Teatro Historico di Velletri/Fedeltà de' Velletrani: differenze tra le versioni

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Che oltre all'esilio, e diffidatione, fossero demolite le Case di quei Cittadini rebelli, non hò potuto trovarlo, come trovo la Fedeltà, e Costanza della Città, la quale mai volse cedere alle minaccie, ne alle promesse di Ladislao, ma facendo fronte in ossequio di Santa Chiesa, resistè all'orgoglio di lui, insinche con participatione del medesimo Cardinal Legato, essendo da' Primati Cittadini Romani introdotto in Roma, per tema della rovina della nostra Città, cedè all'impeto del Rè, malvolentieri, conservando sempre la fedeltà à Santa Chiesa, et al Sommo Pontefice, perchè, se bene esso Ladislao procurò di far acquisto dell'affetto del Popolo, con il concedere molti Indulti, e Privileggi; con tutto questo la nostra Città poca stima ne fece; è ben vero, che li Lupi fattiosi riceverono molto calore da lui. Finalmete morì Ladislao nel fiore della sua gioventù, nel <small>M.CD.XIV.</small> avvelenato registra il Zappullo<ref>Michele Zappulli (1548-?) fu autore di un volume dal titolo ''Historie di quattro principali Città del Mondo. Gerusalemme, Roma, Napoli e Venetia'', pubblicata nel 1603</ref>, e si fece la pace tra le Pecore, e li Lupi per fatiga, e prudenza d'un Padre dell'Ordine Nostro di S.Francesco, il cui Ritratto stava nel nostro Claustro, così registra il Landi.<br>
Il cedere alla potenza di Ladislao non isminuì punto la Fedeltà di questa Città mentre si vedde piegata Roma Capo del Mondo; e perciò Giovanni Vigesimoterzo Sommo Pontefice volendo redimere Sezze dalle mani di lui, mandò Renzio Stallia Romano, e ne scrisse alla nostra Città, che se bene si trovava allhora molto essausta per le passate Guere, e per la Carestia, nulladimeno considerando che Sezze era di frutto alla Chiesa, pagarono li pronti, e fedeli Cittadini 650. Docati d'oro (ma di questo ne parlaremo altrove) il Pontefice mosso dalla fedeltà, e divotione de' Velletrani, instituì per Podestà di Sezze Nicolò Nicoleschi, come si vede per la citata Bolla, e fù alli 4. di Maggio dell'Anno <small>M.CD.XII.</small> l'Anno terzo del suo Pontificato.<br>
Nel <small>M.CD.LXXXII.</small> si fecero conoscere li nostri Velletrani altretanto valorosi, quanto fedeli, perche Ferrando Rè di Napoli, havendo voltato le sue Armi à favore d'Hercole Duca di Ferrara, che guerreggiava contro Venetiani, spinse il Duca di Calabria Alfonso suo figliolo, ma essendogli impedito il passo da Papa Sisto Quarto, che stava in Lega con Venetiani, Alfonso voltò le Armi contro lo Stato Ecclesiastico, e fece mostra di mover l'Essercito, chera composto più di Turchi, che di Christiani, & ascendeva al numero di Tremila Fanti, e Seimila Cavalli, per assediar Roma, ma venendo Gerolamo Conte d'Imola, e di Forlì Generale di Santa Chiesa assieme con Roberto Malatesta Signore di Rimini, Capitano de' Venetiani, li fece con li nostri Capitani, e Soldati, non solamente resistenza, ma lo ruppe, & uccise gran numero de' nemici, e parte ne fece priggioni. La Battaglia si fece vicino à Velletri nel luogo detto Campo morto<ref>L'attuale Campoverde</ref>, appresso Ponte decimo, onde de' priggioni (oltre alli morti) furono condotti in Velletri Trenta tre frà Capitani, & altre persone di comando, e Trecento sessanta sei Soldati, quasi tutti furono racchiusi nella Chiesa di S. Clemente, e poi mandati in Roma. Quanto il suddetto Duca Alfonso stimasse il valore de' Velletrani, si puol'argomentare da quell'Impresa, che, come registra il {{AutoreCitato|Paolo Giovio|Giovio}}, alzò nella sua Bandiera, quale era di tre Diademe de Santi di color d'Oro, col Motto, che diceva, <small>VALIERS</small>. Con la quale voleva dar ad intendere a' suoi Soldati, che combattendo con Velletrani, Gente Volsca, assuefatta alle fatighe della Guerra, e fedeli à Chiesa Santa, non vi bastava valor ordinario; e sperimentò con il suo peggio la verità del suo giudicio. Ne vi è dubbio, che tutto ciò non s'intendesse per Velletri, perche l'intento del Duca era di far preda di questa Città; così spiegò Innocentio Ottavo Sommo Pontefice nel Breve citato di sopra con queste parole, ''Quando Dux Calabriæ Regiones vestras, et Civitatem opprimere volebat, etc''. Questa Guerra è registrata da molti, ma particolarmente dal Zappullo, dal Sansovino, e da altri gravi Autori, che non mi curo di registrare, quali se bene sono differenti in qualche cosa, sono concordanti nel luogo, e nella vittoria de' nostri.
 
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