Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVI.djvu/371: differenze tra le versioni

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{{capolettera|A}} ''Voi, Onoralissimi Signori, e Cordiali JIttììcì, dedico questa mia Commedia<ref>La presente lettera di dedica fu stampata in testa aila commedia l’anno 1763, nel t. IX. del ''Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. Goldoni'', edito a Venezia presso Franc. Pitteri.</ref>, poichè Voi stessi me ne avete somministrato l’idea, e dalla vostra amabile Compagnia ne ho tratto il principale argomento. Ricordatevi di quel lieto giorno, in cui raccolto il numero di cento e diciannove Compagni, faceste a me l’onore di compiere il cento e venti; e raunatici alla Giudecca, tutti ad una tavola, al suono di trombe e timpani si diede una solenne mangiata. Non è cosa ordinaria unire in un giorno sì vasto numero di comensali. Sarebbe facile averli, se alcuno con liberalità gli invitasse, ma pare un poco difficile trovar cento e venti che paghino la loro quota. Ci vuole un uomo alla testa, conosciuto, amato e stimato; pratico di tai partite; abile alla direzione, e armato di sofferenza cortese. Noi lo abbiamo trovato, Voi lo sapete, e ne restammo perfettamente contenti. Con quale armonia, con quale tranquillità si passò una sì bella, una sì gioconda giornata! Dicasi a gloria della nostra nazione, cento e venti persone, per li due terzi almeno della gioventù più brillante, osservare sì esattamente la più rigorosa moderazione è cosa degna di lode, e lo stesso divertimento diviene un merito, ed un buon esempio. Vero è che non vi erano Donne. Se vi fossero state di queste belle sollevatrici del nostro spirito, non so se l’armonia, se la concordia si fosse fra di noi mantenuta. Non avrei dubitato della loro prudenza, ma della nostra''.
{{capolettera|A}} ''Voi, Onoralissimi Signori, e Cordiali JIttììcì, dedico questa mia Commedia<ref>La presente lettera di dedica fu stampata in testa aila commedia l’anno 1763, nel t. IX. del ''Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. Goldoni'', edito a Venezia presso Franc. Pitteri.</ref>, poichè Voi stessi me ne avete somministrato l’idea, e dalla vostra amabile Compagnia ne ho tratto il principale argomento. Ricordatevi di quel lieto giorno, in cui raccolto il numero di cento e diciannove Compagni, faceste a me l’onore di compiere il cento e venti; e raunatici alla Giudecca, tutti ad una tavola, al suono di trombe e timpani si diede una solenne mangiata. Non è cosa ordinaria unire in un giorno sì vasto numero di comensali. Sarebbe facile averli, se alcuno con liberalità gli invitasse, ma pare un poco difficile trovar cento e venti che paghino la loro quota. Ci vuole un uomo alla testa, conosciuto, amato e stimato; pratico di tai partite; abile alla direzione, e armato di sofferenza cortese. Noi lo abbiamo trovato, Voi lo sapete, e ne restammo perfettamente contenti. Con quale armonia, con quale tranquillità si passò una sì bella, una sì gioconda giornata! Dicasi a gloria della nostra nazione, cento e venti persone, per li due terzi almeno della gioventù più brillante, osservare sì esattamente la più rigorosa moderazione è cosa degna di lode, e lo stesso divertimento diviene un merito, ed un buon esempio. Vero è che non vi erano Donne. Se vi fossero state di queste belle sollevatrici del nostro spirito, non so se l’armonia, se la concordia si fosse fra di noi mantenuta. Non avrei dubitato della loro prudenza, ma della nostra''.