al quale egli donò l’officio di Preposto di Parigi. E questi dappoi fece tali meraviglie nel mantenersi in detto officio che ormai più non ci avea ladrone, micidiale nè altro malfattore che osasse dimorare in Parigi, ch’elli tantosto non ne avesse conoscenza, e presolo, nol facesse impendere, o punire a rigor di giustizia secondo la qualità e quantità del mal fatto. E non ci avea favore di parentado nè d’amici, nè oro, nè argento che ne lo avesse potuto mai guarentire così che buona e pronta giustizia non ne fusse fatta. E finalmente nello lasso del tempo, il Reame di Francia si moltiplicò talmente per la dirittura che vi regnava, che i dominii, censi, rendite ed entrate vi crebbero d’anno in anno, sicchè se ne ammendò molto tutto il suddetto Reame.