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lezione preliminare. li

tostochè dell’antico modo, egli si sovvenisse del più moderno uso delle lingue di Francia1.

Nè mi sembrano da trascurarsi dall’istorico delle lingue queste tali distinzioni sebbene minute e fuggevoli, giacché per esse si può render conto istorico di talune apparenti anomalie. E per esempio lor, lour, lur furono regimi dei verbi, mentre

  1. Quest’uso trova però le sue ragioni nelle voci lui o lei, che regolarmente avrebbero dovuto designare soltanto i regimi indiretti di egli e di ella, sebbene poi in fatto, massime ne’ dialetti nostri, servissero e servano per tutti i casi, movendo allora per aferesi non dalla forma comune eille od ille ma dalla composta eillus (od eille-is) eilla (eille-ea) eillud (od eille-id). Lui e lei si trovano anche in altri romanzi dopo i verbi come forme speciali del caso attributivo, e quindi non bisognose di segnacaso, giacché il dativo comune a tutti i generi illi od illii sembra che nel volgare, per distinzione e per ricordo del genitivo illius si pronunciasse più chiusamente illui nel maschile, rimanendo illei, (da ille-ei) pel femminile. Leggiamo infatti in lingua d'oc: (Adelaide di Porcairague.)

    Vas Narbona portatz lai
    Ma chanson ab la fenida
    Lei cui jois e jovens guida.

    cioè — Verso Narbona portate là la mia Canzone, colla Licenza, a lei cui gioia e giovinezza guida

    Mas liey non cal si m pert, per qu’ieu no m duelh.

    cioè — Ma a lei non cale se mi perde, per che io non me ne dolgo.

     
    Cais qua non tanh selui chan ni trobarz
    Cai ten estreg vera religios.

    cioè — quasiché non convenga a colui canto nè trovare cui tiene istretto vera religione.

    Così presso i nostri ducentisti, e specialmente presso {{{2}}}, fu della forma vo-i, dall’antico vois (vobis) che valse senz'altro a voi; e di no-i che anche in Dante non provenne da nos, ma da nois (nobis.)

    Per grazia fa noi grazia che disvele
    A lui la bocca tua....
    Non è l’affezion mia tanto profonda
    Che basti a render voi grazia per grazia.