La teoria di Maxwell dell'elettricità e della luce/Paragrafo 10: differenze tra le versioni

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§ 10.

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Paragrafo 9

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§ 10.


Dal riconoscere questo fatto all’ammettere che la luce è un fenomeno elettromagnetico non v’è che un passo, ma per avere il diritto di farlo bisogna prima dare delle ipotesi e delle conseguenze principali della teoria una verifica sperimentale: è ciò che è stato fatto in questi ultimi tempi, per opera specialmente di Enrico Hertz.

La più importante ipotesi della teoria è quella che consiste nell’ammettere l’esistenza delle correnti di polarizzazione dielettrica e nel supporre la loro azione elettrodinamica uguale a quella delle correnti che si producono per conduzione nei conduttori: Hertz ha provato che l’una e l’altra cosa è vera.

La teoria conduce a conchiudere che «masse d’elettricità in moto esercitano forze magnetiche» e Rowland ha mostrato che un disco elettrizzato in rapido movimento ha un’azione sull’ago magnetico.

William Thomson aveva indicato fino dal 1853 la possibilità di ottenere in conduttori di forma conveniente delle correnti sinussoidali: ma una corrente sinussoidale deve dare origine in ogni punto dello spazio ad una forza magnetica e quindi ad una forza elettrica pure sinussoidale: reciprocamente l’esistenza in un punto dello spazio d’una forza elettrica periodica produrrà in ogni circuito in presenza una corrente periodica.

L’azione del primo circuito sul secondo, giusta le idee di Maxwell, non sarà istantanea, ma si propagherà «come un raggio di luce».

Hertz ha provato che è veramente così; egli ha ottenuto dei raggi di forza elettrica polarizzati in un piano; capaci di riflettersi e rifrangersi appunto come i raggi delle vibrazioni luminose, egli ha trovato che la riflessione segue secondo la legge d’Euclide, la rifrazione secondo la legge di Des Cartes; ha misurato l’indice di rifrazione con un prisma d’asfalto: era prossimamente quello che la teoria richiedeva.

Hertz poteva conchiudere a buon diritto che egli aveva sperimentato sopra un raggio di luce di grande lunghezza d’onda ().

Blondlot ripetendo le esperienze d’Hertz ha dimostrato che la_velocità delle onde elettromagnetiche nell’aria è quella della luce», come vuole la teoria1. [p. 20 modifica]

Così il ponte che riunisce il dominio dell'elettricità a quello dell'ottica è valicato, il cammino ridiventa facile.

Le vedute di Maxwell vengono a gettare una luce inaspettata sul problema della costituzione della materia.

Un circuito suscettibile di corrente oscillante possiede un periodo di vibrazione che dipende dalla sua forma e dalla sua grandezza: dà quindi luogo ad onde di lunghezza determinata.

Sappiamo che i gas incandescenti danno uno spettro di poche linee brillanti, dunque è ragionevole ammettere che le loro molecole agiscono «come circuiti elettrici adatti alle onde luminose».

Calcolando in base a questa ipotesi le dimensioni delle molecole si trovano dei numeri dell’ordine di quelli trovati per vie affatto differenti.

L’esperienza prova che uno strato di circuiti o, come si dice, di risonatori, riflette le onde elettromagnetiche: questo fatto dà ragione del meccanismo della riflessione della luce e costituisce ad un tempo una verifica diretta del principio di Huyghens.

L’esperienza dimostra che uno strato di risonatori assorbe le onde che è capace d’emettere e ciò costituisce una prova della legge di Kirchhoff e mostra come si formino gli spettri d’assorbimento.

L’esperienza attesta che se due risonatori sono tenuti vicini la corrente oscillante è smorzata in entrambi: ma correnti smorzate, secondo le ricerche di Sarasin e de la Rive danno origine a radiazione multipla: questo spiega perchè gli spettri dei liquidi e dei solidi siano continui.

Da questo punto di vista anche l’occhio è un apparato elettrico, i tre sistemi di fibre d’Helmholtz sono tre sistemi di risonatori.

Note

  1. Blondlot ha misurato veramente la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche trasmesse da un filo conduttore, ma fu dimostrato da Sarasin e de la Rive che quella velocità è la stessa che la velocità delle onde nell’aria.
    Nelle sue prime esperienze il Blondlot calcolava il periodo di vibrazione dei risonatori con una formola di Thomson, vi era dunque ancora nella sua ricerca un presupposto teorico.
    In una nuova serie di esperienze non ancora pubblicate ma delle quali il prof. Blondlot mi ha cortesemente informato, egli ha rifatto la misura con un metodo indipendente da ogni teoria; il risultato ottenuto è soddisfacente, la media dei numeri trovati per la velocità delle onde lungo un filo di rame è

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