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Versione delle 20:02, 24 mar 2020


atto terzo 53


Com. Reg. Possa il sonno più profondo render la calma a tutti i vostri sensi, e non mai sventura alcuna valga a separarci.

(esce)

Am. Come vi piace questa rappresentazione, signora?

Reg. La regina promette troppo, mi sembra.

Am. Oh! ma essa terrà la sua parola.

Re. Avete inteso il soggetto del dramma? V’è nulla che possa offendere?

Am. Nulla: e’ celiano: il veleno è simulato.

Re. Come s’intitola questa produzione?

Am. La rete dei topi, parlandone figuratamente. Questo dramma rappresenta un omicidio commesso a Vienna. Gonzago è il nome del re; Baptista quello della sua sposa. Vedrete fra poco; è un intrigo d’inferno! Ma che ne cale di ciò? Alla Maestà Vostra e a noi, puri di coscienza, tal cosa non interessa. I perversi ne rimangano commossi; noi ne sorrideremo, (entra Luciano) Questi è un nipote del re.

Of. Voi supplite al coro, signore.

Am. Potrei farla da interprete fra voi e il vostro amante se vi vedessi recitare insieme co’ burattini.

Of. Siete mordente, principe; mordente troppo.

Am. Vi costerebbe un singhiozzo profondo il voler rendere ottusa la mia lingua.

Of. Sempre peggio.

Am. Sì, di peggio in peggio: così è appunto che molte del vostro sesso scelgono gli sposi. — Animo, comincia, uccisore; desisti da’ tuoi gesti infausti; solleva la tua maschera infernale, e comincia. Vieni; il nero corvo chiede a gran gridi vendetta.

Luc. Foschi pensieri, mani pronte all’opera, succhi efficaci, ora propizia, desiderata stagione, e niuno per vederlo. Tu, nera mistura, spremuta a mezzanotte da erbe selvatiche, tre volte infette, tre volte compenetrate dai veleni di Ecate; tu, magica pozione, somministrata dalla natura; ingredienti crudeli, assiderate tosto le sorgenti della sua vita.

(versa il veleno nell’orecchio del dormiente)

Am. E’ l’avvelena nel giardino per usurpargli gli Stati. Il nome di costui è Gonzago; la storia ne è estesa, e scritta in buono italiano. Voi vedrete fra breve come l’assassino si captivi l’amore della moglie dell’ucciso.

Of. Il re s’alza.

Am. Che! E’ teme di un falso fuoco!

Reg. Che avete, signore?