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Versione delle 19:23, 26 mar 2020


atto terzo 61

dov’è il rossor tuo? Inferno, ribelle inferno, se accendere tu puoi tanta passione nel cuore della vecchiezza, la virtù dovrà fondersi come cera ai fuochi della gioventù, e assolvere conviene da ogni pecca il giovine che segue l’impulso del suo ardore; poichè il ghiaccio stesso arde di tanto fuoco, e la ragione prostituisce il senso.

Reg. Oh! Amleto, cessa, per pietà. Tu rivolgi i miei occhi sulla mia anima, e in essa io discerno macchie nere e feroci che non si cancelleranno mai più.

Am. Che! Per vivere nei piaceri impuri d’un letto incestuoso, prostituita in seno alla corruzione, e prodigante i più teneri baci dell’amore sopra una bocca impudica e perversa!

Reg. Oh cessa; le tue parole penetrano il mio orecchio come altrettanti pugnali; cessa, mio Amleto!

Am. Un omicida, uno scellerato!... un vile che alla centesima parte non risponde del vostro primo consorte; simulacro di re, usurpatore di un trono, ei rubò un prezioso diadema, e sel nascose sotto il mantello.

Reg. Cessa, non più.                         (entra lo spettro)

Am. Un re da scena... Salvatemi, angeli celesti; proteggetemi sotto l’ombra delle vostre ali... che chiede la larva sotto aspetto sì mite?

Reg. Oimè, egli è insensato!

Am. Vieni tu forse per garrire tuo figlio, che, troppo lento e pietoso, neglesse l’esecuzione de’ tuoi ordini tremendi? Oh parla!

Spett. Non obbliarli; cotesta mia apparizione non la feci che per rianimare in te l’ardore quasi estinto. — Ma, mira, il terrore opprime tua madre! Oh! poniti fra lei e la commozione della sua Anima; ne’ corpi deboli l’imaginazione agisce con maggior violenza. Parlale, Amleto.

Am. Ebbene, signora, a che pensate?

Reg. Oimè, a che pensi tu, per affiggere così i tuoi sguardi sul vuoto dell’aere, e indirizzar parole a un’ombra che non esiste? La tua anima intera è passata ne’ tuoi occhi smarriti, e i tuoi capelli, commossi da sentimenti di vita, quasi altrettante ascolte risvegliate da un subito allarme, s’agitano e si fanno irti sulla tua testa. Oh! mio figlio, tempra colla pazienza l’ardore che ti consuma. Su di che fissi così i tuoi sguardi?

Am. Su di lui! su di lui! — Mirate quai fuochi pallidi e abbaglianti egli vibra! L’aspetto suo e le sventure sue basterebbero, senza anche ch’ei parlasse, per intenerire una rupe. Oh cessa di affiggere in me i tuoi lumi: quel tristo e commovente aspetto