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56 Firenze Vecchia sigilo il re d’Etruria di mandare nel 1802 a Palermo in de- posito sotto la tutela e protezione del re Ferdinando IV, la Venere detta de’ Medici insieme ad altri preziosi oggetti delle Gallerie per salvarli dalle rapaci mire dei francesi e più spe- cialmente di quel genio artistico del Bonaparte. Responsabile e custode di tali preziosi oggetti fu il cavalier Tommaso Puccini, che si recò appositamente a Palermo. Ma Napo- leone che considerava il re Lodovico quanto il terzo pie che non aveva, non si die per vinto; e mentre faceva mille moine e carezze ad Averardo Serristori, rappresentante etrusco a Parigi, conquideva continuamente il re di Napoli insistendo per avere la famosa Venere. Il re aveva fatto sempre mille salamelecchi al cavalier Puccini, che teneva d’occhio gli og- getti della Galleria di Firenze depositati in Palermo, e gli protestava che li avrebbe fatti gelosamente custodire per essere restituiti subito che gliene sarebbe fatta richiesta. Ma un bel giorno il bravo Ferdinando IV di Napoli fece notificare al Puccini che la Venere de’ Medici per ordine del Bonaparte e col pieno consenso del re d’Etruria era già in viaggio per Parigi. Tutto questo però fu un intrigo del Bo- naparte con la complicità di Acton, che fece credere al car- dinal Pig-nattelli, regg’ente la vSicilia, che effettivcimente il governo d’Etruria era convenuto con Napoleone di cedergli la Venere. Intanto la statua partì, e «Francia applaudì, ve- dendo accrescere il Museo di Parigi colle spoglie di popoli più traditi che vinti.» Il cavalier Puccini, per la paura che anche gli altri oggetti preziosi, mercè le astuzie del Bonaparte, dovessero seguire la sorte della Venere, scrisse subito a Firenze perchè si pensasse al modo «di ritirare sollecitamente in Toscana gli altri mo- numenti con il loro Direttore (che era lui stesso), cui non molto confacevasi l’aria di Sicilia.» A buon intenditor poche parole. Era quanto dire che avere affidati gli oggetti preziosi della Galleria di Firenze al re delle due Sicilie, era lo stesso che aver fatto il lupo pecoraio!
{{Pt|sigliò|consigliò}} il re d’Etruria di mandare nel 1802 a Palermo in deposito sotto la tutela e protezione del re Ferdinando IV, la Venere detta de’ Medici insieme ad altri preziosi oggetti delle Gallerie per salvarli dalle rapaci mire dei francesi e più specialmente di quel genio artistico del Bonaparte. Responsabile e custode di tali preziosi oggetti fu il cavalier {{Wl|Q3992831|Tommaso Puccini}}, che si recò appositamente a Palermo. Ma Napoleone che considerava il re Lodovico quanto il terzo pie che non aveva, non si die per vinto; e mentre faceva mille moine e carezze ad Averardo Serristori, rappresentante etrusco a Parigi, conquideva continuamente il re di Napoli insistendo per avere la famosa Venere. Il re aveva fatto sempre mille salamelecchi al cavalier Puccini, che teneva d’occhio gli oggetti della Galleria di Firenze depositati in Palermo, e gli protestava che li avrebbe fatti gelosamente custodire per essere restituiti subito che gliene sarebbe fatta richiesta. Ma un bel giorno il bravo Ferdinando IV di Napoli fece notificare al Puccini che la Venere de’ Medici per ordine del Bonaparte e col pieno consenso del re d’Etruria era già in viaggio per Parigi. Tutto questo però fu un intrigo del Bonaparte con la complicità di Acton, che fece credere al cardinal Pignattelli, reggente la Sicilia, che effettivamente il governo d’Etruria era convenuto con Napoleone di cedergli la Venere. Intanto la statua partì, e «Francia applaudì, vedendo accrescere il Museo di Parigi colle spoglie di popoli più traditi che vinti.»
Il cavalier Puccini, per la paura che anche gli altri oggetti preziosi, mercè le astuzie del Bonaparte, dovessero seguire la sorte della Venere, scrisse subito a Firenze perchè si pensasse al modo «di ritirare sollecitamente in Toscana gli altri monumenti con il loro Direttore (che era lui stesso), cui non molto confacevasi l’aria di Sicilia.» A buon intenditor poche parole. Era quanto dire che avere affidati gli oggetti preziosi della Galleria di Firenze al re delle due Sicilie, era lo stesso che aver fatto il lupo pecoraio!