Economia collaborativa: origine ed evoluzione dell'approccio wiki e sua adozione nelle imprese/La nascita e l'evoluzione del Web/Il Web 2.0 in due esempi: differenze tra le versioni

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A titolo esemplificativo consideriamo due casi paradigmatici di tecnologie e fenomeni che rientrano nel mainstream1 del Web 2.0 e che risulteranno utili nel seguito dell’analisi: le piattaforme di blogging ed il fenomeno del crowdsourcing.

Già nella prima generazione di internet (v. par. 3.2) veniva data la possibilità agli utenti di realizzare dei siti personali in cui pubblicare i propri contenuti. Da un lato le imprese produttrici di software di web-editing (lo strumento per la creazione di ipertesti) e dall’altro i fornitori di servizi di web-hosting (lo spazio su cui pubblicarli, v. nota 14) furono la risposta al bisogno di condivisione delle proprie “creazioni” dei primi consumatori digitali. Tali strumenti necessitavano di elevate competenze di programmazione e ben si adattavano alle caratteristiche dei primi utilizzatori, individui aperti alle innovazioni con una predisposizione particolare nello sperimentare in prima persona le nuove tecnologie.

Questo modello non fu più valido nella seconda generazione di internet quando, proprio per le caratteristiche dei nuovi consumatori digitali, era fondamentale offrire loro programmi di facile comprensione e di semplice uso. Le piattaforme per la pubblicazione di diari personali (i blog) furono il primo esempio di servizio creato su misura per soddisfare le esigenze di questi utenti che ebbero la possibilità di presentare al mondo il proprio punto di vista sulle cose, le proprie idee ed i propri pensieri.

Una modalità ben più strutturata di condivisione di conoscenza con implicazioni economiche maggiori, ci viene fornita dal fenomeno del crowdsourcing (da crowd e outsourcing, “esternalizzazione dei processi alla folla”). Esso rappresenta la rilettura dell’outsourcing in ottica Web 2.0, ovvero l’esternalizzazione su internet di determinate attività (primarie o di supporto) della catena del valore. Se inserito in modo coerente nella strategia d’impresa, permette di ottenere, oltre ai vantaggi tipici dell’outsourcing (su tutti la trasformazione di costi fissi in variabili che diventano direttamente proporzionali alle necessità contingenti), ulteriori benefici supplementari.

Mentre la versione “tradizionale” di questa strategia mette in relazione principalmente le imprese (outsourcee che esternalizza e outsourcer che si accolla il processo), il crowdsourcing si apre a nuovi e peculiari soggetti, i così detti lead user (VON HIPPEL 1986). Essi possono essere imprese o, soprattutto, singoli individui che si collocano al limite estremo delle tendenze di mercato manifestando per primi i bisogni che poi saranno condivisi da altri e dispongono dei mezzi per innovare così da sperimentare “in proprio” delle soluzioni a loro utili. Si noti come i lead user, proprio per le caratteristiche evidenziate, operano in modo del tutto indipendente alla ricerca di vantaggi personali.

Le logiche di apertura e di condivisione del Web 2.0 hanno permesso alle imprese di entrare in contatto con questa categoria di soggetti che, altrimenti, sarebbe rimasta nascosta facendo emergere soluzioni innovative e, molto spesso, inattese.


Note

  1. Uno dei limiti più evidenti nella definizione di Musser e O’Reilly del Web 2.0 è il non essere né chiara né univoca (“Web 2.0 is the business revolution in the computer industry caused by the move to the internet as platform, and an attempt to understand the rules for success on that new platform”). Ciò consente, a seconda dei fini chi chi la usa, di far confluire nel Web 2.0 ogni genere di fenomeno riconducibile ad un “nuovo” approccio alle tecnologie Web. In questo senso è corretto parlare di una corrente principale nella quale confluiscono vari e ben diversi fenomeni.
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